Realizzare l’unità fra Cgil, Cisl e Uil, andando oltre la semplice unità d’azione per arrivare a una vera e propria unità organica. È la sfida che lancia Maurizio Landini, a poco più di due mesi dal congresso Cgil che potrebbe eleggerlo come nuovo segretario generale.
La nuova unità sindacale è il mantra che Landini stesso sta proponendo nelle varie assemblee a cui sta partecipando da settimane, rilanciata sia a Milano, alla Camera del Lavoro, nel corso di un intervento col quale ha ufficialmente accettato la candidatura, sia oggi, nel suo intervento conclusivo alla riunione (unitaria) dei delegati della scuola di Cgil, Cisl e Uil che si è svolta a Roma al teatro Quirino.
Dice Landini: “siamo in una fase di passaggio, c’è un cambiamento del quadro politico nel quale sono scomparsi i partiti tradizionali. Questo pone il problema, alle organizzazioni sindacali, di avere una propria autonomia”. Nel 1947, ricorda Landini, al tempo di Di Vittorio, la Cgil era ancora una sola: “Poi ci sono state le divisioni per ragioni politiche, da cui sono nate Cisl e Uil. E se non siamo mai arrivati in passato all’unità organica, portando in alcuni casi anche allo scioglimento delle organizzazioni esistenti per fare un unico sindacato, come sappiamo accadde nel caso della Flm, e’ perche’ ci sono state le resistenze delle forze politiche, che non vedevano bene un sindacato così autonomo, forte e indipendente. E’ evidente che oggi c’è un cambiamento: di quei partiti non ne è rimasto nemmeno uno. Quindi sono venute meno le ragioni politiche, o partitiche, che ci impedivano l’unità sindacale. E non vedo ragioni per non rilanciare un progetto che vada oltre la semplice unità d’azione”.
Landini non si nasconde che si tratta di un passaggio non semplice, che desta timori e solleva problemi. Ma, insiste, “abbiamo la necessità di porre questo tema. Se ci poniamo obiettivo di unire tutto il mondo del lavoro, come intendiamo e dobbiamo fare, è evidente che il problema di ricostruire l’unità sindacale è decisivo”. Decisiva sarà soprattutto la legge sulla rappresentanza, che per Landini e’ il ‘’passaggio preliminare e la condizione per questa riunificazione’’. Anche per sgombrare il campo da quella miriade di “sindacatini” che affollano, indebitamente, i tavoli negoziali.
Restano poi, naturalmente, le differenze di vedute con Cisl e Uil; ma anche queste, secondo Landini, sono superabili: ‘’ci sono diversità di impostazione, ma non ci sono vere ragioni che possano impedire una discussione sull’unità. Oggi le tre confederazioni rappresentano milioni di persone, sia come iscritti, sia come tutti coloro che rappresentiamo quando firmiamo i contratti di lavoro. Noi abbiamo una idea di come cambiare il paese; e non come quelli che oggi si autodefiniscono alfieri “del cambiamento” e intanto il paese lo peggiorano. Se non lo facciamo noi, c’è forse qualcun altro che lo può fare? Non abbiamo le stesse idee su tutto, ma l’unità è proprio questo: confrontare le diversità e fare sintesi delle differenze’’.
“Noi – prosegue- siamo confederazione perché siamo un sindacato generale che non solo difende i diritti dei lavoratori, ma che si propone di avere un progetto di trasformazione sociale anche fuori dal luogo di lavoro. Dicono che questo è fare politica? Si. Questo è fare politica in modo serio. Fare politica vuol dire tornare a occuparsi dei problemi delle persone. E vuol dire avere l’autonomia per misurarsi alla pari con le imprese, con i governi e con le forze politiche”. D’altra parte, sottolinea, ‘’le maggiori conquiste di questo paese si sono fatte quando c’è stato il massimo di unità sindacale. Oggi si tratta di andare avanti, altrimenti il rischio è di tornare indietro, al corporativismo’’.
Un passo avanti più che mai necessario in un paese governato oggi da un esecutivo che, osserva Landini, “si basa su un contratto tra privati, svuotando il parlamento del suo ruolo. Il contratto di governo è una riduzione degli spazi democratici e sociali, che punta sulla rappresentanza diretta, senza mediazione. Un elemento di semplificazione della democrazia che rischia di portare verso un maggiore autoritarismo”.
Lo stesso rifiuto del governo confrontarsi col sindacato, malgrado le molte richieste di incontro, cela come disegno finale quello di non riconoscere alcun ruolo ai corpi intermedi: “È un disegno preciso di messa in discussione delle forze sociali, lanciando il messaggio che, tanto, non contiamo nulla’’, sottolinea Landini. Per questo, conclude, “occorre una nuova e forte proposta sindacale, ma anche politica e sociale: noi dobbiamo diventare il soggetto che avanza questa proposta’’.
Nunzia Penelope