Se e quando al potere ci sarà la nuova destra – e ormai mancano pochi giorni – con chi ce la prenderemo? Chi saranno i colpevoli di una sconfitta così epocale del centrosinistra italiano? Anzi, della democrazia tout court? Non nel senso che non saranno elezioni democratiche, e che quindi chi le vincerà non sarà totalmente legittimato a governare il Paese, purtroppo lo sarà, avrà vinto senza imbrogliare (almeno si spera), e potrà quindi esercitare tutti i poteri che la Costituzione assegna al governo fino a quando la coalizione vincitrice sarà capace di farlo restando insieme.
La colpa principale sarà nostra, nel senso di tutti quegli italiani che si professano democratici e antifascisti, ma che non hanno fatto nulla affinché questa professione di fede diventasse un fatto politico. Ovvero un’alleanza capace di presentarsi di fronte agli elettori con un’idea precisa in testa, un programma condiviso, una leadership credibile e riconosciuta, costringendo i cosiddetti dirigenti del campo progressista a mettere da parte divisioni, invidie, gelosie, personalismi meschini, veti incrociati, ridicole polemiche da mercato rionale, insomma tutto il repertorio al quale abbiamo assistito negli ultimi tempi. Non ci siamo riusciti, noi elettori di centrosinistra, e non possiamo fare altro che riconoscere il nostro storico fallimento.
Ma non abbiamo fallito da soli, tutt’altro. Complici di questa disfatta politico-elettorale, anzi strategica e ideale (se così sarà, come tutti i sondaggi ci dicono), sono stati tutti coloro che sono stati eletti o più spesso si sono autonominati leader dei partiti che avrebbero dovuto rappresentarci. Tutti, nessuno escluso. Da Enrico Letta a Giuseppe Conte, da Carlo Calenda a Matteo Renzi, da Pier Luigi Bersani a Roberto Speranza, da Nicola Fratoianni ad Angelo Bonelli, fino a Luigi Di Maio e a chi lo ha convinto alla scissione, ovviamente con responsabilità diverse: più pesanti per i più grandi, più leggere per gli altri. Ma comunque ognuno di loro si porterà sulle spalle e sulla coscienza la propria porzione di colpa. Cioè la colpa di non essere stati capaci, o di non aver voluto creare un fronte democratico in grado di competere con la destra di Meloni, Salvini e Berlusconi e forse di persino di sconfiggerli nelle urne del 25 settembre.
Attribuire la percentuale della colpa forse non è un gioco divertente, tuttavia può essere un esercizio utile per capire in che mani ci troviamo e forse ci troveremo in futuro. Giuseppe Conte ha commesso il primo errore, ovvero quello di non votare la fiducia al governo Draghi. Anche se lo stesso premier avrebbe potuto evitare di inserire nel decreto sottoposto al voto di fiducia il termovalorizzatore di Roma, sapendo che i Cinquestelle non l’avrebbero votato: sarebbe bastato un provvedimento ad hoc, senza porre la questione di fiducia, e forse – forse – il governo si sarebbe salvato. Evitando in questo modo di fornire l’alibi a Salvini e Berlusconi per votare la sfiducia e mandare così a casa il “loro” governo: d’altra parte l’odore del sangue, cioè delle elezioni, era sempre più acuto e dunque resistere non era facile. Diceva non a caso Oscar Wilde: “Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”. Ecco, Berlusconi e Salvini non hanno saputo resistere, trascinati anche da Giorgia Meloni che sola all’opposizione volava nei sondaggi (e ancora vola).
L’altro Oscar (inteso come Wilde) della nostra politica va attribuito a Letta, il quale non ha esitato un secondo per rompere quell’alleanza con Conte sulla quale aveva scommesso per molti mesi: addio allora al Campo largo. E addio pure ai sogni di gloria visto che quell’ipotesi era l’unica possibilità concreta per tentare (ripetiamo: tentare) di vincere le elezioni. Se poi ci aggiungiamo Calenda, che un giorno firma davanti alle telecamere l’intesa con il Pd e il giorno dopo rompe tutto perché non tollera che nella coalizione ci sia pure Fratoianni, ecco che la frittata è fatta. Non solo: Calenda rompe con Emma Bonino (che resta alleata con Letta) e si allea con Renzi del quale aveva detto il peggio possibile fino a poche ore prima: tenteranno di costruire un polo centrista che alla fine – scommettiamo? – farà da stampella dal centrodestra qualora servissero voti per raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi. Lascio perdere i più piccoli che non contano quasi nulla, sottolineando però il fatto che negli ultimi sondaggi il Movimento di Conte ha raggiunto il 12 per cento, superando la lega di Salvini. E dimostrando così, se ancora ce ne fosse bisogno, di quanto sia stato grave l’errore di Letta di abbandonare quell’intesa.
Comunque, ormai ci siamo, pochi giorni ancora e sapremo chi e come ci governerà nel prossimo futuro. Possiamo solo sperare che il centrodestra non riesca a raggiungere la maggioranza dei parlamentari o che si sfasci al più presto (ci tocca confidare in Berlusconi, così siamo ridotti). E contemporaneamente che in Parlamento e nel Paese (come si diceva una volta) scenda in campo una forte opposizione politica e sociale in grado di mettere alle corde il nuovo governo.
Voi ci credete?
Riccardo Barenghi