Massimo Mascini
Orrore e sdegno per la morte di Marco Biagi. Un uomo mite, un uomo onesto. Tenace, come voleva la sua intelligenza, ma alieno da qualsiasi violenza, di qualsiasi tipo. Purtroppo, gli anni terribili del terrorismo non sono ancora finiti, purtroppo abbiamo dovuto pagare con un altro amico caro, dopo Ezio Tarantelli, dopo Massimo D’Antona, questo prezzo terribile per poter continuare a portare avanti la bandiera del riformismo. Sembra un destino, ma tutti i giuslavoristi che hanno tentato più degli altri di innovare, di modificare la legislazione del lavoro, le regole stabilite per adattarle alla società che mutava, sempre loro hanno poi dato la vita. Gino Giugni, nostro direttore, non ha perso la vita nell’attentato che portarono alla sua persona solo perché fu creduto morto da quelli che dovevano essere i suoi carnefici.
In tutti questi casi la matrice terrorista non ha mai saputo spiegare agli altri, far capire alla società il perché della sua violenza. Sono state morti inutili, perché il riformismo non si piega e perché l’obiettivo degli assassini era così recondito, così tortuoso che nessuno l’ha mai capito fino in fondo. Certo non hanno mai fatto il bene dei lavoratori o della classe operaia, al contrario hanno causato a questi un grande danno, come accadrà adesso, con questo gesto efferato che cade in un momento così difficile della vita democratica del paese. Il sindacato, impegnato fino allo spasimo in una braccio di ferro con il Governo, dovrà combattere anche contro il fantasma della lotta armata, come se non bastassero i suoi nemici naturali.
Il riformismo non finirà qui. Andrà avanti, naturalmente. Il sindacato combatterà la sua battaglia lo stesso, anche se tutto sarà più difficile. Marco Biagi però non tornerà più tra noi, tra i suoi cari. Lo hanno detto tutti. E’ troppo facile uccidere un professore universitario che torna a casa in bicicletta. Non serve forza o coraggio. Basta essere vigliacchi.