Generoso come sempre il Governatore della Banca d’Italia ha saputo guardare lontano e inviare un messaggio di speranza e di fiducia al paese. Possiamo farcela, ha detto con grande realismo. Possiamo uscire dalla crisi più forti. Ma, ha aggiunto, dobbiamo volerlo. E questo è il vero problema della nostra Italia, sempre in bilico tra potenzialità elevate e il duro riscontro con realtà asfittiche. Stavolta però la posta in gioco è più alta, perché sono più forti i rischi che corriamo. La crisi della prima metà del decennio aveva già minato profondamente l’economia e la produzione e la crisi attuale è arrivata quando stavamo appena rialzando la testa. Il timore è che la ripresa che inevitabilmente arriverà l’anno prossimo non sia sufficiente a farci recuperare il gap nei confronti del resto dei paesi altamente industrializzati d’Europa e noi si sia declassati per sempre.
Non è impossibile, le premesse sembrano esserci tutte. Spetta a noi credere nella possibilità di ripresa del nostro sistema produttivo e non lasciarci andare. C’è un nucleo forte, 5.000 aziende, ha detto Mario Draghi, che è pronto a ripartire, ma c’è un altro gruppo di aziende, 6.000, sempre nella sua analisi, che invece sono in difficoltà. Le prime sono quelle che hanno investito a suo tempo, le seconde quelle che non l’hanno fatto, alcune perché non potevano, altre perché non ci hanno creduto.
Adesso bisogna crederci, e questo significa una cosa sola, impegnarsi nelle riforme. Draghi non si è soffermato a dire se finora il governo ha fatto bene o male, ha detto genericamente che ha fatto, ma che tanto ancora è da fare. Ma ha detto e ripetuto che deve essere ripresa la strada di quelle riforme strutturali. Lo stesso stimolo che il governo ha ricevuto la settimana scorsa da Emma Marcegaglia. Riforme che consentano al sistema produttivo di recuperare quel margine di competitività che ha perso negli anni e senza il cui recupero è impensabile che la ricchezza torni a crescere. Sapendo che non c’è alternativa, perché, su questo il Governatore è stato chiaro, se ci si adagia in una realtà di bassa crescita la deriva negativa ci porterà lontano e saranno dolori per tutti.
Le cose da fare non sono impossibili, in altri momenti abbiamo forzato su quelle linee, cercando di accrescere la produttività dell’apparato produttivo, di aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione, di procedere nella semplificazione e nelle liberalizzazioni, di ridurre la spesa. Ma poi tutto si è sempre ripiegato su se stesso, le corporazioni si sono rifatte vive, gli oppositori, spinti dal desiderio di mantenere i loro piccoli e grandi privilegi, hanno giocato al contrario, soprattutto le paure hanno ripreso a giocare forte e hanno attutito qualsiasi spinta. Adesso però, dice Mario Draghi, la misura è colma. Lo staranno a sentire i politici? Difficile rispondere. Nessuno penserebbe di no, ma abbiamo visto di tutto e nessuno si meraviglierebbe del contrario.
Il mondo del lavoro la sua parte l’ha fatta e la sta facendo, innovando le proprie strutture, cercando di praticare strade virtuose che, attraverso un lavoro paziente di relazioni industriali attente, possano portare avanti il paese. Adesso attende la politica, anche perché le previsioni del Governatore sulla disoccupazione fanno tremare i polsi a chi quel capitale umano rappresenta come a chi sa che quello stesso capitale umano rappresenta la vera forza delle imprese.
Massimo Mascini
29 maggio 2008