Ieri, al Ministero dello Sviluppo economico, è stata vissuta una giornata particolarmente intensa per ciò che riguarda diversi settori dell’industria metalmeccanica. Oltre all’incontro relativo allo stabilimento Embraco di Riva di Chieri, in provincia di Torino, si è svolto anche un altro incontro relativo allo stabilimento ex-Alcoa di Portovesme, sito nella Sardegna sud-occidentale. Dalla componentistica per gli elettrodomestici, si è così passati a discutere della produzione di alluminio primario. Per il ministro Carlo Calenda, insomma, un modo abbastanza insolito per festeggiare il suo quarantacinquesimo compleanno.
Ma concentriamoci, adesso, sul secondo appuntamento della giornata. Come si ricorderà, il 15 febbraio scorso, sempre al Ministero dello Sviluppo economico, è stato firmato un accordo che ha sancito il passaggio dello stabilimento sardo dalla Alcoa, multinazionale Usa dell’alluminio, prima a Invitalia e, successivamente, alla svizzera SiderAlloys. Un passaggio che, come dichiarò allora il ministro Calenda, non marcava “la conclusione di un processo”, ma, semmai, il suo “inizio”. Intendendo dire con questo, con ogni probabilità, che il fatto di aver trovato un compratore dello smelter di Portovesme, ormai fermo dal 2014, non costituiva di per sé una soluzione esaustiva della vicenda industriale dello stabilimento sardo, quanto, appunto, un passaggio “importante” in “un percorso” che si presentava come “ancora lungo” e che avrebbe dovuto essere “gestito bene”.
Il prossimo passo di questo percorso è quello che è stato messo in calendario per il 3 maggio prossimo. In tale data la nuova proprietà dello stabilimento, una società costituita ad hoc e che sarà denominata SiderAlloys Italia, sarà chiamata a illustrare i suoi piani produttivi a partire dalla prima fase, quella del revamping, ovvero della rimessa in funzione dell’impianto, attualmente allo studio.
Lungo questo percorso, l’incontro di ieri ha costituito una tappa che, dal punto di vista del futuro industriale del sito, non ha portato particolari novità; e che tuttavia, per i motivi che vedremo, ha già lasciato una traccia, quanto meno mediatica, piuttosto evidente.
Cominciamo dunque dall’inizio. All’incontro di ieri, messo in calendario per le ore 13.00, dopo la fine di quello dedicato alla Embraco, erano presenti, oltre al ministro Calenda, al presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru, e al commissario del Piano Sulcis, Salvatore Cherchi, l’amministratore delegato di SiderAlloys, Giuseppe Mannina, quello di Invitalia, Domenico Arcuri, e i rappresentanti dei sindacati.
Il clou della giornata è stato costituito dalle parole con cui il ministro Calenda ha annunciato ai rappresentanti sindacali che sarà realizzato, a breve, un aumento di capitale di SiderAlloys Italia e che, a tale scopo, Invitalia, dopo aver ceduto lo stabilimento di Portovesme a SiderAlloys, entrerà nel capitale della nuova società con una partecipazione del 20%. Inoltre, e questa è la parte dell’incontro che ha suscitato più attenzione fuori dalle mura del Ministero, lo stesso Ministro ha annunciato che il 5% del capitale della nuova società, così costituita, sarà conferito a “un’associazione di lavoratori che avrà un posto nel Consiglio di sorveglianza”.
Dopo il termine dell’incontro, quest’ultima notizia ha suscitato l’approvazione aperta di esponenti di punta del mondo Cisl, una confederazione che ha da sempre fra le sue bandiere il tema della partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende. Il primo, in ordine cronologico, è stato il segretario generale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, secondo cui “l’apertura alla partecipazione, in questi termini e con queste modalità, rappresenta una novità assolutamente positiva”. E ciò tanto più se si considera che “è la prima volta che questo accade nel nostro Paese” e che quanto annunciato al Mise “apre spazi inediti sul ruolo del sindacato e dei lavoratori dentro l’impresa”.
A rafforzare quanto detto da Bentivogli, è giunta in serata anche una dichiarazione della segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, secondo cui “è positivo che, nella nuova Alcoa, si stia prevedendo una forma di partecipazione azionaria dei lavoratori agli utili dell’Azienda”, nonché una loro “presenza negli organismi di vigilanza”.
