Sarebbe stupido e anche inutile negarlo: Giorgia Meloni ha fatto un capolavoro politico e diplomatico riuscendo a riportare in Italia Cecilia Sala. Non sappiamo se e quali contropartite abbia (anzi, abbiamo) dovuto pagare all’Iran e agli americani per poter liberare la giornalista finita ingiustamente in un orrendo carcere di Teheran, ma non importa: quel che importa è che Cecilia sia viva e libera, il resto si vedrà nei prossimi giorni. D’altra parte, Meloni ha confermato una strategia che ha da sempre seguito il nostro Paese quando si trattava (trattare appunto, il verbo non è casuale) di liberare ostaggi nelle mani dei terroristi islamici oppure di regimi religiosi e dittatoriali. La premier italiana ha comunque fatto un miracolo, prendendo in mano la questione, precipitandosi da Donald Trump in Florida, poche ore per riuscire ad avere il suo assenso alla non estradizione negli Usa dell’ingegnere iraniano arrestato in Italia e ottenere così la liberazione e il ritorno a casa di Cecilia Sala. E così, adesso può celebrare il suo trionfo, applaudita da tutti: la destra, la sinistra, i giornali, i commentatori televisivi, l’opinione pubblica. Trionfo sancito anche durante la sua conferenza stampa annuale davanti a 160 giornalisti italiani e internazionali che si è svolta stamattina.
Il nuovo anno comincia dunque benissimo per il governo in carica, mentre le opposizioni sono costrette a restare nell’angolo, in attesa di poter riprendere un’offensiva politica che al momento non sembra a portata di mano. Tuttavia, nell’epoca in cui viviamo le cose cambiano a velocità supersonica, quindi è probabile che nel giro di poche settimane, forse anche meno, la questione Sala venga dimenticata e la politica possa ricominciare a occuparsi dei problemi strutturali che abbiamo di fronte: l’economia, i salari bassi, gli immigrati, le telecomunicazioni (cioè le pretese di Elon Musk), l’aggressività del nuovo Presidente americano che tra pochi giorni entrerà in carica, le guerre in Ucraina e in Medio oriente, il conseguente aumento delle spese militari (a scapito di altre spese vitali, per esempio quella sanitaria) e così via. Tutte questioni su cui si misurerà la battaglia tra governo e opposizione, la quale opposizione deve tuttavia essere consapevole che a questo punto della storia la premier parte in vantaggio. E ne è consapevole, bastava guardare la sua conferenza stampa di inizio d’anno per capire che il centrosinistra si trova di fronte una donna sicura di sé e della sua politica, tanto sicura da poter dire bugie o di buttare la palla in tribuna senza che nessuno glielo faccia notare. La più clamorosa è quella su Musk, considerato dalla premier un miliardario come tanti che ha diritto di dire la sua opinione su qualsiasi questione senza che queste opinioni possano essere considerate ingerenze nella politica di questo o quello Stato. Vedi per esempio il caso Starlink, ovvero la rete di telecomunicazioni che Musk vorrebbe installare anche in Italia pagando un miliardo e mezzo e di euro: “Mai parlato con Elon di questo”, ha detto Meloni: beato chi ci crede. In ogni caso, secondo lei, peggio di Musk c’è George Soros, lui sì che si è sempre intromesso nelle politiche altrui. E proprio contro la destra e lei stessa. Peccato pero però che Soros non sia mai stato uno stretto consigliere del Presidente degli Usa e tanto meno uno che abbia mai fatto parte di un qualsiasi governo. Mentre invece Musk tra pochi giorni diventerà un membro effettivo della squadra di Trump e non gli mancheranno le occasioni per continuare a sostenere i nazisti europei, tedeschi, inglesi e magari pure italiani.
Dunque, il nostro centrosinistra si troverà a dover combattere contro una possente armata, che dispone di tutti i mezzi possibili a cominciare da quelli finanziari. Però, come quelle del Signore le vie della politica sono infinite e quindi la via che dovrebbe imboccare il centrosinistra italiano sono due: la prima è quella di un patto per unirsi, un’unità che non sia di facciata ma concreta, costruita sulle questioni che non funzionano. Appunto la sanità, la scuola, il lavoro povero con i suoi salari bassi, la precarietà della vita. La seconda è la condivisione di un programma di governo da sottoporre agli elettori quando arriveranno le elezioni politiche. Non dovrebbe essere difficile, basterebbe che i partiti dell’opposizione smettessero di combattersi per questioni di mero potere. Prendiamo per esempio il Pd, che ancora si contorce su quanto debba contare il suo “centro”, ovvero i cattolici che non si sentono a loro agio e vorrebbero avere più voce in capitolo: E infatti hanno appena convocato due convegni per far vedere che ci sono anche loro.
Oppure quel che resta dei Cinquestelle, che sono in mano a un leader il cui obiettivo principale è sé stesso: pensa di potere essere il soggetto principale della coalizione senza volersi rendere conto che non solo non è adatto al ruolo ma che, oltretutto, il suo partito non otterrà più del 10-12 per cento. Gli servirebbe un bagno di umiltà, e dopo le ultime prove elettorali dovrebbe averlo capito. Ma il personaggio non sa neanche cosa voglia dire la parola umiltà.
Riccardo Barenghi