Quel che genera sempre più sconcerto è la mancanza nella compagine governativa di una strategia di lungo termine per limitare gli effetti dell’infezione Covid 19. Una pandemia che non si esaurirà nemmeno con l’avvento di un eventuale vaccino perché, come ricorda oggi Antony Fauci sulla rivista JAMA in un suo viewpoint dal titolo “Prevenire la diffusione di Sars CoV 2 con maschere e altri interventi a bassa tecnologia”, un vaccino per conferire alla comunità un’immunità di gregge alla popolazione deve essere assunto da un gran numero di persone e questo richiede un periodo di molti mesi per essere realizzato.
E dunque riporre le nostre attese esclusivamente su un vaccino, che in condizioni normali impiegherebbe 5 anni prima di potere essere utilizzato correntemente, è una strategia folle e destinata a fallire miseramente.
L’unica soluzione possibile è allora quella di limitare attivamente il contagio e questo può essere realizzato solo utilizzando scrupolosamente le misure di protezione individuale (maschere, distanziamento e lavaggio delle mani) e interrompendo la catena di trasmissione del virus attraverso la precoce identificazione degli infettati per isolare loro e, attraverso le procedure di contact tracing, i loro contatti
Una tale strategia, adottata con successo dai paesi asiatici (Cina, Taiwan, Vietnam e Corea del Sud) non è una semplice opzione tra le tante ma l’unica possibile se si tiene nel giusto conto le particolari modalità di trasmissione del virus Sars Cov 2, (di seguito richiamate) sensibilmente diverse da quelle degli altri virus respiratori, in primis influenza.
1) La diffusione dl virus avviene principalmente attraverso droplets respiratorie esalate da individui infetti. Queste goccioline sono di due tipi: quelle più grossolane cadono rapidamente sul terreno entro una distanza inferiore a 6 piedi (160 centimetri); quelle di dimensioni minori chiamate areosol sono presenti per lungo tempo sia a corto raggio che a distanze maggiori decrescendo in concentrazione man a mano che si allontanano dalla fonte. Questi areosol in particolari condizioni ambientali (spazi ristretti e poco ventilati) o in presenza di attività che ne potenziano l’emissione (canto o esercizio fisico) sono in grado di trasmettere l’infezione.
2) Le droplets esalate possono essere prodotte non solo con la tosse e gli starnuti ma anche con il parlare e il semplice respiro; è stato dimostrato che un soggetto che parli ad alta voce è in grado di emettere più di 1000 virioni al minuto che possono persistere a lungo in sospensione nell’aria in spazi limitati o psoco ventilati.
3) La percentuale di soggetti infetti e asintomatici è nell’ordine del 40-45% del totale e questi soggetti sono in grado di trasmettere il virus e infettare altre persone. Tale modalità di contagio è responsabile del 50% circa di tutte le infezioni.
Se dunque il contagio diffonde attraverso persone che sono ignare di essere portatrici del virus è su questo tipo di “diffusori” che bisogna intervenire anche alla luce del fatto che alcuni di essi possono essere super spreader in grado di contagiare, a loro insaputa, decine e decine di persone.
Il riconoscimento di tali infezioni asintomatiche è oggi possibile solo attraverso i tamponi sia di tipo antigenico a più bassa sensibilità ma rapidi (15 minuti circa) e sia di tipo molecolare per la ricerca del RNA virale di maggiore sensibilità ma necessitanti lunghe e costose procedure di estrazione e amplificazione tramite PCR (48- 72 ore).
Ci si aspetterebbe che un tale obiettivo fosse perseguito con il massimo impegno da parte del governo centrale e delle regioni ed invece, cosa incredibile, si assiste all’esatto contrario: lo Stato ha fatto ben poco per incrementare il numero di tamponi che secondo il professore Antonio Crisanti dovevano essere nell’ordine dei 400.000 e che oggi in piena epidemia non raggiungono nemmeno la metà e le regioni hanno addirittura proposto che il tampone venga riservato solo ai sintomatici che come abbiamo visto rappresentano poco più della metà di tutti gli infettati, lasciando gli asintomatici liberi di diffondere, ad libitum e specie ai propri familiari, nonni compresi, l’infezione. Nessuno dei soggetti istituzionali citati ha poi potenziato le strutture dedicate al tracciamento in cui sono impegnate solo 9000 persone.
Una tale politica sanitaria di limitazione dell’uso dei tamponi, già messa in atto dalla governatrice dell’Umbria Tesei è talmente assurda che necessiterebbe di una netta presa di posizione del CTS che invece tace e ha trovato come unico oppositore il Consigliere del Ministro Speranza, Prof. Ricciardi (reclutato anche lui dai ranghi del Policlinico Cattolico A. Gemelli).
In tutto questo muto è rimasto il Presidente del Consiglio e altrettanto muto è rimasto il Ministro della Sanità da cui ci si aspetterebbe una forte presa di posizione e l’emanazione di stringenti direttive alle regioni, essendo una competenza esclusiva dello Stato centrale (legge 833/1978) la gestione sanitaria delle epidemie.
Il governo dunque non sembra all’altezza di governare una situazione sempre più complessa e dagli esiti imprevedibili e, non diversamente da quello che avviene in altri paesi europei, nessuno escluso, si limita a inseguire gli avvenimenti proponendo misure tampone e probabilmente, di efficacia limitata.
Il paese reale assiste incredulo, scoraggiato e spaventato da misure restrittive che non sembrano in grado di fermare l’epidemia e che vengono vissute come inique e quel che peggio inutili. Chiudono gli esercizi commerciali, chiudono cinema e teatri, chiudono palestre e piscine ma la folla continua ad accalcarsi su metro e autobus per la mancanza di una programmazione di dettaglio. Si tengono a casa gli studenti delle superiori ma non si capisce perché la possibilità dei doppi turni, con cui molti di noi sono cresciuti, non è stata nemmeno presa in seria considerazione.
A questo si aggiunga lo stato degli ospedali in crescente difficoltà per la mancanza di personale e di posti letto per i malati COVID con la progressiva saturazione delle terapie intensive, il cui numero è fortemente inferiore agli standard previsti e finanziati con il decreto rilancio. Lo stesso dicasi per le cure primarie cronicamente sguarnite di medici e strutture e del tutto inadeguate per una gestione dei casi non complicati che vengono abbandonati al loro domicilio e trattati esclusivamente per telefono e per le quali nulla si è fatto nel concreto.
L’entropia del paese con la sua pulsione disgregatrice sta aumentando ogni giorno andando di pari passo con la riduzione dell’entalpia del governo. Il grado della coesione della compagine governativa scricchiola, l’avvocato del popolo con la pochette sempre in ordine non affascina più la giuria imbufalita dei cittadini e il ministro Speranza, sempre più evanescente, non riesce a coordinare le riottose regioni impedendo il loro pericoloso fai da tè.
Una situazione di grande incertezza che non lascia tranquilli e che lascia intravedere sempre più chiaramente il baratro sotto i nostri piedi.
Roberto Polillo