Potrebbe succedere, ma come si dice il condizionale è d’obbligo, potrebbe succedere che dove non è riuscita la sinistra italiana riesca la destra americana di Donald Trump. Cioè riesca a mettere in crisi Giorgia Meloni e il suo governo a causa dei dazi che il Presidente Usa ha voluto a tutti i costi imporre alle merci europee e quindi anche italiane e che non pochi danni causeranno alle nostre esportazioni verso gli Stati uniti. Dunque, chissà se quando i nostri concittadini verranno colpiti direttamente nei loro conti bancari, nei loro affari, nella loro spesa quotidiana non cambieranno opinione e magari i sondaggi finora sempre molto positivi per la premier e la sua maggioranza non cominceranno a calare e di conseguenza cresceranno quelli per l’opposizione. E magari – magari – si arriverà a una crisi di governo e magari – magari- a elezioni anticipate nelle quali potrebbe – ancora il condizionale – vincere il centrosinistra. Finora siamo nel regno della fantapolitica ma neanche tanto, in fondo quando vengono colpiti gli interessi concreti delle persone, le stesse persone potrebbero girarsi dall’altra parte sperando che le cose possano migliorare per la loro vita quotidiana.
Certo, augurarsi una stagione di povertà generale per poter mandare a casa l’attuale governo non è il massimo, diciamo che una buona dose di masochismo politico non manca, tuttavia bisogna saper cogliere le occasioni che offre la storia. In particolare quando la storia ti mette in una condizione piuttosto difficile, oltre ai dazi sono ancora in corso due guerre micidiali che destabilizzano il mondo e ovviamente anche la psicologia collettiva, tutti si sentono più precari nella vita. E nel lavoro. E le risorse personali e collettive scarseggiano sempre di più, per fare solo un esempio basta guardare alla sanità pubblica che non garantisce la nostra salute visto che per un’analisi urgente bisogna aspettare mesi. Oppure basta pensare agli imprenditori del Nord, leghisti fedeli che potrebbero perdere la fede in Salvini (alcuni l’hanno già persa), ormai schierato anima e corpo con Trump che per questi elettori leghisti – soprattutto piccoli e medi industriali – ormai rappresenta il nemico principale delle loro economie.
Comunque tocca aspettare e vedere che cosa succede, in nome dell’interesse generale ci tocca sperare che la nostra premier riesca ad ottenere qualcosa il 17 aprile quando incontrerà il presidente americano a Washington, anche se appare molto improbabile che possa rimediare qualcosa di più di uno sconticino, che ovviamente si rivenderà come un grande successo della sua missione diplomatica e commerciale.
Nel frattempo bisognerebbe che l’opposizione si svegli dal suo torpore polemico e inefficace. La manifestazione per la pace dei Cinquestelle per esempio è stata un discreto successo, ma sarebbe stato molto meglio che fosse un’iniziativa di tutti quelli che si collocano nel centrosinistra, tranne Carlo Calenda ovviamente, che ormai sta più di là che di qua, e insieme a lui i cosiddetti riformisti del Pd e tutti quelli che pensano che l’Europa debba riarmarsi invece di spendere risorse (800 miliardi di euro sono previsti per gli armamenti) per la vita dei suoi cittadini. Un’occasione persa per poter segnalare con la forza dei fatti e delle persone che un’alternativa politica e sociale esiste. Se esiste.
In effetti, dubitare della sua esistenza è più che legittimo, in particolare dal punto di vista politico. Difficile infatti immaginare al momento un programma, anzi un vero e proprio progetto che possa tenere insieme le varie anime (chiamiamole così) del centrosinistra italiano. Che non perde occasione per dividersi su quasi tutte le questioni all’ordine del giorno, “ognuno a rincorrere i suoi guai”, come cantava Gino Paoli. Peccato che in questo caso i guai non siano di ognuno ma di tutti. E finché non saranno risolti o almeno messi da parte per concentrarsi sulle priorità, ovvero sulla necessità di unirsi individuando pochi punti sui quali mettersi d’accordo per risultare credibili agli occhi dell’opinione pubblica, non sarà possibile neanche pensare a un’alternativa di governo. E allora, Trump o non Trump, dazi o non dazi, moriremo meloniani.
Riccardo Barenghi