I lavori precari irruppero nel nostro paese alla fine degli anni ’80 e si chiamavano allora “partite Iva”. Infatti questi lavoratori non avevano un contratto di lavoro, ma erano titolari di una partita Iva che consentiva loro di fatturare la prestazione, come fossero dei professionisti. La forma visiva più evidente di tali lavori allora erano i pony-express, ossia ragazzi e ragazze in possesso di un motorino che eseguivano consegne a domicilio sfrecciando tra il traffico urbano. L’Italia non aveva inventato nulla di nuovo. Anche nel nostro paese in quegli anni cominciarono a manifestarsi fenomeni di lavori saltuari e senza un contratto definito, come avveniva da tempo in molti altri paesi. Era l’epoca delle liberalizzazioni e molti servizi pubblici cominciarono ad aprirsi al mercato, creando nuove attività e nuovi modi di fornire i servizi. Era anche l’epoca della specializzazione flessibile e molte attività nascevano come outsourcing da altre. Le imprese si decomponevano ed attività svolte all’interno delle imprese stesse venivano collocate all’esterno, diventando esse stesse nuove imprese. Così avveniva per il marketing o per la pubblicità, per la manutenzione degli impianti, per la gestione dell’energia, per i servizi di informatica, per i servizi di pulizia, per le attività legali, per l’organizzazione degli eventi, ecc.
Poi venne l’epoca della regolarizzazione e la legislazione si adattò ai nuovi casi che si manifestavano. Con l’accordo del luglio 1993 tra Confindustria, sindacati e governo (il patto sociale di Ciampi), si ammise la possibilità di introdurre il lavoro interinale in Italia, che venne successivamente disciplinato (legge Treu). Intanto cresceva la società dell’informazione e, con essa, la necessità e la possibilità per le imprese di mantenere un contatto diretto con il cliente. I call center sono figli di questa nuova esigenza, di questa nuova tecnologia e di questa nuova legislazione del lavoro.
I call center sfruttarono inizialmente la possibilità offerta dal lavoro interinale di utilizzare lavoratori senza un contratto a tempo indeterminato. Ma poi intervenne la legge Biagi che ridusse notevolmente la flessibilità del lavoro ed impose una forte restrizione all’uso del lavoro interinale. Nacquero, con la legge Biagi i lavoratori a progetto, che non potevano certo essere impiegati nei call center. Da lì derivò la necessità di stabilizzare questi lavoratori, cosa che avvenne con le misure del ministro Damiano che applicò in maniera sobria la legge Biagi per avviare la trasformazione dei lavoratori dei call center da lavoratori interinali a lavoratori a tempo indeterminato.
Questa continua rincorsa tra legislazione, mercato, tecnologie e diritti dei lavoratori non ha riguardato solo il mondo del lavoro precario, esploso alla fine del secolo scorso. È il continuo adattamento che avviene in tutti i settori dell’economia, fino a che si trovino nuovi e, si spera, migliori assetti. La natura dei call center è destinata a cambiare continuamente, fino a scomparire, un giorno, quando nuove tecnologie o nuove forme organizzative verranno a rendere obsoleta questa funzione.
Già oggi i call center non sono tutti eguali e ci sono aree in cui il lavoro precario è stato sostituito da un lavoro più professionalizzato. Call center per assistenza sociale a persone che si trovino in difficoltà, per anziani soli, o per altre categorie di cittadini, ovvero quelli per servizi medici, necessitano di conoscenze specifiche da parte di chi risponde e presuppongono una professionalità spinta nel saper interpretare la domanda, rispondere in modo comprensibile, rassicurare il richiedente e anche intervenire se necessario. In questi casi, occorrono ore di preparazione e una esperienza che mal si combinano con la precarietà del lavoro. Ma anche nel settore più di mercato stanno nascendo esigenze più sofisticate. Chi vende elettrodomestici ormai ha, nel settore del servizio alla clientela, una fonte di reddito oltre che una forma di fidelizzazione della clientela. Per queste imprese, la capacità di capire l’esigenza del cliente consente di ridurre i costi delle riparazioni e di aumentare la soddisfazione del cliente.
In effetti, i call center stanno evolvendo come reti di distribuzione dei servizi moderni. Essi sono i negozi virtuali per molte attività. Attraverso essi si vendono servizi e prodotti. Essi sono la vetrina di molte nuove attività. Una vetrina che oggi sentiamo, ma che domani potremo anche vedere, quando la tecnologia dei videotelefoni sarà più avanzata o quando l’uso del computer sarà più diffuso. Nasceranno forme di allestimento delle vetrine (visual marchandise) che saranno costituite da veri e propri scenari e piccoli spettacoli. L’evoluzione in questo settore potrà essere rilevante, a mano a mano che si sviluppano nuove tecnologie.
Se i call center saranno sempre più il punto di approdo delle imprese al mercato, sarà necessaria una sempre maggiore attenzione a chi gestisce il cliente. Ci saranno sempre delle grandi differenze tra i call center, perché conviveranno quelli tradizionali, basati sul basso costo della prestazione e quelli professionali, ma assisteremo ad una competizione tra imprese anche attraverso i call center, se ancora si chiameranno così, o se avremo già inventato un nuovo nome per indicare questa funzione.
Come avviene per gli altri settori economici, anche per questo vi saranno processi di polarizzazione. Ossia l’attività si dividerà in due grandi categorie. Quella del basso costo, che offre servizi indistinti e che tendenzialmente verrà delocalizzata la dove i costi sono più bassi. Una delocalizzaizone che per il nostro paese sarà limitata, dato che la lingua resta un fattore di protezione per questa attività. Invece i call center del Regno Unito ormai sono localizzati in tutti i paesi dove si parla inglese, sicché è possibile che siano in India o in Pakistan, pur se rispondono ad una persona che chiama da Londra.
All’opposto vi saranno call center specializzati in funzioni particolare, attivati da amministrazioni pubbliche o da imprese di marca che vorranno difendere i loro prodotti e gestire un nuovo servizio. Oggi queste imprese investono molto nella costruzione di siti web elaborati. Ma il sito web, per quanto importante, resta uno strumento freddo che non distingue tra cliente e cliente. Questo ultimo, invece, desidera spesso essere riconosciuto e considerato diverso, con tratti distintivi che solo una persona può identificare.
La via dello sviluppo di questa, e di altre nuove funzioni e mestieri è lunga e ancora non l’abbiamo percorsa interamente. È una via importante perché lega l’offerta alla domanda. È una via che, come tutte quelle finora percorse, avrà anche, ad un certo punto, momenti di obsolescenza e che verrà poi sostituita da altre. Che genererà tensioni per chi perde attività produttive e lavoro, e produrrà interesse e profitto per chi saprà rapidamente adattarsi alle nuove tecnologie e alle nuove organizzazioni. Che imporrà soluzioni per sostenere i redditi di chi perde il lavoro e nuove discipline per regolare le nuove forme di lavoro. Ma questa è la continua evoluzione dell’economia e della vita sociale che nessuno, si spera, vorrà mai cristallizzare una volta per tutte.
Innocenzo Cipolletta, presidente delle Ferrovie dello Stato