Una prima occasione per confrontarsi e discutere sulle azioni da attivare sul tema del “Lavoro Digitale”. Questo è stato il perno centrale di un seminario organizzato da Asstel, con la partecipazione di giusvaloristi, parlamentari di Camera e Senato, Responsabili delle Risorse Umane e delle Relazioni istituzionali delle Aziende associate, oltre che dei vertici dell’Associazione, riunitisi per parlare dei nuovi paradigmi che trasformeranno il mondo del lavoro nella società digitale.
Il processo di digitalizzazione dell’economia è un fenomeno sempre più pervasivo, destinato a investire tutti i settori produttivi, industria, servizi e la stessa Pubblica Amministrazione. La filiera delle TLC, in quanto infrastruttura abilitante dell’economia digitale, è essa stessa investita da processi di innovazione tecnologica, con implicazioni e ripercussioni profonde sull’organizzazione, sulle modalità operative, sulle regole e sui contenuti del lavoro. Lo sviluppo delle reti a banda ultra larga 5G e in fibra e dei conseguenti servizi innovativi, prospettano alla filiera importanti opportunità di creazione di valore, attraverso l’evoluzione dei modelli di business, la digitalizzazione e riorganizzazione dei processi, la creazione di nuove competenze e professionalità. In questo scenario Asstel ritiene necessario avviare una riflessione a tutto campo sul rapporto tra sviluppo tecnologico e lavoro, auspicando che diventi un’arena per lo sviluppo di nuovi approcci al lavoro, più ricchi di contenuti, generatori di nuovo valore per le imprese e per le persone che vi lavorano. Dall’analisi dei cambiamenti dei modi di lavorare, dei processi e assetti organizzativi delle imprese degli effetti sulle persone, è necessario giungere a definire le misure per accompagnare al meglio la transizione valorizzando quanto di positivo si è già fatto, gestire le implicazioni per la sostenibilità e la progressione dell’occupazione, in una parola sull’occupabilità, aggiornando le regole che sono nate ed erano adatte in un mondo analogico. Perché se è vero che il lavoro deve sperimentare ed adottare le nuove tecnologie digitali, è anche vero che questo cambiamento deve essere accompagnato da una coerente evoluzione dell’impianto normativo che – in tema di lavoro – si fonda ancora su un modello costruito in un mondo molto diverso da quello contemporaneo. Rivedere le regole del lavoro significa innanzitutto rispondere agli interrogativi derivanti dall’impatto della trasformazione digitale, dando rilievo ai tanti aspetti che possono accompagnare positivamente il processo di cambiamento, che avanza ogni giorno a grande velocità su scala internazionale.
Ripensare al tradizionale modello del lavoro rappresenta un passaggio cruciale, a partire da temi lungamente codificati come la dimensione dell’orario di lavoro, i profili professionali e la remunerazione della prestazione, elementi che devono trovare una loro dimensione dinamica sia nell’espletamento delle prestazioni lavorative, sempre più varie e ibride, sia nella valutazione dei risultati raggiunti. Il contesto normativo legislativo e contrattuale che regola i rapporti di lavoro in Italia è ancora il risultato della tradizione imprenditoriale manifatturiera del Paese; di conseguenza gli strumenti di cui disponiamo per realizzare la trasformazione digitale risultano inadeguati. Una carenza che, con la dovuta collaborazione di tutti gli attori interessati, imprese, sindacati e istituzioni, può trasformarsi in un’opportunità da cogliere per promuovere le soluzioni necessarie, anche con il supporto di strumenti finanziari adatti a raggiungere questo scopo.
