“La Crhysler e’ stata pagata con l’intelligenza italiana. E’ stato questo lo scambio richiesto da Obama alla Fiat: il meglio delle sue competenze e della sua tecnologia trasferite negli Usa, in cambio del via libera all’operazione”. E quando si parla di fuga dei cervelli, o di “esportazione di capitali’’, anche di questo capitale umano e tecnologico, forse, occorrerebbe parlare. “Per questo, oggi, il governo italiano, e per Governo si intende Palazzo Chigi, non puo’ restare spettatore: deve scendere in campo, convocare un tavolo, chiedere alla Fiat che cosa intende fare, cosa, dove’’. Maurizio Landini, nel day after del colpaccio di Marchionne con la casa americana, e alla viglia del primo incontro con il Lingotto dopo tre anni di esilio: voluto dallo stesso Marchionne, a cui ha posto fine solo una sentenza della Corte costituzionale. ‘’Ci avevano detto che la Fiom sarebbe implosa, che saremmo scomparsi dalla scena. Ma hanno sbagliato i conti: siamo ancora qui, e domani incontreremo la Fiat’’, commenta il leader Fiom. Nell’occasione, forte del mandato di circa 18mila operai che hanno votato il documento della Fiom, Landini chiedera’ all’azienda di avviare “un unico tavolo di trattativa” (al momento, c’e’ un tavolo Fiom e un tavolo, separato, con gli altri sindacati) . E se la Fiat non ci stara’? “Noi non escludiamo nulla, sia in termini di iniziativa sindacale classica, sia dal punto di vista giudiziario”. In altre parole: la Fiom potrebbe avviare un procedimento per comportamento antisindacale sia nei riguardi degli altri sindacati, che hanno firmato un accordo separato andando contro la sentenza della Consulta, che della Fiat. Ma l’obiettivo prioritario, avverte Landini, è quello di “ristabilire le normali relazioni sindacali”. Che passano, appunto, per la riunificazione dei tavoli di trattativa in un unico tavolo.
Nel merito dell’operazione Chrysler, Landini non si sbilancia: ‘’Non e’ questione di essere contenti o meno, ma di essere realisti’’. La Fiat ha messo a segno ‘’una ‘’brillantissima operazione finanziaria’’, certo; ed e’ un bel risultato anche quello portato a casa dai colleghi sindacalisti americani, che ‘’non hanno mai voluto essere azionisti, e che quel pacchetto di azioni erano pronti a rivenderlo appena fosse stato possibile: chiedevano 5 miliardi di dollari, gliene avevano offerti solo 2, ma sono riusciti ad arrivare a 4,3: quindi hanno fatto un’ottima trattativa, bravi”.
Ma per l’Italia cambia poco: “investimenti non se ne vedono, non se ne conoscono entita’ e destinazioni. La sola cosa certa e’ che sui 4 milioni di auto che la Fiat produce nel mondo, solo il 10 per cento, cioe’ 400 mila, sono fatte qui. E per tenere aperte tutte le fabbriche e garantire tutti i posti di lavoro ne occorrerebbero almeno il doppio’’.
La Fiat e il suo destino, pero’ sono solo un pezzo del quadro piu’ complesso che riguarda il declino dell’Italia, un paese dove ‘’cala l’occupazione, calano gli stipendi, la sola cosa che non cala mai sono i dividendi della famiglia Agnelli’’. Per Landini occorre un progetto di politica industriale, di cui e’ il governo che dovrebbe farsi carico, salvaguardando le imprese strategiche dal rischio di finire preda di concorrenti esteri. ‘’Che senso ha fare il cuneo fiscale per qualche euro in piu’, sarebbe molto piu’ sensato fare un provvedimento ad hoc dedicato a chi investe qui i suoi soldi, a chi mantiene qui le produzioni, a chi fa innovazione’’. Altrimenti, ‘’corriamo il rischio tra un po’ di raccogliere solo le macerie, e accorgerci troppo tardi che l’Italia e’ diventata la piccola provincia di qualche altro luogo’’. I precedenti governi, ricorda Landini, queste cose non le hanno fatte, ne’ con la Fiat ne’ con altri. Il Governo Letta si dara’ una mossa, o come i suoi predecessori fara’ finta di non sentire? “ Tutti oggi parlano di piani del lavoro, in italiano o in inglese che siano; e quindi, in questo contesto, assistere passivamente al fatto che la Fiat non fa investimenti o li fa altrove, o che la Telecom diventi spagnola, o l’elettrodomestico delocalizzi le produzioni, o che salti l’industria informatica be’, non avrebbe senso, no?”. E insomma, traducendo: il segretario della Fiom, forte della sua nuova intesa col segretario Pd Matteo Renzi, primo azionista dell’esecutivo, fara’ in modo che il messaggio, stavolta, arrivi.
Ma a proposito di Job Act, anche Landini detta una sua ricetta per il lavoro. Innanzi tutto, una legge sulla rappresentanza, che impedisca altri casi come quello dell’estromissione Fiom dai tavoli di confronto. Inoltre, via libera alla partecipazione dei lavoratori nelle scelte aziendali, ma seguendo il modello tedesco dei consigli di sorveglianza, ed escludendo i lavoratori-azionisti: “rischierebbero di perderci due volte’’. E poi: “occorre rilanciare la riduzione d’orario, prendendo spunto dai contratti di solidarieta’’: come ai vecchi tempi dell’Ulivo, di Bertinotti e delle 35 ore. Infine: ‘’ma se davvero vogliamo aumentare rapidamente i posti di lavoro, la soluzione e’ semplice: occorre modificare la riforma previdenziale, riportando in basso l’eta’. Lo dicono i dati statistici, che parlano di 300 mila persone che il mese scorso avrebbero dovuto andare in pensione ma non sono andate per la riforma Fornero, e guarda caso nello stesso momento e’ aumentato della stessa cifra il numero dei disoccupati’’. Lavorare meno, lavorare tutti, dunque: si tratti di ridurre le ore o gli anni di lavoro, questa e’ la strada. Secondo Landini, pero’. Secondo Renzi, chissa’.
Nunzia Penelope