La questione salariale è una questione innanzi tutto politica, e per questo sarà uno dei cardini dello sciopero generale del 29 prossimo. Sciopero contro la manovra, ma anche perché il governo sta “programmando una riduzione strutturale delle retribuzioni pubbliche”, lanciando indirettamente un segnale alle imprese private: se il governo rinnova i contratti al ribasso, infatti, perché mai le imprese dovrebbero fare diversamente? Intanto, solo negli ultimi tre anni, la perdita netta è pari a 5 mila euro in meno in busta paga all’anno, con un effetto trascinamento che arriverà a segnare meno 15 mila alla fine del decennio in corso.
È un Landini a tutto campo quello che risponde alle domande nella conferenza stampa convocata per fare il punto sui salari, cosi come emergono dallo studio, sconfortante, della Fondazione Di Vittorio. Ma le polemiche, o meglio gli scontri, col governo si prendono la scena e ce n’è per tutti: governo, Confindustria, media, eccetera. Alle accuse di Salvini di praticare lo sciopero selvaggio, per dire, Landini replica: ‘’non so cosa intenda con selvaggio: forse è autobiografico’’. E al ministro della sanità che minimizza l’adesione allo sciopero dei medici: “trovo stupido che si faccia questione sulle adesioni allo sciopero. Stupido e irresponsabile: la sanità è al collasso, medici e infermieri si fanno il mazzo, chi sciopera rinuncia a una giornata di lavoro. Ci vuole rispetto, mentre nelle dichiarazioni di ministri ed esponenti del governo leggo una mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini e dei lavoratori”.
Rispetto lo vuole anche la Cgil, e il segretario lascia intendere di essere pronto a querelare giornali e tv e media in genere: “Vedo crescere un tentativo di delegittimazione insopportabile e inaccettabile nei confronti del sindacato e della Cgil in particolare, che si sta allargando troppo anche sul piano della diffamazione. Siamo intenzionati ad agire contro chiunque sotto ogni punto di vista”. In particolare, sottolinea, nei confronti dei media pubblici, “perché il servizio pubblico non può permettersi di raccontare bugie’’. E ancora, respinge le accuse di voler imporre ai pellegrini del Giubileo una sorta di ‘’penitenza Landini’’ (non avendo la sua organizzazione firmato il protocollo sulle franchigie straordinarie degli scioperi in occasione dell’Anno Santo): ‘’padre, perdona loro, perché non sanno cosa stanno dicendo e facendo”, ironizza il segretario, spiegando che si sta facendo ‘’un casino sul nulla: il problema noi ce lo siamo posti prima della legge, dunque ci autoregoleremo e non faremo sciopero”.
E poi c’è la questione dei salari, “punto fondamentale” dello sciopero del 29 novembre contro la manovra, che porta con sé quella dei contratti, del loro rinnovo e della loro moltiplicazione: dai 150 del 1993 oggi siamo a quasi mille. Questo, spiega Landini, perché non è mai stato affrontato il tema della rappresentanza, come chiedeva il testo unico firmato nel 2014 assieme alla Confindustria e mai realizzato. “La moltiplicazione dei contratti – spiega- va risolta con una legge sulla rappresentanza che riguardi sia le organizzazioni sindacali che le imprese, per poi dare validità erga omnes ai contratti stessi”, ma va anche impugnata l’accetta per ridurne il numero, unificando dove possibile.
Cosi come non completamente si è realizzato quanto previsto dal Patto della fabbrica del 2018, a oggi l’unico testo di riferimento in vigore per le relazioni industriali. Patto che Landini afferma di voler mantenere in vita, e anzi applicare in tutte le sue parti, anche per quanto concerne l’Ipca, ovvero il parametro di riferimento per definire gli aumenti salariali, che secondo la Cgil deve poter essere superato: “c’e’ la necessità per tutti, anche per le imprese, di avere aumenti che assumano il problema della difesa e dell’aumento del potere di acquisto dei salari”, chiosa Landini.
Stesso tema per quanto riguarda i contratti pubblici: “Facciamo un referendum certificato e vediamo se i dipendenti pubblici sono d’accordo con un aumento solo del 6% imposto dal governo nel recente contratto, contro il 17% dell’inflazione. Noi non lo abbiamo firmato, ma se i lavoratori diranno che a loro sta bene, siamo pronti a sottoscrivere quel contratto anche noi’’.
Argomenti, questi si, davvero cruciali (ben più dei botta e risposta col governo), ma dei quali il sindacato deve tuttavia necessariamente parlare con le controparti, quelle firmatarie del Patto della fabbrica, a partire da Confindustria. In estate c’era stato su questi temi un primo approccio in col nuovo presidente Emanuele Orsini, si era parlato di convocazioni e incontri in settembre, poi però più nulla. ‘’ Quel caffe che abbiamo preso in luglio con il presidente di Confindustria -conferma Landini -forse era un po’ troppo lungo…. C’era un accordo a rivedersi, ma non sono arrivate richieste di incontro. Dopo lo sciopero generale, se non ci saranno nel frattempo novità, pensiamo di muoverci noi, chiedendo di vederci non solo con Confindustria, ma con l’insieme delle associazioni datoriali”. E, si potrebbe aggiungere, anche con l’insieme delle associazioni sindacali: ma con Cgil e Uil da un lato e Cisl dall’altro, che quasi non si rivolgono più nemmeno la parola, è tutto da capire come si potrà arrivare a un tavolo comune.
Nunzia Penelope