Pier Paolo Baretta – segretario confederale Cisl
Nelle poche parole scambiate al telefono con Marco Biagi la sera prima che venisse ammazzato, infoltendo la schiera troppo numerosa degli eroi moderni della democrazia e della tolleranza, la sua attenzione era rivolta, come sempre, a come continuare, oltre il conflitto di queste ore, a tessere la tela, fragile, ma indistruttibile, del dialogo e della ragione.
Non bisogna mai dimenticare che il dialogo e le ragioni vengono prima delle opinioni. Non le annullano, tutt’altro: le rafforzano, ma le comprendono in un senso più altro di civiltà. E’ proprio contro questo “modus vivendi” della democrazia partecipativa che vengono armate le mani omicide, siano esse di singoli assassini o di freddi esecutori di ben più sofisticati mandanti. Per questo vengono colpiti, con una agghiacciante ripetuta liturgia del terrore che non trova adeguate risposte istituzionali, prima di tutto i simboli del pensiero, gli ostinati ricercatori di soluzioni, anche tecniche, dei grandi problemi della trasformazione sociale. Non vengono colpiti perché pongono i problemi, ma perché cercano e trovano le soluzioni.
Il conflitto sociale, anche aspro, è il sale della democrazia, ma se diventa aprioristico, fine a sé stesso, senza sbocchi e soluzioni è disperazione, genera follia. Vale per tutti, da ogni parte: per chi ne coltiva queste caratteristiche pubblicamente o privatamente, per chi non lo impedisce per debolezza o per opportunismo. Perciò la morte di Marco Biagi ci interroga crudamente nelle nostre coscienze personali e collettive e ci impone di perseguire un cambiamento onesto di cultura, di mentalità, di atteggiamenti, di linguaggi, di metodologie, di strumenti. Marco Biagi era un intellettuale libero non asservito ai poteri o al potere, al quale, è la verità, non era in alcun modo legato; ma alle Istituzioni sì, verso le quali era devoto. Memorabili le sue sfuriate bipartisan sul rispetto dei principi costituzionali e sincero il suo sentirsi al servizio dello Stato e del Governo, più che di questo o quel governo.
Il Governo ha ora un solo inderogabile e grande dovere: risolvere l’enigma e ripristinare la fiducia del Paese che è scossa per troppi omicidi politici tutt’ora impuniti.
Le forze politiche tutte facciano un passo indietro e diano unite un segnale non simbolico di concordia. Noi, i sindacati, gli imprenditori, le forze sociali, facciamo un passo avanti e diamo a chi lavora il senso di un cammino di emancipazione che pure nelle difficoltà non si interrompe.
Dimostriamo tutti che la vita, il lavoro e la morte di un uomo ci hanno, come in ogni grande dolore e prova, reso più saggi e non più cinici o tristi.
Marco Biagi era un professore, ne aveva lo stile e il metodo, le sue conversazioni, oltre che competenti, erano puntigliose, addirittura pignole. Ma quando, anche nel più noioso, oscuro o contorto cavillo giuslavoristico, intravedeva una via d’uscita che, a torto o a ragione, desse una prospettiva alla vita delle persone, dei cittadini, della gente che lavora, i suoi occhi sorridevano.