Muoiono le piante, muoiono gli animali, ovviamente muoiono anche gli esseri umani: dunque possono morire anche i partiti politici. E infatti nel corso della nostra storia degli ultimi ottant’anni non pochi di loro sono morti, magari poi resuscitati sotto mentite spoglie, ma insomma molto diversi rispetto a quello che erano prima, mantenendo magari solo i difetti e non i pregi delle origini. Basti pensare a quel che è diventato il Partito democratico che pure è nato da una storia gloriosa e lunga settant’anni come quella del Pci. Oppure al Partito socialista e alla Democrazia cristiana, sciolti come neve al primo apparire di un pallido sole nella primavera di trent’anni fa. E così via. Certo qualcuno ha resistito, ha cambiato nome, ha cambiato ragione sociale, si è unito ad altri – anche loro in piena crisi d’identità – ed è riuscito non solo a sopravvivere a sé stesso ma addirittura a governare per circa dieci anni.
Questo più o meno è accaduto a sinistra (chiamiamola così), mentre la destra italiana ha dovuto ricominciare letteralmente daccapo, dopo essere stata travolta dal ciclone autogeno denominato Silvio Berlusconi, dopo aver perduto l’altro leader della coalizione, ossia Gianfranco Fini, cacciato in malo modo dallo stesso Berlusconi, e i vari pezzetti sparsi dell’arcipelago centrista, da Pier Ferdinando Casini in giù che è addirittura finito nelle liste dei democratici.
Eppure, al contrario della sinistra, la destra è rinata, “più forte e superba di pria”, direbbe il Nerone di Petrolini. Ha vinto le elezioni con la sua leader che fino a pochi anni prima non arrivava al 10 per cento dei voti e adesso governa in santa pace (o quasi), i suoi alleati sono ben poca cosa al suo confronto, gira l’Europa e il mondo, coltiva relazioni diplomatiche con tutti i principali leader occidentali, insomma è il nostro Capo, anzi la nostra Capa. E con lei bisognerà fare i conti negli anni che verranno.
Nel frattempo quelli che dovrebbero porre le basi per una riscossa (“avanti popolo…”, altri tempi) appaiono totalmente inadeguati al compito che li attende, i vari candidati alla segreteria del Pd, non chiamiamola leadership che di leader lì in mezzo non si vede proprio nessuno, il massimo che possono fare per ora è litigare sulle primarie on line, come se fosse quello il sistema che consentirebbe alla sinistra di risalire la china e battere la destra alle prossime elezioni. Non ci siamo, evidentemente la nostra sinistra non ha capito che servirebbe una proposta alternativa in tutti i sensi, dal lavoro all’immigrazione, all’economia, alle tasse, fino alla politica estera e alla guerra. Ma tutto questo manca, o al massimo viene buttato lì a spizzichi e bocconi senza un piano organico, non parliamo di un progetto di società per carità. Andando avanti così sarà molto difficile, se non impossibile, che la sinistra italiana riesca a tornare a vincere.
Invece la destra, un programma e pure un progetto li possiede, odiosi quanto volete ma li possiede. E quel che è peggio è che la maggioranza relativa (sottolineiamo relativa per scaramanzia) degli italiani è convinta di quel che sta facendo la premier (l’ultimo sondaggio dice che Meloni è arrivata al 31 per cento, mentre il secondo classificato sta al 18: e non è il Pd bensì i Cinque Stelle di Giuseppe Conte, che fino a prima delle elezioni veniva considerato morto).
Allora la domanda delle domande non è perché la sinistra abbia perso ma perché la destra abbia vinto e continui a vincere. Forse è colpa degli elettori, in questo caso bisognerebbe riesumare la straordinaria massima di Bertolt Brecht (“Se il popolo non è d’accordo col Comitato centrale, si cambi il popolo…”), oppure più semplicemente mettersi a studiare. Studiare che significa anche e soprattutto girare per le nostre città, a cominciare dalle periferie, per cercare di capire cosa e voglia e non voglia il “popolo”. Non solo per accontentarlo su qualsiasi sua richiesta, ci mancherebbe, ma soprattutto per cercare di mettersi in sintonia quantomeno con i bisogni delle persone, ascoltando quello che vogliono e quello che chiedono. Per poi magari non dover rispondere sempre ”sissignore” ma almeno far capire loro che dall’altra parte, ossia nel Palazzo, c’è qualcuno che non li considera solo portatori d’acqua (cioè di voti), ma persone che hanno qualche cosa da dire e da proporre,.
Meloni in questi anni di preparazione alla vittoria è esattamente questo che ha fatto, mentre la sinistra dormiva sugli allori peraltro neanche guadagnati sul campo. Tuttavia… tuttavia chissà che Giorgia non scivoli sulle accise, ovvero sulle tasse statali sui carburanti. Potrebbe anche succedere, ma certo non sarebbe una grande soddisfazione, per la sinistra italiana, tornare al potere grazie agli idrocarburi.
Riccardo Barenghi