Il film che stiamo vedendo potrebbe intitolarsi benissimo “La scelta di Giorgia”. Non sappiamo se, alla fine, la nostra premier vincerà un oscar come Meryl Streep in La scelta di Sophie, ma è certo che il capo del governo è chiamato a compiere una scelta, di quelle non facili.
Ieri, in Italia, sono andate di scena due visioni dell’Europa. Una, manifestatasi nell’infermo di Lampedusa con la presidente del Consiglio e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’altra nel prato di Pondita, paese dell’annuale ritrovo del popolo della Lega, con Matteo Salvini e Marine Le Pen, presidente del Rassemblement National. Da un lato quell’Europa che dovrebbe essere della solidarietà e dell’aiuto reciproco fra stati per governare i flussi migratori, dall’altro l’Europa del pugno duro, della difesa dei confini della patria o nazione, che dir si voglia, a ogni costo. Il leader del Carroccio ha ribadito l’unitarietà dell’azione del governo per affrontare la crisi migratoria, quasi a voler creare un ponte ideale tra Pontida e Lampedusa. Ha detto che Giorgia sta facendo miracoli su questo fronte.
Ma è chiaro che Salvini già si sta prendendo i suoi spazi di propaganda in vista delle elezioni europee. Potrà dire che con i decreti sicurezza aveva posto un freno all’immigrazione, ammesso che bloccare tre navi vuol dire risolvere in modo definitivo il tema migratorio. Può rispolverare l’anima più dura della Lega, spalla a spalla con Le Pen. Anche le premier può ricadere nel turbine della propaganda, tirando nuovamente fuori i blocchi navali, i complotti delle élite plutocratiche finanziare e un presunto disegno di sostituzione etnica. Ma, in definitiva, il peso di ciò che viene fatto o non fatto ricadrà, prima di tutto, sulle sue spalla. E la nostra premier non può di certo sventolare il pericolo della sostituzione etnica ai tavoli europei dove si prendono le decisioni.
Ecco la scelta di Giorgia sta proprio qui. Una scelta che ancora non si è decisa a compiere. Pensare di trascinare a Lampedusa la presidente della Commissione europea per chiedere il giusto aiuto dalla Ue, e recarsi dal leader ungherese Orban, per intraprendere insieme una lotta per difendere Dio, la patria e la famiglia, sono due cose che non stanno unite.
Al di là della visione politica di ogni leader e o schieramento, cercare la solidarietà di Orban sull’immigrazione è come cercare l’acqua nel deserto. Il fronte compatto dei sovranismi si manifesta solo a parole ma poi, alla prova dei fatti, ognuno per sé. E lo stesso vale per Marine Le Pen. La comune battaglia di francesi e italiani per difendere la patria e le su tradizioni non esiste. Se i francesi e gli ungheresi devono proteggere loro stessi dalla sostituzione etnica, perché dovrebbero accogliere i migranti che noi non vogliamo? L’Ungheria non ha ospitato nemmeno i profughi ucraini fuggiti dalla guerra. Profughi bianchi, biondi, con gli occhi azzurri e cristiani. In base a cosa sarebbe disposta ad aprire le sue frontiere a profughi di colore e musulmani? Accusiamo la Francia di Macron di non essere solidale con l’Italia. Crediamo forse che la Francia della sovranista Le Pen possa esserlo di più?
Ecco sta qui la scelta di Giorgia. Magari potrebbe essere il titolo del suo prossimo libro.
Tommaso Nutarelli