Mi sento e sono sempre di più una persona libera di condividere la necessità di riflettere su cosa una società liberale richieda per essere sostanzialmente tale, soffermandomi sulle difficoltà e gli insuccessi che stiamo incontrando nella attuale situazione. Una legittimazione di Stato di diritto è basata anche sulla capacità di dare risposte a problemi della società civile, impegnandomi da sempre su una cultura politica senza essere partito: so bene che la condivisione delle regole garantisce che la diversità delle opinioni e degli interessi non rappresenti una minaccia. Senza remore, dunque, rifletto e scrivo.
L’ultimo accordo fatto tra maggioranza (rissosa) sulla scuola è una violenza alla Costituzione e a tutti noi cittadini che crediamo che il diritto allo studio sia un diritto primario. E’ un accordo orribile, frutto di mediazioni al ribasso su una sanatoria (così chiamata inopportunatamente) da chi voleva un pseudo corso/concorso di vecchio stampo sindacalizzato, che ha messo in cattedra per anni persone che ambivano allo stipendio certo ma sicuramente non al praticare coscienziosamente l’insegnamento come missione per chi, come gli studenti, vogliono imparare; chi voleva il concorso a questionario a crocette; chi non voleva affatto il concorso.
Il risultato è che forse (è d’obbligo il dubbio) il concorso si farà per titoli (quali non si sa) e prove scritte e orali e forse a settembre per 32 mila insegnanti, quando la pandemia sarà forse debellata (forse) e invece per riaprire le scuole si attingerà ancora alle graduatorie a esaurimento, facendo il contratto annuale ai cosidetti precari. Ma i precari non sono gli insegnanti, sono gli studenti e a tutt’oggi, visto che le linee guida della “formidabile task force” non sono ancora state promulgate. Dunque? Famiglie e alunni lasciati nell’incertezza con conseguenze infauste sulla comunità famigliare. Con una “dimenticanza” punitiva per gli insegnanti di sostegno e dunque per l’ennesima volta per gli studenti diversamente abili. Della serie: la scuola rimane obbligatoria e l’ignoranza resta facoltativa, e comunque di governi incompetenti.
Chi si è “data da fare” è invece la “task force” della Ministra Bonetti, composta da una squadra di donne al grido – Donne e rinascimento – che ha pubblicato ieri sul sito ministeriale un cd programma che è tutto un programma: un puzzle di proposte già più volte enunciate in varie stagioni che sulla questione femminile in verità non hanno portato risultati. Non si fa accenno alla strategia per consentire all’Europa di raggiungere il suo pieno potenziale negli affari, nella politica e nella società, la strategia per la parità di genere 2020-2025 che la Commissione intende portare avanti con misure basate su tre azioni: stop alla violenza sulle donne, pari possibilità per il raggiungimento di una posizione di vertice nel mondo del lavoro e nella politica, adozione della prospettiva di genere in tutti i prossimi provvedimenti politici.
Nel rapporto rinascimentale si recuperano numeri devastanti della attuale situazione sociale e occupazionale femminile individuando “anziane azioni” sempre promesse mai finanziate e mai politicamente concretamente intraprese. E’ interessante comunque leggere il Rapporto per ritrovare nelle sue 23 pagine tutto ciò che non abbiamo realizzato negli ultimi anni e che ora in emergenza si indica come priorità senza alcuna copertura economica o almeno volontà espressa di ridisegnare una nuova stagione di riposizionamento della spesa pubblica. Consiglierei alla Ministra Bonetti con la mano sul cuore di leggere attentamente “Questions and answers: gender equality strategy 2020-2025”, e magari connettersi con la Commissione Ue per procedere sulla base di obiettivi credibili condivisibili raggiungibili e magari trovare nella predisposizione dei progetti entro dicembre dell’uso del FSE le possibili auspicabili azioni e conseguenti coperture.
Alessandra Servidori