I dirigenti sindacali si sono resi conto che le norme del decreto Piantedosi potrebbero essere usate contro di loro? Ha un bel da promettere Giorgia Meloni che il suo governo non si avvarrà mai della nuova fattispecie di reato per contrastare il dissenso o l’esercizio dei diritti di libertà politici e sindacali. Quando una legge finisce in Gazzetta Ufficiale diventa materia della magistratura: delle procure che hanno l’obbligo di esercitare l’azione penale e dei giudici che emettono le sentenze. Ricordiamo per un momento il testo dell’articolo 1 in cui vi è la definizione del nuovo reato. ‘’L’ invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica’’. Bene.
Navighiamo su ‘’Collettiva’’ il sito della Cgil, dove ci imbattiamo nella seguente segnalazione: ‘’Questa mattina (mercoledì 2 novembre) la disperazione ha preso il sopravvento e alcuni lavoratori sono saliti sul tetto del Consorzio a Trebisacce (Cosenza). È l’ennesima protesta per una situazione pesantissima, che va avanti da mesi e per la quale si fatica a trovare soluzioni. I lavoratori sono costretti ad azioni eclatanti ed estreme per far parlare di loro, per attirare l’attenzione su una vertenza ormai insostenibile e che vede calpestata la dignità di chi lavora. Oggi, come un anno fa, i lavoratori del Consorzio di Trebisacce cercano di avere giustizia salendo su un tetto per gridare a gran voce le proprie ragioni’’. Nulla di nuovo sotto il sole. Eventi come questi rientrano nell’ambito del conflitto sociale e ne caratterizzano secoli di storia.
Certo, non si tratta di fenomeni fisiologici, ma di iniziative e comportamenti spesso estremi, patologici, anche di reati, che tuttavia si giustificano – se così si può dire – sul terreno di un diritto ad una legittima difesa di una comunità che si vede ingiustamente privata del suo diritto alla sopravvivenza. Non occorre essere navigati giureconsulti per rendersi conto che quelle azioni potrebbero essere perseguite ai sensi del decreto Piantedosi. Quanti altri casi di forme di lotta esasperate potremmo citare, anche senza tirare in ballo i lavoratori dipendenti e i loro sindacati? I blocchi delle autostrade, l’invasione delle stazioni ferroviarie, l’occupazione di edifici pubblici e privati (peraltro qualcuno ha già ammesso che le nuove norme serviranno anche agli sgomberi), il blocco delle merci in uscita, i picchetti ‘’duri’’, le periodiche occupazioni delle università e degli istituti scolastici, l’occupazione dei campi di calcio da parte dei tifosi della squadra che perde e quant’altro.
Sia chiaro nessuno (chi lo fosse sarebbe un irresponsabile) sostiene che il conflitto e la protesta devono necessariamente assumere toni radicali che sconfinano nella illegalità. Ma in questi casi le autorità sono attente a gestire queste situazioni tenendo conto delle circostanze e delle possibili conseguenze. Poi c’è un’altra considerazione oggettiva: i raduni arbitrari che possono determinare contesti di pericolo e di disordine non sono permessi dall’ordinamento tanto da richiedere la tipizzazione di un reato specifico. Le norme ci sono, sono state applicate e lo sarebbero ancora quando lo si ritenesse indispensabile. Per questi motivi è sbagliato – anche sul piano della tecnica legislativa – voler reprimere un reato specifico con una disposizione di carattere generale che sanziona tutte le azioni che sono riconducibili alla declaratoria del nuovo reato. Una innovazione legislativa in materie così delicate è inutile e pericolosa. Inutile perché il decreto non aggiunge nulla sul piano giuridico. Lo dimostra il fatto che non sia stato necessario avvalersi del decreto (che non era ancora in vigore) per realizzare lo sgombero dei partecipanti al rave party di Modena Nord.
Inoltre, dal suo punto di vista, il governo aveva già dato prova, sul piano politico, di quella fermezza di cui si vanta, senza fare male a nessuno. E’ una innovazione pericolosa per le ragioni che abbiamo spiegato; perché quella norma potrebbe essere utilizzata anche con altri obiettivi assai discutibili a scapito dei diritti di libertà. Il conflitto sociale non lo si gestisce tenendo gli occhi sul codice penale, ma dando prova di intelligenza politica. Quando il senatore Giovanni Agnelli, patron della Fiat, chiese a Giovanni Giolitti di fare cessare l’occupazione delle fabbriche anche con le cannonate, lo statista di Dronero gli rispose che era d’accordo e che avrebbe iniziato bombardando gli stabilimenti Fiat di Torino.
Sono poi esagerate le pene previste (da 3 a 6 anni di reclusione per il solo fatto di essere organizzatori) se le confrontiamo, con particolare attenzione ai minimi di pena, con quelle di altri reati quali l’omicidio colposo (da 6 mesi a 5 anni), le lesioni gravissime (da 3 mesi a 2 anni), la truffa aggravata (da 1 a 5 anni), il furto in abitazione e lo scippo (da 1 a 6 anni), la rapina a mano armata (da 4 a 10 anni). In conclusione il primo atto del nuovo governo costituisce un grave errore di cui non si può andare fieri. Ed è difficile vedere come se ne possa uscire attraverso emendamenti in sede di conversione e non con il ritiro sic et simpliciter del decreto Piantedosi. Le organizzazioni sindacali si attivino. Ci sono più cose tra il cielo e la terra che in tutte le loro ossessioni per le pensioni. Sia detto per inciso e fuori sacco: togliere risorse, pur con tutti i suoi difetti ed abusi, al RdC per accontentare Matteo Salvini sulle pensioni sarebbe un atto scellerato.
Giuliano Cazzola