Nel 1876 Charles Renouvier coniò la parola “ucronia”. L’utopia dei tempi passati. Il filosofo francese descrive la civilizzazione dell’Europa non come avvenne ma quale sarebbe potuta essere. Nella sua opera finge di tradurre il manoscritto di un monaco del sedicesimo secolo perseguitato dall’Inquisizione. Tutto parte dall’ipotesi che dopo la morte di Marco Aurelio non fu il figlio Commodo a succedergli ma il generale Avidio Cassio. In questo modo si sarebbe innescata una serie di avvenimenti tale da sancire il trionfo dello stoicismo, con tutto il suo portato di tolleranza e di libertà.
Nasceva così la storia riscritta con i “se”. Un genere che affascinò persino Winston Churchill. Il quale si divertì, in un breve racconto, a immaginare la vittoria del generale Robert Lee a Gettysburg, la conquista di Washington da parte dei confederati, la loro decisione di abolire la schiavitù e la scelta di una stretta alleanza con la Gran Bretagna. Un esercizio di fantasia del granitico conservatore, che desiderava la grande unione dei popoli di lingua inglese.
Il suo divertissement, se così vogliamo chiamarlo, è contenuto in una curiosa antologia apparsa nel 1931 e stampata in Italia da Tea nell’aprile del 2002, esattamente vent’anni fa. Scriveva Sergio Romano nella prefazione: “La storia non è lineare, progressiva, razionale. È soltanto umana, vale a dire una combinazione di fattori contraddittori da cui emergono risultati effimeri, diversi dall’obiettivo perseguito, sempre peggiori o migliori delle intenzioni nobili o ignobili dei suoi protagonisti”.
La riscrittura degli eventi, modificando cause e conseguenze, ha in tutta evidenza un’origine reazionaria. Vuole cioè essere la negazione del progresso, inteso come linea di sviluppo ineludibile di crescita e di miglioramento. Un rifiuto di Hegel e della sua affermazione sulla coincidenza tra reale e razionale. Anche Benedetto Croce diffidava di quello che riteneva un pericoloso e insensato “giocherello”.
Eppure, l’ucronia, non ha perso il suo fascino, rovesciando ogni recinto ideologico. E permeando la cultura popolare, dal cinema ai fumetti. In queste settimane, compie 40 anni Martin Mystère, il “detective dell’impossibile” creato dal vulcanico Alfredo Castelli. Un personaggio che si muove proprio in mezzo a immaginifiche ricostruzioni, ostacolato dagli “uomini in nero”, un’antichissima organizzazione che distrugge ogni scoperta che possa mettere in discussione il potere costituito. E così la ricerca di un diverso passato si fa anarchica e il mito diventa rivoluzionario.
Dice al protagonista un abitante di Atlantide, prima che il continente citato da Platone scompaia nell’apocalittica lotta con la rivale Mu: “Noi vogliamo contrastare una società opulenta ma avida, basata solo sullo sfruttamento di molti per il profitto di pochi. Una società che sta violentando la natura, sottraendo energia alla terra, modificando il tempo metereologico con l’inquinamento. Una società in cui viene sviluppata in modo sfrenato la tecnologia bellica che un giorno finirà per distruggerci. Il nostro movimento combatte tutto questo in modo pacifico, vivendo a contatto con la natura e praticando le antiche discipline dei maestri che vivono sottoterra e per questo il potere ci detesta. Spesso veniamo aggrediti, perseguitati senza ragione”.
“La storia impossibile del mondo”, dal big bang a oggi (Sergio Bonelli editore, due volumi, a cura di Alex Dante) mette assieme i pezzi sparsi delle avventure narrate mensilmente dal 1982. Un’enciclopedia per i cultori di scenari più o meno strampalati, come l’arrivo degli alieni, la nascita di Agharti, il piccolo popolo, l’origine dei sumeri o degli etruschi, il significato dei megaliti e delle piramidi, il Graal e le leggende di Artù, Quetzalcóatl, la magia e il nazismo.
Ha scritto John Colling Square, curatore dell’antologia del 1931: “Qualcuno in Tibet può dormire male e passare una brutta nottata, oppure può dormire troppo a lungo e i destini delle nazioni ne saranno coinvolti. Questo, tuttavia, non è di grande aiuto, perché nessuno sa se sarebbe meglio per il mondo che lui dormisse troppo a lungo o che soffrisse di insonnia”.
Ma guardando ciò che ci circonda, la storia sognata è senz’altro migliore di quella che stiamo vivendo.
Marco Cianca