Vi sono tre ordini di interventi su cui le imprese sono chiamate fin da subito a misurarsi. Essi riguardano la necessità di:
− adottare programmi di formazione continua per aggiornare le competenze a medio lungo termine ed evitare l’obsolescenza professionale, innescando un processo di riconversione delle competenze e delle professionalità con la finalità di favorire l’occupabilità e la ri-occupabilità e supportare azioni che consentano di avviare un piano di ricambio generazionale e di active aging, non disgiunto dalla gestione del “turnover”;
− adottare programmi di formazione sulle competenze digitali, la cui disponibilità sul mercato è purtroppo scarsa anche nei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro (incluso l’indispensabile conoscenza della lingua universale della digitalizzazione, ovvero la lingua inglese); per gestire tali carenze, che in assenza di iniziative concrete è destinata a durare nel tempo, il sistema di educazione pubblico dovrebbe lanciare programmi didattici su vasta scala di “Innovazione Digitale” rivolti agli studenti dalle scuole secondarie di primo grado fino alle Università;
− promuovere e sostenere sia politiche attive del lavoro realmente efficaci per creare condizioni che migliorino il grado di occupabilità/rioccupabilità delle persone, sia ripensare il tradizionale modello degli ammortizzatori sociali, oggi prettamente “difensivi”, anche in una chiave “espansiva”. Infatti in un mercato del lavoro che sarà sempre più interessato da transizioni professionali è necessario un forte investimento in questa direzione, per gestire in maniera non traumatica e, auspicabilmente, in maniera preventiva, l’impatto della trasformazione digitale.
Queste azioni, a riguardo delle quali le imprese private investono e continueranno ad investire, necessita – per le sue dimensioni generalizzate a livello intergenerazionale – necessita anche del ruolo attivo e del finanziamento da parte delle istituzioni pubbliche, per esempio attraverso un adeguato utilizzo dei programmi di finanziamento europeo. Solo la combinazione coerente e simultanea di questi strumenti può affrontare e gestire adeguatamente le dimensioni tale cambiamento epocale, a beneficio sia della competitività delle imprese che dello sviluppo del capitale umano.
Dobbiamo essere consapevoli che la sostenibilità occupazionale passerà attraverso il miglioramento del grado di occupabilità e di ri-occupabilità delle persone quale elemento capace di accompagnare il cambiamento strutturale in corso che necessita un progressivo e prolungato processo di adattamento delle imprese, delle organizzazioni e delle persone coinvolte.
Ciò è particolarmente avvertito nella nostra Filiera delle TLC, se si considera che l’età delle persone che operano nelle imprese è in media oltre i 40 anni e che in alcune imprese l’età media è intorno ai 50 anni. Abbiamo di fronte, quindi, l’esigenza di favorire, anche con soluzioni e strumenti nuovi, il ricambio generazionale, la trasformazione professionale e l’assunzione di persone portatrici di nuove competenze digitali. Parliamo di tante attività e tanti stimoli per il settore che, chiaramente, devono procedere parallelamente per compiere il percorso verso una trasformazione digitale consapevole e ben gestita. La sfida evolutiva del lavoro rappresenta un banco di prova anche per il sistema delle relazioni industriali, assegnando un nuovo ruolo al contratto collettivo nazionale nel supportare i processi di trasformazione settoriali e aziendali verso condizioni di competitività, occupabilità e rioccupabilità, anche grazie a modelli e strumenti innovativi di Welfare.
Centrale, in questo processo, il rafforzamento della contrattazione aziendale. Solo tale livello, infatti, può rispondere alle esigenze di flessibilità connesse ai diversificati contesti organizzativi delle imprese e consentire uno scambio tra creazione di valore, nonché’ efficienza/produttività, e incremento delle retribuzioni.
I temi del lavoro che pone la trasformazione digitale sono molti e interconnessi. La qualificazione e riqualificazione professionale dei lavoratori italiani è un compito impegnativo che dovrà essere sostenuto dalla collaborazione di tutti gli enti e istituzioni che presiedono allo sviluppo del capitale umano e alla sua finanziabilità.
Questa iniziativa è stata la prima di una serie di occasioni di confronto e dibattito che Asstel intende promuovere, per approfondire e sviluppare insieme a tutti gli interlocutori coinvolti – imprese, sindacati e istituzioni – il potenziale e gli effetti della trasformazione digitale.
Laura di Raimondo