Credo che nessuno si possa azzardare a non riconoscere la rilevanza anche quantitativa e crescente del problema “non autosufficienza”. Dopo la Legge di riforma n. 33 del 2023 arriva un primo decreto di sua attuazione, il n. 29 del 22 marzo 2024 che eroga per due anni 850 Euro aggiuntivi alla indennità di accompagnamento, che nel 2025 sarà di euro 531,76 per 12 mesi, alla condizione di avere 80 anni di età e un Isee non superiore a 6mila Euro.
Dalla Legge di bilancio per il 2025 non arriva nulla. Ciò è perfino imbarazzante in una situazione nella quale tutti ne proclamano urgenza e gravità.
Non sono un avventurista sconsiderato. So bene che i partiti politici e le stesse grandi organizzazioni sociali non hanno chiesto nulla di specifico e quindi il Governo ha avuto buon gioco nel non aprire alcuna discussione. Noi rappresentanti di questo mondo (penso alle oltre 60 organizzazioni che costituiscono il “Patto per la non autosufficienza”) potevamo perlomeno agganciarci a Ferruccio de Bortoli che l’8 settembre su Corsera la mette come segue: “La riforma ha un costo a regime tra i 5 e i 7 miliardi, impossibili da trovare subito. Ma ci si può arrivare per passi successivi.” Geniale. E’ la gradualità; sempre adottata a fronte di decisioni rilevanti. Si poteva cominciare con un miliardo nel 2025 e poi due fino a sette a conclusione del tempo concordato con l’Europa per il “rientro”. E, perlomeno, quando sono spuntati 400 milioni per la RAI non si poteva almeno provocare?: “ metteteli nella non autosufficienza tanto per cominciare.”
Ma ci può aiutare anche la fantasia. Per esempio i dipendenti pubblici pagano uno 0,35% della retribuzione per un “Fondo della Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali” (quando vanno in pensione possono decidere di proseguire pagando lo 0,15%). Da questo fondo si pescano risorse per erogare una prestazione analoga alla indennità di accompagnamento, ma più consistente. I lavoratori dell’impiego privato già pagano per i fondi sanitari nazionali e perfino aziendali. Non è plausibile chiedere a loro una tale soluzione. Ma lo 0,35% è grosso modo il valore di una giornata di ferie. Potrebbero i lavoratori rinunciare non ai soldi, ma al godimento di una giornata di ferie? E non sarebbe logico chiedere ai datori di lavoro di pagare altrettanto?
E non è ora di affrontare il tema del SERVIZIO CIVILE OBBLIGATORIO? Segnalo che la Lega, con in testa l’On. Zoffilli, ha presentato un disegno di legge che lo definisce “civile e militare”. Preceduto da due mesi di formazione non potrebbe costituire un aiuto importante alle famiglie concretizzandosi in una prestazione di mezza giornata? E non sarebbe tanto educativo per i giovani coinvolti in tale esperienza? Possiamo ragionarci sopra?
Ma parliamo della organizzazione dell’assistenza. Si tende ad ignorare che in una decina di anni si è costituito un sistema di imprese (un migliaio secondo i dati di Unioncamere) classificate con i codici ATECO 88.10 e 88.99. Molte di queste sono cooperative. Forniscono alle famiglie una assistenza del tipo “badantato”; i rapporti di lavoro sono Collaborazione Coordinata Continuativa; regolamentati da un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro esistente dal 7 aprile 2016 e rinnovato recentemente il 20 marzo 2024. E’ classificato nell’archivio Cnel alla sigla “V 152”. Ovviamente non tutte le imprese lo applicano. Una parte risolvono con cococo individuali certificati da vari enti e soggetti a ciò preposti. Altre risolvono con l’imbroglio di finte partite IVA. Il costo per le famiglie è ovviamente superiore rispetto alla badante assunta direttamente. Questo perché si paga l’Iva, i contributi sociali sono il 33% come per i lavoratori dipendenti e c’è, evidentemente, una remunerazione per il lavoro dell’impresa. Lo Stato incassa anche l’Irpef per i redditi superiori a “tax area”. Tutto ciò giustificherebbe un maggiore sostegno alle famiglie a fronte di maggiori spese e di evidente regolarità e qualità del servizio
E che del fatto che questo nostro mondo è il più interessato al fenomeno IMMIGRAZIONE spesso irregolare? I tentativi di regolarizzazione sono stati dei fiaschi colossali. La nostra idea può essere considerata improbabile, ma non scema: consegnare alle persone irregolari un “permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di lavoro domestico”. Chi riceve il permesso manifesta la sua presenza sul territorio ed è già un bel progresso. Si potrebbe avere una metà degli interessati che formalizzano un rapporto di lavoro. Il Governo potrebbe fregiarsi del merito di avere prodotto centinaia di migliaia di nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Infine PENSIONI. Diamoci atto che, con il regime contributivo vigente, colf e badanti non avranno diritto alla pensione neppure ai 67 anni e neppure con molti anni di lavoro. Non c’è più l’integrazione minimo, ma con il regime contributivo sussiste la condizione che con i tuoi contributi raggiungi il minimo (da gennaio 2025 616,67 Euro) con i tuoi almeno 20 anni di contributi. Quindi a 70 anni, non a 67, si potranno avere pensioni di 200 Euro al mese.
Mi auguro che perlomeno ci si metta a ragionare.
Aldo Amoretti
Presidente Professione in Famiglia