«Con l’arte non si mangia», disse il fu ministro dell’Economia Giulio Tremonti (che poi si è rimangiato la parola). «Prendete in considerazione di ottenere qualifiche in settori che vi porterebbero a guadagnare di più di quello che si potrebbe con una laurea in storia dell’arte», scivolò addirittura l’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, parlando ai giovani del Wisconsin (aspettandosi dichiaratamente una valanga di mail contestative). Qualche anno dopo, invece, in una galassia nemmeno poi così troppo lontana, la ministra della Cultura irlandese, Catherine Martin, commenta il lancio del Basic Income for the Arts, un provvedimento ideato per sostenere i lavoratori delle arti: «I partecipanti conoscono fin troppo bene la natura precaria e poco remunerata di una carriera artistica. La mia ambizione è che il reddito di base possa rimuovere tale precarietà e consentire loro di concentrarsi sulla pratica creativa».
Il provvedimento Basic Income for the Arts nasce nel 2021 sulla base della Arts and Culture Recovery Taskforce da 25milioni di euro varato dal governo irlandese nel 2020 per sostenere gli artisti dopo l’affossata del periodo pandemico ed è stato rilanciato nell’agosto del 2022 con un progetto pilota, partito nell’ottobre dello stesso anno di durata triennale, rivolto a 2.000 artisti (di cui 707 visual artists, 584 musicisti, 204 artisti che lavorano nel cinema, 184 scrittori, 173 attori e artisti che lavorano nel teatro, 32 ballerini e coreografi, 13 artisti circensi e 10 architetti). Nel provvedimento si prevede l’erogazione di assegni mensili da 1.300 euro (325 euro alla settimana) come incentivo a coltivare le proprie doti creative e non rinunciarvici in favore di mestieri più stabili e remunerativi. I partecipanti al progetto pilota no avranno nessun obbligo di rendiconto nei confronti delle istituzioni, se non quello di informare sui propri progressi nell’ambito artistico di riferimento, sulle condizioni di vita e sulle proprie finanze, prendendo parte a un programma di ricerca statistico per valutare l’impatto di questo reddito di base per il settore artistico. L’attuale bilancio della misura è di 33,8 milioni di euro, proporzionati al seppur esiguo numero di destinatari “meritevoli” (a fronte di circa 9mila persone che hanno presentato la domanda, di cui 8.206 idonee).
«Il progetto pilota Basic Income for the Arts è una forte dichiarazione sul valore che l’Irlanda attribuisce alle arti e alla pratica artistica, sia per il suo valore intrinseco che in termini di benessere personale e collettivo, e anche in termini della sua importanza per la nostra identità e distintività culturale sulla scena globale», sottolinea ancora Martin con parole che sembrano davvero così straniati in un mondo in cui i consumi culturali e gli investimenti governativi per il mondo delle arti vanno via via sempre più assottigliandosi (o che comunque restano a vantaggio di pochi privilegiati).
L’Irlanda non è un caso isolato nei progetti a sostegno delle arti: nel 2020 San Francisco ha riservato a 100 artisti locali uno stipendio mensile di 1.000 dollari, mentre nella Grande Mela la Andrew W. Mellon Foundation ha lanciato la New York City Artist Corps, un’iniziativa triennale da 125 milioni di dollari che eroga 1.000 dollari al mese a 2.400 artisti dello Stato. Tuttavia, in questi casi, si tratta di contributi una tantum. Più vicino al progetto irlandese c’è quello della Norvegia, che ha varato l’ipotesi di un reddito fisso per gli artisti, ma si rivolge solo ai meritevoli che hanno già offerto il proprio contributo alla crescita del panorama culturale nazionale.
Realisticamente, nella scala delle priorità del nostro paese l’arte e la cultura in generale non si posizionano poi così bene e nel computo complessivo delle cose possiamo provare a estrapolare le ragioni di questo piazzamento. Però, al netto degli effetti e della sostenibilità di questo tipo di progetti sul lungo termine, sembra possibile poter cominciare a considerare la cultura tout court una fonte di lavoro da incentivare e sostenere per il benessere della collettività e dell’economia. Per chiosare, un tuffo nel passato con le discutibili parole dell’ex premier Giuseppe Conte: «La cultura, non dimentichiamo neppure questo settore, abbiamo un occhio di attenzione per i nostri artisti che ci fanno tanto divertire e ci fanno tanto appassionare». E sia.
Elettra Raffaela Melucci