Il contratto di lavoro deve essere meno collettivo e più tarato su misura dei singoli; serve un rapporto diretto tra datori e dipendenti come ultimo passaggio delle trasformazioni d’impresa; il prossimo Ccnl dovrà mantenere tutele minime, affidando alla contrattazione aziendale i capitoli di produttività, efficienza, redditività. E’ una nuova visione delle relazioni industriali quella che il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, Federica Guidi, ha illustrato venerdì al convegno nazionale. Lo ha fatto proprio alla vigilia del confronto imprese-sindacati sulla riforma dei contratti, che parte domani a Roma, specificando: “Non è una ricetta, solo una proposta culturale”. Nel mercato del lavoro ci sono “troppe leggi e rigidità”, per questo bisogna cambiare e ispirarsi alla “flexicurity”, non puntare sul tempo indeterminato ma su livelli di reddito e formazione adeguati. Va superata l’impostazione attuale, che ha “effetti deleteri” per gli stessi lavoratori perché non valorizza il talento individuale, e il contratto nazionale deve limitarsi al ruolo di garanzia. Guidi frena sul nodo della partecipazione: “Non significa condividere responsabilità di gestione – ha spiegato – ovvero diventare azionista in forma intermediata dai sindacati”. Anche le aziende sono chiamate a dialogare per la riforma, senza eccezioni: nessuno deve temere il cambiamento né i possibili conflitti con i sindacati. Un quadro appoggiato pienamente dal leader delle imprese, Emma Marcegaglia, che ha già espresso indicazioni sulla direzione del confronto: i nuovi assetti devono avere regole chiare e precise, con sanzioni per chi viola gli accordi, definire attentamente i confini tra livello nazionale e territoriale, ma soprattutto “scambiare salari e produttività” attraverso le trattative aziendali.
Ai sindacati, però, non è piaciuto il principio del contratto su misura: Cgil, Cisl e Uil lo respingono in modo unitario, parlano di paradosso non particolarmente moderno e invitano a evitare il paternalismo aziendale. “Se l’idea è quella di una deregulation totale – avverte il segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini – ciò potrebbe rendere il tavolo addirittura superfluo”. Tutte ipotesi a vantaggio delle imprese, dunque, che chiedono contratti individuali e rifiutano di discutere la partecipazione agli utili.
Ma questa linea ha già trovato l’appoggio del Governo, nella persona di Maurizio Sacconi. Il ministro del Lavoro ha annunciato “una poderosa deregolazione” contro la bassa crescita elencando le prossime mosse: abrogare la norma sulle dimissioni in bianco, rivedere le sanzioni del Testo Unico, incentivare l’utilizzo di contratti a termine e part-time. “Non sarà un’operazione certosina – ha specificato – ma un’operazione pesante e chirurgica”. In disaccordo totale la Cgil, forti critiche arrivano da tutte le altre sigle; il timore è che un rapporto più stretto con i datori ricada proprio sui lavoratori dipendenti. Lo spiega con un esempio il segretario confederale della Uil, Paolo Pirani: “Il potere contrattuale dell’amministratore delegato di Fiat non è lo stesso di un lavoratore alla catena di montaggio”.
9 giugno 2008
Emanuele Di Nicola