Sono tre le tipologie che infestano il lavoro edile: il lavoro nero, il lavoro sottopagato, l’applicazione di contratti non attinenti al lavoro svolto. Tre tipologie che si sono andate sommandosi nel tempo, facendo del lavoratore edile con diritti e il contratto regolare più l’eccezione che la regola. Creando una situazione che pesa drammaticamente sulle spalle, e spesso sulla vita di centinaia di migliaia di lavoratori, nonostante l’impegno inesauribile di denuncia del sindacato, le tantissime vertenze aperte e il lavoro infaticabile del personale ispettivo, ridotto ormai all’osso per numeri e risorse.
I sindacati del settore non accettano questa realtà, non si rassegnano e per questo hanno messo a punto una strategia ad hoc che riaffermi il principio che per lo stesso lavoro si deve avere lo stesso contratto, una strategia fatta di accordi sindacali e di interventi legislativi. Questo obiettivo potrebbe essere raggiunto con un accordo autoregolatorio delle parti sociali al livello confederale, ma è forte il timore che non si riesca a cogliere questo risultato un po’ per la crisi di rappresentanza delle associazioni datoriali, un po’ per l’abitudine ormai consolidata di farsi la concorrenza a colpi di riduzione dei diritti dei lavoratori. Per questo accanto alla via negoziale resta forte la prospettiva di un intervento del legislatore, fosse anche di sostegno. La nostra proposta è che in un cantiere edile, come è definito sulla base del decreto legislativo 81 del 2008, si applichi esclusivamente un unico contratto nazionale e territoriale di lavoro che presenti le seguenti caratteristiche: sottoscrizione da parte delle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, la migliore attinenza e aderenza con l’attività edile e le ulteriori attività esercitate all’interno dei cantieri edili, il riconoscimento contrattuale delle migliori condizioni salariali, di sicurezza e formazione.
Non deve più accadere quanto successo con contratti come quello del Multiservizi, nato per piccole manutenzioni e pulizie ma che nel tempo ha fagocitato di tutto, dalle manutenzioni edili ed idrauliche a quella autostradale, fino ad attività fieristiche o addirittura archeologiche. E’ così che, per fare un solo esempio, imprese storiche che facevano manutenzione edile all’Ilva di Taranto sono passate al Multiservizi, addirittura con il placet dello stesso Commissario governativo per la bonifica ambientale del siderurgico.“
Cos’altro vorrebbero i sindacati edili? Tante cose. Avviare una parificazione, tra tutti i settori produttivi, del carico contributivo relativo ai versamenti INPS; definire un unico Ccnl per tutte le imprese edili; individuare un’autorità terza del contratto applicabile come già avviene in alcuni paesi europei; reintrodurre il DURC per cantiere con una normativa apposita per l’edilizia; estendere la congruità oltre l’articolo 105 del Codice Appalti e pretenderlo per tutti i lavori che beneficiano di incentivi pubblici; introdurre la patente a punti per poter aprire un’impresa e/o come sistema premiante in caso di aggiudicazione di appalti pubblici; rendere trasparente e governabile il sub-appalto limitandolo al primo livello; valorizzare gli enti bilaterali riconosciuti dal ministero del Lavoro.
Sono tante cose, ma tutte indispensabili per riportare la legalità piena nei nostri cantieri. L’auspicio è che il nuovo governo sia in grado di dare risposte e, soprattutto, di dare il via ad una seria politica industriale per il rilancio del settore delle costruzioni, nel segno della legalità, della qualità delle imprese, del prodotto e del lavoro. Perché la “grande bellezza” italiana ha bisogno di un settore capace di affrontare le nuove sfide del terzo millennio, che si chiamano sostenibilità, rigenerazione urbana, messa in sicurezza antisismica, innovazione, ricerca e formazione.