Annone, ammiraglio cartaginese, detto il Navigatore, nell’anno 500 avanti Cristo, con una flotta di 63 navi oltrepassò le colonne d’Ercole e veleggiò lungo la costa occidentale dell’Africa. Il suo resoconto, conosciuto come il Periplo, inciso su una tavoletta e poi appeso a imperitura gloria fenicia nel tempio di Ba’ al Ammon, è giunto fino a noi grazie ad una successiva traduzione dal punico al greco.
E così sappiamo che il terzo giorno del viaggio, dopo aver superato “correnti di fuoco”, attribuibili all’eruzione di qualche vulcano, arrivò in un’insenatura, che definì Corno del Sud. “Nello sfondo stava una bellissima isola, bagnata dalle acque di un lago, in mezzo al quale si vedeva un’altra isoletta popolata di selvaggi. Questi erano, per la maggior parte, di sesso femminile, coperti di pelo in tutto il corpo. Non ci fu possibile accostarci ai maschi che subito ci accingiamo a combattere: essi ci sfuggivano con la massima facilità e procurando di difendersi con frantumi di rocce. Dopo molti sforzi riuscimmo a catturare tre femmine, che però fu impossibile trasportare a bordo, perché mordevano e graffiavano. Volendo portarle con noi a Cartagine, fummo costretti ad ucciderle, e mandammo la loro pelle in quella città”.
Questo il primo incontro tra l’uomo e le scimmie antropomorfe. Almeno secondo l’interpretazione che il biologo Alfred Edmund Brehm e lo zoologo Karl Vogt, entrambi tedeschi, fornirono, a fine Ottocento, in “Vita e storia degli animali”, pietra miliare sul cammino della zoologia popolare. Plinio il Vecchio asserisce che quelle pelli, dopo la distruzione di Cartagine, furono trasportate a Roma trionfante e “sempre conservate nel tempio di Giunone”.
I due studiosi, la cui opera venne tradotta e divulgata in Italia da Michele Lessona, sono certi che si trattasse di scimpanzè. I nostri cugini, li chiamano, manifestando nei confronti di questa specie una grande empatia: “La gratitudine , la gioia espresse con il sorriso, la costernazione, il dolore, il terrore, la collera e l’ira si succedono rapidamente come la pioggia e il sole, e la vivacità del loro temperamento è dimostrata dalle occupazioni turbolente a cui si abbandonano, come giuochi ed esercizi ginnastici, e dal modo irrequieto con cui osservano tutto ciò che accade intorno a loro, mentre la fiducia illimitata che essi hanno per i loro guardiani e per le persone simpatiche, e l’amorevolezza con cui si trastullano coi bambini attestano la loro indole affettuosa”.
Per la verità ancor prima di Annone, i quadrumani erano conosciuti, e venerati, dai Maya, nell’antica India e in Egitto. Si narra anche che re Salomone li fece includere, insieme con oro, gemme, incenso e pavoni, nei tributi che ogni tre anni riceveva dall’Ofir, mitico paese biblico. Ma nell’immaginario collettivo questi bizzarri esseri hanno fatto irruzione grazie ai libri e ai film. Da Tarzan al Pianeta delle Scimmie, dal ruolo di dispettosi amici a quello di assoluti protagonisti.
Dolci e divertenti ma alla bisogna feroci e vendicativi. L’etologa Jane Goodall, che gli ha dedicato la vita, ricorda la guerra del Gombe, in Tanzania, che per quattro anni divise due tribù di primati. A suo parere è sbagliato definirli umani o giudicarli con i nostri parametri ma confessa che quando si immerge nei loro profondi occhi si sente arricchita. “Hanno sempre qualcosa da insegnarci”, assicura.
Ecco. Ora nei fogli della vaccinazione anti Covid, è ben specificato che ogni dose di AstraZeneca contiene parecchie “unità infettive di un vettore rappresentato da un Adenovirus di scimpanzè”. Un conto è leggerlo sui giornali o sentirlo in televisione, un altro apprenderlo in modo inequivocabile dai moduli che bisogna firmare prima che la siringa buchi il braccio. Il loro raffreddore finisce nelle nostre vene per renderci immuni.
Immaginiamo le cavie, all’interno di un laboratorio, chiuse in una gabbia, spaventate. Speriamo non sacrificate sull’altare della scienza ma solo, si far per dire, sottoposte ad un’involontaria donazione dei propri starnuti.
La pandemia, innescata da topi e pipistrelli, sconfitta dagli scimpanzè. La natura, nonostante i nostri sforzi per distruggerla, trova sempre un equilibrio.
Grazie, Cita. E perdona Annone che scuoiava le tue antenate.
Marco Cianca