Nana era un irriducibile. Aveva combattuto contro le giacche blu fino all’ultimo, tra le montagne, con altri valorosi capi come Geronimo e Victorio. Sconfitto e catturato, lo avevano confinato in una paludosa e malsana riserva della Florida. Ottantenne e semicieco, mentre gli apache languivano tra gli stenti, la fame, le malattie, l’inedia, raccontava questa favola ai bambini: “Quando il mondo sarà prossimo a finire, non ci saranno né acqua né pioggia. Ci saranno solo due o tre sorgenti. E per disputarsi il diritto di bere a queste sorgenti gli ultimi uomini combatteranno e moriranno. È così che finiranno gli uomini. Ma, dopo, il mondo sarà fatto da capo. Coloro che sono stati bianchi saranno indiani e noi che siamo stati indiani saremo bianchi”.
Il racconto, riletto oggi, nelle crepe dell’ incipiente siccità, assume un tono di profetica palingenesi. Enzo Scandurra, descrivendo lo spettrale Carnevale di Venezia andato in scena sulla Laguna morente, il cui livello ha raggiunto minimi storici lasciando in secca le imbarcazioni, ricorda che è in gioco “la stessa sopravvivenza della specie umana”. E chiede, sgomento, perché nessun partito metta al primo posto nei propri programmi “la salvezza della biosfera con tutto ciò che comporta”. Senza “questa utopia concreta”, conclude lo studioso, tutto il resto “è un effimero chiacchiericcio tra condomini di un palazzo che invia segnali di scricchiolio”.
Ma a lui e agli altri grilli parlanti, noi Pinocchi preferiamo tirare il martello per metterli a tacere. Profeti di sventura! La natura, affiancata dalla tecnica, troverà le giuste soluzioni. E tutto tornerà a posto, per l’eternità. Già, l’ignoranza, la superbia e il delirio di onnipotenza cavalcano assieme nel deserto dell’Antropocene.
Qualche precipitazione ci conforta. Dai, i fiumi, i laghi, i torrenti, gli invasi, si riempiranno quanto basta. “Che dice la pioggerellina di marzo, che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto, sui bruscoli secchi dell’orto, sul fico e sul moro ornati di gemmule d’oro? Passata è l’uggiosa invernata, passata, passata! Ciò canta, ciò dice; e il cuor che l’ascolta è felice”. Angelo Silvio Novaro pubblicò questa tenera filastrocca nel 1930. Era nato a Diano Marina, in provincia di Imperia.
Quali rime comporrebbe oggi assistendo alla disidratazione della sua amata Liguria? Il lago artificiale del Brugneto ha cinque milioni in meno di metri cubi rispetto allo stesso periodo di un anno fa. È in pratica già sceso ai livelli della scorsa estate e le precipitazioni dei prossimi giorni, prevede il Secolo XIX, non basteranno certo per far cessare l’ allarme.
Le altre Regioni non stanno meglio. Il Po, al ponte della Becca, in provincia di Pavia è arrivato addirittura a meno 3,3 metri rispetto allo zero idrometrico (il riferimento convenzionale di normalità). Il lago di Garda e il Maggiore hanno percentuali di riempimento del 39 per cento e quello di Como appena del 21 per cento. L’Anbi, l’associazione nazionale dei consorzi di bacino, mette in guardia: “Dati alla mano è lecito ritenere che per almeno tre milioni e mezzo di italiani, l’acqua del rubinetto non può più essere data per scontata”.
Il governo, bontà sua, annuncia un tavolo di confronto. Forse verrà nominato un commissario ad hoc. I fossi sono aridi ma pieni di proclami e del senno di poi.
Con il loro ticchettio, poco possono le pioggerelline di marzo. Per ripristinare l’equilibrio idrico, ci vorrebbero cinquanta giorni di continuo diluvio, sostengono gli esperti.
Il vecchio Nana sapeva che nemmeno le danze della pioggia servono. Perché anche Manitou nulla può di fronte all’idiozia degli uomini.
Resteranno solo due o tre sorgenti. Poi il mondo sarà fatto da capo. Coloro che sono stati indiani saranno bianchi, e noi che siamo stati bianchi saremo indiani.
Marco Cianca