Roma risorgerà più bella e più superba che pria! Ettore Petrolini, nelle vesti di un ridicolo Nerone declamava, strabuzzando gli occhi, la promessa di ricostruire la città eterna alla quale lui stesso aveva dato fuoco. “ Bravo, bene!”, lo acclamava fuori scena una voce che rappresentava “l’ignobile plebaglia”. “Grazie!”, rispondeva l’attore, ripetendo la sua promessa, in un crescendo esilarante e accelerato di interruzioni con quel “bravo, bene” che finisce con l’anticipare il trionfale annuncio. “Lo vedi? –il commento rivolto dall’imperatore, con rimarcato accento romanesco, a due cortigiane –Il popolo quando s’abitua a dì che sei bravo, pure che non fai niente, sei sempre bravo”.
Era il 1930 quando il film di Alessandro Blasetti immortalò l’ineguagliabile mimica facciale del grande artista. Il personaggio di Nerone lo aveva creato nel 1917 ed è quindi errato attribuirgli una critica alla prosopopea ducesca di Benito Mussolini. Ma di certo quella satira rappresenta la più divertente ed efficace messa alla berlina di tutti i politici, non solo i dittatori, che fanno delle parole, spesso pronunciate a vanvera, lo strumento principale per irretire l’opinione pubblica e attrarre consensi.
Grande attualità, quindi. “In questi cinque mesi stiamo rivoluzionando il Paese e continueremo a farlo”, ha proclamato l’altro giorno da Bruxelles il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Rivoluzione? Dove, come? Non è dato saperlo. Ogni dichiarazione del vice premier Luigi Di Maio assume una valenza epocale. Qualsiasi cosa, anche la più banale, viene fatta “per la prima volta”. Non c’è passato che tenga, non c’è memoria, non c’è rispetto, non c’è umiltà. L’attuale leader dei Cinquestelle come re Mida: tutto ciò che tocca diventa splendente. Non è da meno, l’altro vicepremier, Matteo Salvini, che pretende di parlare sempre e solo nell’interesse degli italiani, di tutti gli italiani. Toni roboanti e minacciosi. Visioni miracolose di sicurezza e di sovranità dei sacri confini. L’Italia risorgerà più bella e più superba che pria!
Prima di noi il diluvio, gridano i dioscuri. Forse si divideranno tra non molto ma l’incendio che hanno appiccato brucerà ancora per chissà quanto tempo. Il loro avvento ha oscurato le donne e gli uomini che hanno combattuto nella Resistenza, fondata la Repubblica, scritto la Costituzione, rimosse le macerie morali e materiali del fascismo e della guerra, guidato la rinascita, favorito il boom economico, collocato il nostro Paese tra le nazioni più industrializzate, varate le grandi riforme.
Matteo Renzi è colui che li ha preceduti in questa gara tra raccontaballe. Il Paese in crescita, il benessere dietro l’angolo, gli ottanta euro, il job act. La rottamazione come metodo di governo. Gufi quelli che non ci credono. Tutto va bene, madama la marchesa.
La politica recitata da guitti le cui stentoree bugie, in una sorta di eterno presente, farebbero impallidire il povero Pinocchio. Da De Gasperi a questi qua, ha scritto Filippo Ceccarelli. Venditori di panacee per tutti i mali. E “l’ignobile plebaglia” partecipa, applaude i novelli Nerone. “Bene, bravo”. Sette più, il voto di Cochi e Renato. A prescindere, chioserebbe Totò.
Marco Cianca