E’ una polemica di difficile lettura, che sta creando molta confusione e disorientamento, quella creatasi fra governo italiano e Commissione europea sul nodo del pagamento del debito pregresso delle Pubbliche Amministrazioni, centrale e locali, nei confronti delle imprese commerciali. Lo sostiene l’agenzia TmNews in approfondimento sulla polemica tra il governo e la Commissione Ue.
A prima vista, l’Italia vorrebbe pagare quanto prima i debiti per far ripartire l’economia, mentre Bruxelles frenerebbe, avvertendo che, se andrà avanti il piano annunciato ieri dal governo Monti, l’aumento programmato del deficit pubblico lo porterebbe troppo a ridosso della barra del 3% rispetto al Pil.
Con il rischio che l’Italia non riesca più a uscire dall’attuale procedura Ue per deficit eccessivo e non posa quindi usufruire dei maggiori margini di flessibilità previsti dal Patto di Stabilità, ma solo per i paesi in regola con la disciplina contabile europea.
In altre parole, per Bruxelles sarebbe eccessivo e rischioso l’aumento dal 2,4 al 2,9 per cento del deficit per il 2013, indicato dal governo ieri e finalizzato a consentire di liquidare una parte dei debiti arretrati alle Amministrazioni locali, finora paralizzate dal Patto di stabilità interno.
Ma secondo la lettura che dà la Commissione europea, sarebbe in realtà proprio il governo italiano a frenare i pagamenti alle imprese che potrebbero partire subito. Come ha spiegato oggi il commissario all’Industria, Antonio Tajani, l’Esecutivo Ue si chiede perché il governo non metta in cantiere l’esborso di tutti e 56 i miliardi di euro di debiti che sono già stati contabilizzati nel deficit pubblico e che non sposterebbero di un decimo il rapporto deficit/Pil, lasciando invece da parte, per ora, i 20 miliardi di investimenti programmati ma non ancora contabilizzati, il cui pagamento avrebbe invece un impatto diretto sul deficit.
Implicita, ma evidente, è la critica all’annuncio fatto ieri dal governo secondo cui quest’anno saranno pagati debiti con le imprese per 20 miliardi, con una spesa che comporterà un aumento dello 0,5% del rapporto deficit/Pil, dovuto evidentemente al fatto che almeno 8 dei quei 20 miliardi fanno parte degli investimenti non ancora contabilizzati nel disavanzo pubblico.
In altre parole, sembra che il governo italiano preferisca aumentare pericolosamente il deficit, rimettendo in circolo solo 20 miliardi e rischiando lo scontro con Bruxelles, piuttosto che aumentare solo il debito pubblico, lasciando il deficit invariato, con un’operazione che potrebbe sbloccare fino a 56 miliardi in due anni per l’economia reale, senza creare problemi e tensioni con Bruxelles.
La spiegazione di questo apparente paradosso, secondo fonti della Commissione, sta nel timore che avrebbe il Tesoro italiano di dover aumentare in modo cospicuo l’offerta alle aste dei Bot e Cct, per emettere i titoli di Stato necessari a pagare in breve tempo tutti i debiti delle P.A. con le imprese. Roma, insomma, sarebbe anche pronta a ‘sfidare’ Bruxelles sfruttando al massimo i margini esistenti sul deficit sotto il 3%, ma non a dare ai mercati un’occasione in più di attaccare il Paese, con un’emissione ‘eccessiva’ di titoli di Stato nel breve termine.