Lavoro e salute. Una dicotomia, che tale non dovrebbe essere, ma che in tempo di pandemia diventa sempre più vistosa. Quale dei due ha la precedenza, ci si chiede con crescente insistenza. Una diade difficilmente sempre più conciliabile, dai contorni e i lineamenti variegati. Per l’Italia un dilemma vecchio come il mondo, chiamata, troppo spesso, a dover scegliere tra il benessere collettivo e dei lavoratori, e la difesa dell’occupazione.
Da un anno a questa parte si fronteggiano, da un lato, la fazione e dei rigoristi e, dall’altro, quella degli aperturisti. Semplificazioni di una realtà sempre più complessa, che ha messo agli angoli opposti del ring due aspetti irrinunciabili della vita di ogni persona, come salute e lavoro, che non dovrebbero essere antagonisti. Le manifestazioni davanti a Montecitorio, e in molte altre piazze d’Italia, sono il sintomo di un’insofferenza crescente. Un calderone nel quale, accanto a sciamani improvvisati, no mask e no vax, si mescolano vite appese, di chi non vede più futuro. Cresce la tensione sociale, crescono le diseguaglianze, la povertà tocca strati della popolazione prima impensabili. Eppure, davanti a tutto questo, la politica non sembra capace di scrollarsi di dosso i suoi vecchi vizi.
La fiducia posta in Mario Draghi è massima. A lui si guarda come l’ultima speranza per non uscire da questa pandemia con le ossa irrimediabilmente rotte. Eppure l’uomo del whatever it takes, il demiurgo venuto da Bruxelles deve necessariamente fare i conti e adoperare un materiale politico forse non di primissima scelta. Il desiderio e il bisogno umano alla semplificazione tocca vette nocive nella nostra classe dirigente. Se si chiudono le attività economiche, sembra che non si abbia a cuore il destino di milioni di famiglie. Se si imbocca la via delle riaperture, allora si è degli sciagurati che mettono a repentaglio la salute pubblica. Si ragiona in modo binario, con un linguaggio che distingue il vero dal falso, il bene dal male, il nemico dall’amico, ignorando totalmente le infinite variazioni e sfumature che compongono la realtà.
Ogni forza politica ripete, come un mantra o una nenia, la propria visione del mondo, infuriandosi se poi il mondo non è disposto a seguire questa visione. La complessità è un animale da abbattere, il confronto e il dialogo costruttivo dei mali da evitare. In gioco c’è molto di più di un semplice voto. L’auspicio è che questo sonno della ragione si interrompa il prima possibile, confidando che la speranza voli fuori dal vaso il prima possibile.
Tommaso Nutarelli