Il leader Cisl lancia il “campo largo della responsabilità”: un “vero fronte riformatore che abbia in mente il bene del paese”.
A pochi giorni dal voto, la Cisl entra in partita e detta la sua agenda per il nuovo governo. Lo fa ai massimi livelli, in una conferenza stampa appositamente convocata nel corso della quale il segretario generale, Luigi Sbarra, elenca uno per uno i capitoli sui quali il prossimo esecutivo dovrà dare risposte. E questo a prescindere da quale sarà la sua composizione e il suo colore, ovviamente: “giudichiamo l’albero dai frutti”, sottolinea Sbarra, rivendicando “settant’anni di autonomia dalla politica” della Cisl. Dunque, che sia un albero rosso o nero poco conta, purché i frutti siano commestibili, e valutandoli innanzi tutto dal contenuto della prossima legge di stabilità e dalla capacità di confrontarsi con le parti sociali: come ha saputo fare Mario Draghi, sottolinea Sbarra, nel corso del suo governo.
I frutti che la Cisl si aspetta di cogliere (elencati e stampati in un apposito pro memoria, ben dettagliato), sono in tutto dodici, ma uno, in particolare, è quello su cui si definiranno immediatamente i rapporti tra sindacato e governo: le pensioni. Entro il 31 dicembre bisognerà trovare una soluzione al pasticcio creato dalla scadenza di quota 100, per evitare che si torni alla legge Fornero. Tempi strettissimi, considerando che difficilmente ci sarà un governo in carica prima di novembre e che la priorità sarà data, per forza di cose, alla legge di bilancio, che a sua volta deve essere approvata entro fine anno, pena l’esercizio provvisorio.
Ma Sbarra è nettissimo: “non c’è un piano B per le pensioni, c’è solo un piano A: e cioè arrivare entro la fine dell’anno con un accordo che indichi un percorso. Dunque, va aperto subito un confronto col nuovo governo, meglio se direttamente a Palazzo Chigi”. Il terreno su cui confrontarsi sarà la piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil, dove una possibile intesa potrebbe prevedere, come unica concessione, “forme di gradualità”: “ma non si creda che noi possiamo supinamente accettare che dal primo gennaio torni uno scalone di cinque anni”. Ed è “supinamente” la parola chiave: le pensioni sono uno dei terreni sui quali le tre confederazioni conservano una posizione unitaria ferrea, e dunque altrettanto unitaria e forte sarebbe la reazione sindacale al mancato accordo. Non esattamente un benvenuto gioioso per il nuovo governo.
A proposito di unità sindacale, Sbarra nega che ci siano vere e proprie rotture tra le confederazioni: “Con Cgil e Uil ci sono tante cose che ci uniscono, e c’è un’unità d’azione su alcuni temi che per noi va confermata e consolidata. In passato abbiamo avuto dei distinguo, e non voglio nemmeno chiamarle divisioni. Noi coltiviamo come valore l’unità, ma chiediamo più responsabilità quando siamo chiamati a misurarci sui risultati”. Il riferimento è allo sciopero generale del dicembre scorso proclamato dalle sole Cgil e Uil: che, ribadisce il leader Cisl, “era sbagliato e privo di motivazioni, ha rischiato di bruciare i rapporti col Governo e di trasformare i luoghi di lavoro in campi di battaglia”.
Il sindacato che ha in mente Sbarra – e di cui, afferma, ha bisogno il paese, tanto più alle soglie del molto annunciato tsunami economico d’autunno – “è centrato su responsabilità, pragmatismo, autonomia dalla politica, concertazione. Non ci serve, invece, un sindacato basato sulla contrapposizione, l’antagonismo, il massimalismo”.
C’è un progetto Paese da definire, conclude Sbarra, un progetto che dovrà avere “il contributo attivo delle parti sociali: “vogliamo creare un campo largo della responsabilità, un vero fronte riformatore rivolto al bene del paese. Dobbiamo ritrovarci in questo perimetro senza sterili antagonismi, esercitando responsabilità per costruire il bene comune e il futuro delle nuove generazioni”.
Nunzia Penelope