Un ritardo di 200mila domande nell’erogazione della Cassa integrazione, molte delle quali versano in uno stato patologico. Guglielmo Loy, presidente del Civ, il Consiglio di vigilanza dell’Inps, e segretario confederale della Uil fino al 2018, fa il punto sulla situazione dell’Istituto, fortemente messo a dura prova dall’emergenza covid, e da norme non sempre chiare. Ma Loy denuncia anche una cattiva gestione nel comunicare i dati. Sugli ammortizzatori sociali, Loy ritiene come debbano essere necessariamente collegati alle politiche attive. E sul reddito di cittadinanza e i navigator sottolinea come si tratti di risorse che non devono essere sprecate ma ripensate.
Loy, lei ha denunciato un ritardo di 200mila domanda nell’erogazione della Cassa integrazione. Qual è al momento la situazione?
Prima mi faccia fare una premessa.
Certamente.
Da qualche mese l’Istituto, nella sua dimensione gestionale, sta fornendo i dati in modo parziale e poco puntuale. Quando parliamo di cassa integrazione, parliamo non solo di numeri che hanno un impatto sull’opinione pubblica, ma anche sulla vita delle persone. Questa gestione non ha riflessi positivi sull’immagine dell’Istituto, al di là della polemica sterile sullo stipendio del presidente Tridico.
Tornando ai ritardi nell’erogazione della Cig, può fare luce sulla situazione?
Nel ricordare il grande lavoro fatto dagli operatori dell’istituto nei terribili mesi del lockdown sottolineo che sono oltre 200mila richiesta ancora da processare; tra queste ci sono situazioni fisiologiche, dovute ai normali tempi di lavorazione, ma anche patologiche, soprattutto in determinati settori e territori. Per sbloccare il tutto sarebbe sto utile un intervento legislativo, per evitare poi strozzature e complicazioni. In questo l’Inps deve essere più tenace con il legislatore, nel momento in cui scrivono le norme, evidenziando subito le criticità. È anche vero che, nonostante l’approvazione del Dl Agosto, l’Istituto non ha ancora provveduto, anche per i ritardi del Ministero del lavoro, a emanare la circolare, con la quale tutti i soggetti interessati sanno come richiedere la Cig. Come detto la cassa integrazione tocca la vita delle persone, e un conto è chi riceve l’anticipo dall’azienda, per cui il lavoratore ha una sorta di scudo, ma c’è chi anche la prende direttamente dall’Istituto.
Nelle ultime settimane le ha più volte parlato di un rischio sostenibilità per l’Istituto.
La crisi scatenata dal covid si è abbattuta come un terremoto. Giustamente l’Istituto si è mosso in modo solidale, mettendo mano alle proprie risorse per contribuire alla spesa gli ammortizzatori sociali, in un momento in cui i contributi sono diminuiti. Naturalmente se gli effetti delle crisi dovessero perdurare a lungo, cosa più che probabile, dovremmo iniziare a riflettere sulla sostenibilità dell’Istituto e del suo bilancio.
Si parla di una necessaria riforma degli ammortizzatori sociali. Come andrebbe impostata?
Gli ammortizzatori sono una delle leve attraverso cui si regolano le relazioni industriali. Sono finanziati da imprese e lavoratori e sono lo strumento principale attraverso cui gestire i momenti di crisi. Dunque qualsiasi riforma non può prescindere dal coinvolgimento delle parti sociali. Cosa che al momento non mi sembra di vedere, poiché il governo sembra stia seguendo una linea più teorica, affidando la revisione degli ammortizzatori a un gruppo di esperti, che sono sempre utili, ma non devono essere l’unica voce. Dobbiamo inoltre considerare il diverso sistema di retribuzione vigente in Italia. Altro elemento non secondario è il tempo. L’obiettivo è quello di arrivare a una riforma entro fine anno, quando finiranno le protezioni per aziende e lavoratori al momento attive. Ma riparametrare, in questa situazione, l’aspetto contributivo potrebbe essere una mossa non facile da fare.
Una riforma che non può prescindere dall’ancoraggio con le politiche attive.
È ovvio che non possiamo pensare unicamente a un sistema di tutele passive. Va stimolata l’inclusione attiva, attraverso un sistema efficace di presa in carico, formazione e riqualificazione. Sappiamo che in Italia l’attenzione sulla parte attiva è sempre stata marginale, e se dovesse essere così anche questa volta sarebbe l’ennesima riforma fallimentare in pochi anni. Anche in questo caso le parti sociali promuovono, attraverso il dialogo sociale e la contrattazione strumenti concreti sul terreno della formazione e della riqualificazione delle persone e di ciò sarebbe opportuno tenere conto.
Il premier Conte ha parlato di una revisione del reddito di cittadinanza, come andrebbe fatta?
Sappiamo quali sono gli aspetti, positivi e negativi, della nostra struttura economica. Pensare di inserire un’overdose di sussidi, puntando unicamente sul timore delle sanzioni, che ci sono e sono molto severe, per arginare i furbetti, serve a ben poco. Questo è uno dei grossi limiti del reddito di cittadinanza, oltre al modo in cui è stata scritta la norma. Si potrebbero, inoltre, coinvolgere le istituzioni di prossimità, come i comuni, che conoscono meglio le situazioni di disagio. Certo poi con il blocco del lockdown è venuta meno tutta quelle che doveva essere la parte attiva dello strumento.
Darebbe una seconda chance ai navigator?
Per i navigator e il reddito di cittadinanza sono state spese ingenti risorse, che non devono essere buttate via. I navigator andrebbero utilizzati in modo più razionale, sia all’interno dei centri per l’impiego che nelle agenzie private.
Le relazioni industriali che cosa possono dare al futuro del paese?
Per ricostruire il paese le parti sociali sono chiamate a un’assunzione di responsabilità molto forte, cosa che per altro hanno già dimostrato, e saranno “obbligate” a lavorare assieme, nonostante una forte dialettica. Credo che Ancor prima di pensare a come redistribuire la crescita, bisogna adoperarsi affinché essa effettivamente ci sia.
Tommaso Nutarelli