Se mai ancora ce ne fosse bisogno, il varo della manovra economica sottolinea ulteriormente le distanze siderali che corrono ormai da tempo tra la Cgil e la Cisl, e che diventano via via sempre piu evidenti. Ultimo caso, sulla manovra economica: mentre da Corso Italia arriva un giudizio tutto negativo, descrivendo come un film dell’orrore il testo approvato a fine anno, Via Po vi intravvede invece diversi “elementi positivi”, che il segretario generale uscente, Luigi Sbarra, attribuisce anche all’azione della Cisl nei confronti del governo.
Dice infatti Sbarra: “la legge di Bilancio è un risultato che porta con sé numerosi elementi positivi, recepiti da Governo e Parlamento nell’interlocuzione con la Cisl”. Pur nei limiti delle risorse imposti dal Patto di Stabilità europeo, osserva, “oltre due terzi degli stanziamenti sono destinati a lavoratori e pensionati”. La manovra recepisce poi diverse richieste avanzate specificamente dalla Cisl, che Sbarra elenca una per una: il taglio strutturale del cuneo fiscale per i redditi sino a 40 mila euro, l’accorpamento delle prime aliquote IRPEF per sostenere i redditi bassi, la proroga triennale della detassazione dei premi di produttività, il rafforzamento del welfare contrattuale e dei fringe benefit, lo stanziamento di 5,5 miliardi per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego 2025-2027, con ulteriori risorse accantonate per i cicli successivi.
Sbarra evidenzia inoltre “i fondi destinati al sostegno alla famiglia e alla conciliazione vita-lavoro, l’adeguamento delle pensioni all’inflazione, i 2,3 miliardi aggiuntivi per la sanità e i finanziamenti per lo sviluppo del Sud, tra cui la Zes unica con 2,2 miliardi e gli incentivi per assunzioni di giovani e donne”. Risultati anche nelle modifiche rispetto a “punti critici” iniziali: “È stato cancellato il blocco del turnover nei pubblici uffici e nella ricerca, recuperato parzialmente il taglio agli organici della scuola e ripristinato il fondo Automotive con risorse aggiuntive. Nuove risorse vanno anche a imprese e famiglie più fragili, per sostenere investimenti, occupazione e innovazione”. Infine, quello che si può considerare il vero ‘”successo” della Cisl, ovvero l’introduzione di un Fondo da 72 milioni di euro per incentivare la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla governance delle imprese, “in coerenza con la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla CISL e attualmente in discussione alla Camera”.
“Adesso – conclude Sbarra – serve aprire una nuova stagione di corresponsabilità, verso un Patto Sociale che metta insieme Governo, sindacati e imprese per rafforzare la crescita, aumentare i salari, creare buona occupazione, rilanciando formazione e competenze, un nuovo sistema di politiche attive, sicurezza nei luoghi di lavoro. Dobbiamo riformare il fisco tagliando le tasse al ceto medio, innovare le regole pensionistiche, investire di più su sanità e politiche sociali, accelerare sulla messa a terra delle risorse del PNRR. Bisogna traghettare l’Italia verso nuove relazioni industriali, fondate su una più forte democrazia economica e partecipazione”.
Sul fronte Cgil invece parole, e visione, del tutto opposte. Spiega il segretario confederale Christian Ferrari che “il Senato della Repubblica ha approvato la fiducia su una manovra di bilancio che non contiene un solo provvedimento in grado di invertire il declino economico del Paese e la crescita anemica del Pil”. Per Ferrari, durante l’iter parlamentare il provvedimento è stato addirittura peggiorato, a partire da due interventi specifici: “l’ennesimo saccheggio alle risorse per lo sviluppo e la coesione, 3,88 miliardi di euro, per finanziare il Ponte sullo Stretto. Il fondo, destinato a ridurre i divari territoriali e rilanciare il Mezzogiorno, viene ormai utilizzato da Palazzo Chigi come un bancomat cui ricorrere a piacimento. La diminuzione dell’aliquota IRES che – oltretutto – riguarderà le poche imprese non in difficoltà. Si tratta di una scelta di impatto marginale, ma comunque rivelatrice dell’approccio del Governo: mentre lavoratori dipendenti e pensionati pagheranno, a causa del drenaggio fiscale, un maggior gettito Irpef di ben 17 miliardi nell’anno in corso, alle imprese che hanno aumentato a dismisura i profitti si continuano ad abbassare le imposte”.
Secondo l’esponente Cgil, le conseguenze di una manovra che taglia “oltre 14 miliardi di euro nel triennio 2025 – 2027 ai Ministeri, all’Istruzione, alla Ricerca, a Regioni ed Enti locali, definanziando anche pesantemente il Servizio sanitario nazionale” sono “prevedibili”: “si moltiplicheranno le crisi aziendali e i livelli occupazionali – sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo – ne risentiranno in maniera significativa. Le nuove generazioni continueranno a lasciare il nostro Paese per cercare opportunità di realizzazione all’estero. Lavoratori e pensionati subiranno anche gli effetti dell’indebolimento di un welfare sempre meno pubblico e meno universalistico. Neppure in questa legislatura ci sarà alcuna modifica della Legge Monti – Fornero, che intanto sono riusciti a peggiorare”.
I soli a guadagnarci, per Ferrari, saranno: “chi sta accumulando profitti, grandi patrimoni e rendite; chi opera nel settore militare (l’unico capitolo di spesa che crescerà, da qui al 2039, di ben 35 miliardi, circa 3 miliardi in media all’anno) e gli evasori, per i quali viene escogitato ogni strumento possibile e immaginabile per consentirgli di non pagare il dovuto al fisco”. Di qui, la decisione della Cgil di “non fermarsi” e di continuare a contrastare la politica economica del Governo.
Redazione