Sarebbe meglio farne a meno, fare a meno cioè di Giuseppe Conte e delle sue uscite fastidiose, dei suoi cambiamenti di opinione, soprattutto della sua smisurata ambizione a essere il leader maximo quando non è neanche minimum. Eppure bisogna tenerselo, almeno fino a quando resterà il capo dei Cinquestelle, senza i quali un’alleanza di centrosinistra non ha alcuna speranza di vincere la battaglia contro la destra. Anche se dovessero ottenere solo il 10 per cento dei voti, questi ex (?) grillini possono determinare il risultato delle future elezioni, regionali prima e politiche dopo. Ed è proprio questa la ragione per cui la leader del Pd Elly Schlein non rompe con Conte ma invece tenta in tutti i modi di riportarlo sulla giusta strada. Un lavoro faticoso, una fatica immane visto il personaggio che ha di fronte, che tuttavia è al momento l’unica possibile per tentare di battere la coalizione avversaria. Altrimenti addio sogni di gloria, a meno che il Partito democratico non riesca a fare il miracolo, ovvero farsi votare da quasi tutti gli elettori del Movimento pentastellato, metà dei quali (almeno metà) non ama il Pd, anzi lo considera una sciagura.
Ma i miracoli in politica come nella vita non avvengono mai, dunque bisogna che i “nostri campioni” dell’opposizione si diano una regolata se non vogliono regalarci Giorgia Meloni per i prossimi decenni. E il primo a doversi regolare è proprio Conte, che ormai riesce a essere sgradevole ogni volta che parla. Non riesce o non vuole mai dire una cosa chiara, e se la dice due giorni dopo la contraddice, rendendo così difficile qualsiasi rapporto con lui. Va detto, a sua parziale (parzialissima) giustificazione che il Movimento che dirige non è una bestia facile da guidare, spaccato com’è tra chi vorrebbe l’intesa con i Dem, chi al contrario considera il Pd un nemico, chi in cuor suo vorrebbe buttarsi a destra e chi sta alla finestra aspettando gli eventi. Ma il problema è che chi fa il leader ha la responsabilità di scegliere e decidere una linea chiara, a costo di scontentare e magari anche perdere una parte dei suoi. Ecco, Conte questo non lo fa, preferisce barcamenarsi giorno per giorno, ha paura di esporsi da una parte o dall’altra, ha il terrore di quel che può dire o fare Beppe Grillo, che l’altro giorno ha anche postato un fotomontaggio divertente con un barbone lunghissimo e la didascalia “aspettando le risposte di Conte”. Che poi non è che da Grillo potranno venire risposte chiare nella direzione giusta, ossia quella di un’alleanza politico-elettorale con il Pd. Anzi, l’ex comico ha un’idea autarchica del movimento da lui fondato: meglio soli. Anche se, come diceva una vecchia canzone, “soli si muore”.
Un concetto che però vale anche per il Partito democratico, che contiene pulsioni (tu chiamale, se vuoi, correnti) che spingono nella stessa direzione di Grillo: mai con i Cinquestelle. E quindi anche i vari ex renziani come l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini e il neo deputato europeo Stefano Bonaccini, ex governatore dell’Emilia Romagna, rappresentano un ostacolo per Schlein, ostacolo piuttosto complicato da saltare. La quale è stretta tra due fuochi, i grillini da una parte e i cosiddetti riformisti del suo partito dall’altra.
Lei dimostra una pazienza infinita, manco fosse Giobbe. È convinta, non a torto, che la strada giusta sia quella di un’alleanza di tutti i soggetti politici del centrosinistra (magari senza Renzi e Calenda, che tanto i voti non li hanno) e quindi aspetta con fiducia che passino le elezioni in Liguria, Emilia Romagna e Umbria per poi fare i conti con Conte (e scusate il bisticcio…). Ammesso che nel frattempo l’attuale leader pentastellato (attuale fino a quando?) sia riuscito a mettersi d’accordo con sé stesso e, quanto meno, con la maggioranza del suo Movimento. Ammesso, ma nient’affatto concesso, vista la volubilità del personaggio e il caos che regna sotto e sopra di lui. D’altra parte da un avvocato di provincia, miracolato tanto da arrivare a essere premier, non c’è molto da aspettarsi in quanto a coerenza e chiarezza di intenti. Lui in fondo ha in testa una sola idea, chiamiamola anche ossessione: essere il Capo di tutto e tutti. Ovvero riuscire a tornare a palazzo Chigi. Non ci riuscirà, ma forse riuscirà a lasciare che in quel Palazzo resti Giorgia Meloni.
Riccardo Barenghi