Se sbaglio qualcuno mi correggerà, ma osservando, ogni mese, le indagini rapide sulla produzione industriale del Centro Studi della Confindustria mi sono convinto che il sistema produttivo sia in grado di esprimere una significativa vitalità nonostante i vincoli e le restrizioni imposte per mitigare gli effetti della pandemia. Diversamente da quanto fu disposto nel primo lockdown, il comparto industriale è stato risparmiato dalle chiusure anche nelle zone rosse. I Protocolli hanno funzionato, dimostrando che non è impossibile contrastare il diffondersi dei contagi senza impedire di lavorare a centinaia di migliaia di aziende, da mesi sempre le stesse. Nelle aziende a cui non sono state imposte chiusure totali o parziali gli effetti dei Protocolli di sicurezza sono in linea di massima misurabili con i dati sugli infortuni essendo la il contagio del virus “in occasione di lavoro” (e quindi anche in itinere) considerato infortunio sul lavoro e come tale denunciato all’Inail.
Il monitoraggio effettuato alla data del 31 gennaio 2021 segnalava, nel complesso, 147.875 denunce di infortunio da covid-19. Quanti ai decessi, ben 499 denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale da Covid-19 sono pervenute all’Inail dall’inizio dell’epidemia, circa un terzo del totale decessi denunciati da gennaio 2020 a febbraio 2021 e una incidenza dello 0,5% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’ISS alla stessa data. Abituati come siamo alla logica perversa dei numeri non possiamo esimerci dal notare che queste cifre e percentuali hanno come base di riferimento milioni di persone che ogni mattina varcano gli ingressi delle aziende e continuano a lavorare secondo procedure e strumenti che dimostrano una relativa efficacia. Tutto ciò premesso, riprendiamo il filo dell’indagine del CSC. I trend peggiorano, ma il sistema sembra reggere. Si interrompe in marzo la crescita dell’attività nell’industria italiana (-0,1%, dopo +0,6% in febbraio e +1,0% in gennaio), ma nel primo trimestre del 2021 si stima un incremento dell’1,0% rispetto al quarto 2020. Tuttavia, “nonostante l’aumento delle restrizioni in Italia l’industria conferma dunque una buona tenuta, in questa fase sostenuta maggiormente dall’accelerazione della domanda estera.
La domanda interna, meno dinamica a causa delle limitazioni negli spostamenti e nello svolgimento di alcune attività, incide sul comparto terziario che nel primo trimestre zavorra la dinamica del PIL, attesa in marginale arretramento. Le indagini qualitative (ISTAT e PMI manifatturiero) confermano un cauto ottimismo sull’evoluzione della domanda nei prossimi mesi, in linea con le rassicurazioni del Governo sulla rapida ed efficiente evoluzione della campagna vaccinale”. Lo stringency index, che misura in un range da 0 a 100 le limitazioni introdotte per frenare la diffusione del virus, è salito – prosegue la nota – a marzo a 84,3, poco sotto i livelli di un anno prima. La buona performance dell’industria – peraltro – contribuisce positivamente al PIL nel primo trimestre; tuttavia, a causa della dinamica negativa dei servizi – specie quelli legati alla filiera turistica (ancora in forte difficoltà) – la variazione del PIL è attesa lievemente negativa rispetto a fine 2020. Le indagini qualitative hanno mostrato un ulteriore miglioramento delle valutazioni degli imprenditori sulla situazione attuale e un moderato ottimismo sulle prospettive della domanda nei prossimi mesi.
La fiducia delle imprese manifatturiere è salita di 1,7 punti rispetto a febbraio (a 101,2 , massimo da luglio 2019), al di sopra dei livelli di inizio 2020. L’aumento dell’indice è spiegato da più favorevoli giudizi e attese sulla produzione e sugli ordini; sono, inoltre, migliorate anche le valutazioni sull’andamento corrente e atteso dell’export, sebbene siano stati segnalati due fattori che tendono ad ostacolarlo: l’aumento dei costi delle materie prime (saldo a 13,5 da 8,2 nel trimestre precedente) e l’allungamento dei tempi di consegna (saldo a 9,4 da 4,7) a causa di ritardi lungo la filiera. Sono aumentate le pressioni sui costi, sia per i prezzi più elevati delle materie prime sia per i ritardi nella catena della fornitura, con i tempi medi di consegna che si sono allungati al livello maggiore dal picco di aprile 2020.
Il contesto dell’industria appare in significativo miglioramento anche nel resto d’Europa (con Germania e Paesi Bassi in testa) e ciò fa ben sperare per la domanda estera nei prossimi mesi. Tuttavia, a fronte di indicazioni favorevoli sulla dinamica dell’industria, bisogna essere consapevoli – sottolinea il CSC – che un’ampia fetta dell’economia italiana – quella dei servizi, che copre circa i tre quarti del valore aggiunto nazionale – risulta ancora in forte sofferenza e potrà ripartire pienamente solo quando la curva dei contagi tornerà a calare e le restrizioni verranno gradualmente rimosse. Sotto questo profilo è, dunque, cruciale che la campagna vaccinale proceda in maniera rapida ed efficiente, come garantito dal Governo; se per qualche ragione ciò non dovesse accadere il rischio è che l’attesa ripresa tardi ancora ad avviarsi. Queste sono le indicazioni che concludono l’indagine rapida. Ci permettiamo di aggiungere che le cose potrebbero migliorare se non si sprecassero risorse ed opportunità in piani cangianti di restrizioni, la cui efficacia – a stare ai dati – sembrerebbe discutibile. Su questo terreno c’è per ora ben poca discontinuità col precedente governo.
Giuliano Cazzola