La ricerca Pescamed su lavoro e cooperazione nel settore della pesca nel Mediterraneo è stata presentata il 27 gennaio a Valenzano. Il progetto, finanziato dal ministero per le Politiche agricole, è stato avviato nel 2009 e ha coinvolto attivamente la Uilapesca e le altre associazioni imprenditoriali e cooperative italiane. Gli obiettivi fondamentali del progetto erano essenzialmente due: da una parte raccogliere e analizzare le legislazioni nazionali in materia di lavoro e le politiche della pesca dei paesi del Mediterraneo (Albania, Algeria, Croazia, Egitto, Libano, Marocco, Montenegro, Siria, Turchia, Tunisia) e dall’altra analizzare la convenzione internazionale sul lavoro nella pesca, adottata dall’Organizzazione mondiale del lavoro, Ilo-Onu, nel 2007. La convenzione in particolare riconosce a tutti i lavoratori del settore una serie di diritti, dal momento che considera la pesca come attività particolarmente rischiosa.
Dall’analisi delle legislazioni sulla pesca risulta un primo dato evidente: mentre l’Italia si confronta da anni con una politica di settore, dettata da Bruxelles, che mira ad una riduzione generale dello sforzo di pesca (e non ha mai avanzato rivendicazioni sulle risorse oltre le 12 miglia dalla costa), la maggior parte dei paesi considerati, al contrario, nel corso degli ultimi 10 anni e in sintonia con la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare del 1982, ha esteso la propria giurisdizione sulle acque oltre le 12 miglia, proclamando zone di protezione delle risorse (Algeria, Croazia, Egitto, Marocco, Siria, Tunisia); quasi tutti, inoltre, hanno introdotto delle nuove politiche della pesca, ispirate, ai principi della conservazione e tutela delle risorse, ma che perseguono anche lo sviluppo del settore e mirano a un incremento della produzione.
Sul versante della legislazione del lavoro, altro dato significativo emerso è che, sempre in tempi recenti, molti dei paesi considerati hanno introdotto nuove leggi o codici del lavoro. In alcuni casi, come Tunisia e Marocco, esistono apposite leggi che regolano il lavoro nella pesca.
Per quanto ha riguardato il confronto tra le leggi sul lavoro e la Convenzione C 188 è emerso come i paesi considerati siano generalmente già allineati con le sue disposizioni, nel senso che, al di là dei contenuti specifici delle diverse norme da paese a paese, tutti i temi oggetto della convenzione sono regolati da leggi nazionali, così come chiede la C188.
Nei paesi considerati, malgrado in molti di essi la legislazione nazionale preveda la possibilità di contratti collettivi, la regolamentazione e le condizioni di lavoro nella pesca sono stabiliti dalla legge e da contratti individuali. Unica eccezione è l’Italia in cui gli aspetti e le norme della C188, sono oggetto di regolamentazione dei Ccnl conclusi da sindacati e imprese.
Pochi anche i sindacati di settore del lavoro dipendente, come la Uilapesca. In Marocco c’è il sindacato degli ufficiali e dei marinai della pesca d’altura, in Tunisia l’Unione tunisina agricoltura e pesca, mentre in altri paesi esistono associazioni di pescatori che comprendono sia lavoratori che proprietari di barche.
L’obiettivo del progetto è accrescere il dialogo tra paesi e associazioni di settore. Per questo alla fine dei lavori è stato approvato un documento che chiede di proseguire la ricerca in questa direzione.