Tra il 1983 e il 2018 gli omicidi riferibili alla criminalità organizzata (solo per questa cifra specifica viene citato l’archivio Istat) sono stati 6.681. Nello stesso periodo i morti sul lavoro sono stati oltre 55.000: una strage silenziosa. Negli ultimi 10 anni la media è stata quasi di 1.200 vittime annue. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Inail, nel solo 2023 a fronte di 585.356 denunce totali 1.041 hanno riguardato infortuni mortali. E’ quanto rileva un’analisi della Uil redatta dallo studio Devitalaw dal titolo “Il lavoro che uccide, la strage impunita”.
Solo nei primi 3 mesi del 2024 sono state presentate già 145.130 denunce di infortunio (+0,38% rispetto al primo trimestre 2023) e sono stati registrati 191 decessi. Il 91,7% dei casi mortali ha riguardato uomini. Quasi la metà dei casi ha riguardato la fascia di lavoratori di 50-64 anni. Per quanto riguarda gli infortuni, nel 2023 è aumentata l’incidenza nella fascia dei lavoratori under 20 con un incremento dell’11,7%: da 73.862 a 82.493 casi.
Elevata è l’incidenza dei casi mortali che hanno riguardato stranieri (oltre il 65% degli infortuni mortali avvenuti in occasione del lavoro nel 2023), considerando ovviamente solo i lavoratori regolari. A livello nazionale e nel complesso delle attività sono aumentati rispetto al 2022 i casi di decessi in occasione del lavoro (+1,1%, da 790 a 799), rispetto a quelli in itinere. Si è registrato un aumento dei casi mortali nel settore agricoltura (+7 decessi) e conto Stato (+ 5decessi) e una lieve diminuzione nel settore industria e servizi (-3 decessi rispetto al 2022). All’interno del settore industria e servizi c’è stato un aumento dei decessi nei comparti costruzioni e commercio, una lieve diminuzione nel comparto trasporti e magazzinaggio, mentre rimane stabile il numero di infortuni mortali nel comparto attività manifatturiere. Nel 2023 i sinistri mortali sono stati maggiori nel Mezzogiorno (Sud e Isole) rispetto a Centro e Nord.
La Uil chiede che il ministero della Giustizia comunichi il numero dei procedimenti penali iscritti negli ultimi 10 anni e quelli attualmente pendenti (con distinzione per singoli uffici giudiziari) inerenti ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose aggravati dalla violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro; il numero dei procedimenti penali iscritti negli ultimi 10 anni e quelli attualmente pendenti per i reati a carico di società ed enti; il numero dei procedimenti penali iscritti negli ultimi 10 anni inerenti alle violazioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; e, per tutti questi procedimenti penali, il numero e il dettaglio per ufficio giudiziario di quelli definiti con archiviazione, con condanna, con assoluzione con altre formule di proscioglimento, con prescrizione e per improcedibilità, nonché la durata media degli stessi.
Lo studio denuncia che “pur a fronte di una mole straordinaria di dati statistici in materia di infortuni e decessi sul lavoro è incredibile dover constatare come non si disponga di dati open source che possano consentire l’analisi del fenomeno dal punto di vista giudiziario e sanzionatorio penale. Non conosciamo quanti procedimenti penali vengano iscritti ogni anno per i reati previsti dagli articoli 589, comma 2 c.p. (omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) e 590, comma 3, c.p. (lesioni colpose commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro). Tantomeno si dispone del dato relativo alla definizione dei procedimenti penali, se con condanna, assoluzione altre formule di proscioglimento, prescrizione o improcedibilità (questi ultimi i dati di maggior interesse e allarme). Non solo non si dispone dei dati aggregati, ma ancor di più di quelli su base geografica legati a singoli tribunali e corti di appello”.
Il report rileva che questa lacuna riguarda anche i più recenti analoghi reati a carico non delle singole persone fisiche, ma di società ed enti: “A oltre 15 anni (e, quindi, ad oltre 20.000 morti) dall’introduzione della specifica responsabilità amministrativo-penale per colpa organizzativa e di gestione delle società, non sono pubblicamente disponibili dati statistici e giudiziari inerenti ai relativi procedimenti penali”.
L’altro aspetto particolarmente grave evidenziato dal rapporto è il problema della prescrizione del reato per il decorso dei termini che, di fatto, spesso, determina l’impunità dell’imputato. Anche in questo caso i dati disponibili sono davvero pochi, ma incrociando durata media dei procedimenti e norme in materia, si può dedurre come ad esempio per le lesioni colpose aggravate in materia di lavoro la maggior parte dei procedimenti per fatti commessi prima del 2017 si sono prescritti o si prescriveranno prima di giungere a sentenza definitiva.
Così come è intuibile che la maggior parte dei procedimenti per fatti commessi dopo il 1 gennaio 2020 diverranno improcedibili per la mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di due anni previsto dalla riforma Cartabia (solo a Roma la durata media in secondo grado è pari a tre anni). E’ facile prevedere che anche con la prossima riforma della prescrizione e il ripristino del regime sostanziale ante 2017, la maggior parte dei procedimenti riguardanti questo reato si prescriverà.
“Questa grave indisponibilità di dati giudiziari – aggiunge l’analisi della Uil – impedisce il controllo sociale, l’orientamento delle politiche pubbliche e l’analisi da parte delle organizzazioni sindacali delle conseguenze per settori produttivi e ambiti territoriali della prevenzione, dell’accertamento e della repressione a fronte della strage silenziosa. Diventa pertanto non rinviabile l’istituzione di un organo centralizzato, sul modello di una Procura nazionale, destinatario di dati di specifico dettaglio provenienti da tutti i circondari e distretti giudiziari, relativi ai reati in materia di sicurezza sul lavoro che renda immediatamente disponibili questi dati, che operi analisi e coordinamento per le relative attività di indagine e che garantisca la trasversalità delle informazioni, coordinando l’attività degli enti amministrativi, delle forze dell’ordine e delle autorità giudiziarie, affinché ci sia una risposta certa e concreta, non solo dal punto di vista della prevenzione e dell’accertamento ma, soprattutto della repressione. Allo stesso tempo – conclude – è indifferibile l’introduzione delle fattispecie di omicidio e lesioni sul luogo di lavoro, come veri e propri reati autonomi (e non semplici ipotesi aggravate), sulla scorta di quanto già accaduto, ad esempio, in materia di omicidio stradale”.
E.G.