Ad un mese esatto dal terremoto elettorale che ha segnato la dura sconfitta del partito di Renzi e Berlusconi e la vittoria “mutilata” di Salvini e e Di Maio, il quadro politico è immobile solo in apparenza.
Di Maio pur di governare rinuncia all’interdetto su Renzi e rivaluta 3 ministri PD: Martina, Minniti e Franceschini, solo un mese fa oggetto di pesanti lazzi e invettive.
Salvini non è da meno e con grande capacità tattica è disposto anche ad un passo di lato pur di portare la Lega a Palazzo Chigi. I due soggetti apparentemente immobili e arroccati nel diniego, anche se in misura diversa, sono i perdenti: Renzi e Berlusconi.
Berlusconi vorrebbe quello che attualmente non può avere: il via libera da Di Maio per una sua partecipazione al governo. Renzi rifiuta invece quello che gli viene offerto: un contratto di legislatura con i 5 stelle.
Entrambi hanno il problema, per certi versi simile, di vedere sfumare il capitale accumulato. Berlusconi, il capitale economico familiare: quello delle sue aziende che un governo ostile potrebbe mettere in difficoltà. Renzi il capitale politico –sociale personale: quello del cerchio magico con al centro il giglio di Rignano che potrebbe dissolversi in un eventuale abbraccio tra PD e 5 stelle.
In questa situazione le domande da porsi sono essenzialmente due: cosa serve effettivamente al paese e cosa serve alla sinistra per uscire dall’angolo in cui le politiche di Renzi, ma non solo di Renzi sonoramente bocciate dagli elettori, l’ hanno confinata.
Per il paese è indubbio che serve un governo. L’Italia è fragile e deve affrontare impegnative manovre finanziarie a partire dal reperimento delle risorse necessarie a neutralizzare l’aumento dell’IVA. E’ un paese sempre più soggetto all’arrivo incontrollato di migranti, specie ora che venti di guerra si addensano sul Libano, Siria ed Iran. Un eventualità che indurrebbe un esodo biblico dei popoli di quell’area geografica e in cui l’Italia sarebbe l’unica salvezza per sfuggire al genocidio. E’ infine un paese in cui i segni di ripresa sono deboli ed in cui, a fronte di un saldo leggermente positivo della disoccupazione, si registra un peggioramento di quella giovanile. Tutte condizioni che rendono necessario il varo di un governo nel pieno dei poteri.
Per la sinistra bisogna invece partire da un dato oggettivo: gli elettori non hanno bocciato solo Renzi. Il voto popolare ha segnato la propria fiducia all’insieme delle formazioni che a quella tradizione si richiamavano. Certo il PD ha subito la sconfitta più cocente, ma il risultato di Potere al Popolo è stato risibile e altrettanto inconsistente quella di Leu, che pure schierava due ex segretari generali CGIL e due ex segretari nazionali del PD.
In questo contesto, inedito e doloroso al contempo, la scelta di astenersi da qualsiasi ipotesi di partecipazione al governo sembra altrettanto irragionevole. Il PD infatti potrebbe contrattare il suo impegno in un esecutivo chiedendo che nell’accordo alla tedesca con tanto di certificazione autografa dei contraenti fossero ricompresi alcuni dei punti rimasti in sospeso nella passata legislatura, in primis lo Ius soli ma non solo.
A questo si potrebbe aggiungere: una rivalutazione del reddito di ultima istanza, atteso che il redito di cittadinanza verrà quando verrà; una legge sul conflitto di interessi che potrebbe mettere in difficoltà gli stessi 5 stelle, laddove si andasse a definire le caratteristiche e le incompatibilità che devono caratterizzare le aziende che trattano dati sensibili come la Casaleggio associati, per certi versi non dissimile da Publitalia; la collocazione del paese in Europa e una rifondazione delle politiche europee a partire dalla guerra sui dazi appena iniziata.
Per uscire dalla sconfitta non serve chiudersi nel recinto, ma mettersi al centro della discussione facendo valere le proprie idee e i propri programmi. Impresa non certo facile perché una scelta di questo tipo inevitabilmente segnerebbe un pesante ridimensionamento del ruolo di Renzi e del suo cerchio ristretto.
Le elezioni ci hanno consegnato una situazione politica in cui paradossalmente sono i vincitori ad avere bisogno degli sconfitti. Non rientrare nella partita e lasciare la mano a Salvini, (che alla fine saprà rinunciare a Berlusconi) , senza nemmeno avere provato a giocare mettendo in difficoltà i 5 stelle sul programma di governo, non è il meglio che possiamo auspicare per l’Italia.