Più cauto Guglielmo Gambardella, coordinatore nazionale siderurgia della Uilm-Uil, che, nel suo commento, ha subordinato la questione della partecipazione azionaria dei lavoratori a quella dell’aumento di capitale: “L’annuncio del ministro Calenda dell’ingresso di Invitalia (20%) e di una Associazione dei lavoratori ex-Alcoa (5% senza scopo di lucro) nel capitale della NewCo di SiderAlloys è una sfida importante per concretizzare e aiutare il processo di rilancio dello smelter”.
Ancora più cauto, e problematico, Gianni Venturi, il segretario nazionale Fiom-Cgil che ha partecipato all’incontro. “Prima che dei futuri lavoratori/azionisti – ha dichiarato – bisogna occuparsi del piano industriale, che non è stato ancora presentato, e degli ammortizzatori sociali, che scadono a giugno. Per il resto, vedremo: la governance duale delle imprese non si improvvisa.”
In Italia, infatti, non esiste il complesso apparato normativo che, per fare un esempio classico, regola in Germania, per le imprese superiori a una certa dimensione, il rapporto fra Consigli di sorveglianza, cui partecipano i rappresentanti designati dai lavoratori, e Consigli di amministrazione, di cui fanno parte i rappresentanti della proprietà.
Del resto, lo stesso Bentivogli ha osservato che “dovremo capire le modalità e gli aspetti giuridici” della proposta formulata da Calenda. Una proposta che, a quanto si comprende, dovrebbe funzionare così: dopo che sarà stato realizzato l’aumento di capitale preconizzato dal Ministro, ovvero dopo l’ingresso di Invitalia nel capitale di SiderAlloys Italia, con una quota pari al 20% del totale, un’altra quota dello stesso totale, pari al 5%, sarà conferita a un’associazione formata da lavoratori della ex-Alcoa. Ovvero da lavoratori che, avendo prestato in passato la loro opera alla Alcoa, tornino adesso a lavorare per la nuova proprietà dello smelter di Portovesme. L’associazione, come detto, non avrà fini di lucro. Una prima elaborazione del suo statuto è stata affidata dal Ministero ad alcuni suoi consulenti, esperti di questioni giuridiche.
E qui si apre un primo gruppo di quesiti, sottintesi – anche se non esplicitati – dallo stesso Bentivogli. Il quale, nella sua dichiarazione, sottolinea che “l’industria del futuro, per essere sostenibile e competitiva, non può non prevedere la partecipazione del lavoro organizzato e dei lavoratori alla gestione strategica dell’impresa”. Laddove, sino a prova contraria, “il lavoro organizzato” e “i lavoratori” non sono la stessa cosa; perché il primo è, se ben comprendiamo, il sindacato, ovvero un soggetto collettivo, mentre i secondi sono una somma di singoli individui. A un primo sguardo, la “associazione di lavoratori” ipotizzata dal Ministro si presenta come un altro soggetto collettivo. Quali diritti e quali doveri potranno avere, al suo interno, i singoli lavoratori che ne faranno parte? E quale rapporto tale associazione potrà avere, se l’avrà, con i sindacati? Il che è tanto più rilevante se si tiene presente che in Germania, per restare all’esempio già fatto, c’è un sola confederazione sindacale, mentre in Italia, per restare a quelle maggiori, ce ne sono tre.
Il secondo ordine di quesiti è quello relativo alla natura giuridica del 5% del capitale sociale che dovrebbe andare in mano all’associazione di lavoratori ipotizzata dal Ministro. Poiché, probabilmente, non si tratterà di una quota di capitale utilizzabile con le stesse regole che valgono per un normale azionista, ma di una quota di capitale in qualche modo vincolata e che però darà, all’associazione proprietaria, il diritto di essere rappresentata nel Consiglio di sorveglianza. Solo che, a quanto ci risulta, quest’ultimo è uno strumento che non è ancora stato oggetto di una normazione specifica nel nostro sistema legislativo, salvo quanto previsto dal Codice civile.
Terzo ordine di quesiti. A cosa esattamente dovrebbero “partecipare” i lavoratori di SiderAlloys Italia? Tra i sindacalisti che ieri si sono espressi sulla proposta di Calenda, c’è chi ha parlato di “partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda” e chi di “partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese”. Anche qui, non si tratta della stessa cosa.
In attesa di ulteriori chiarimenti, per rispondere a questi quesiti dobbiamo accontentarci di un “cinguettio” dello stesso ministro Calenda. Il quale, a metà pomeriggio, ha precisato via Twitter, in primo luogo, che secondo il suo progetto quel 5% di quota societaria di SiderAlloys Italia “va ai lavoratori costituiti in associazione”; e che, in secondo luogo, “gli utili” derivanti da tale quota “rimangono” nell’associazione e “possono essere utilizzati per fini sociali”. Inoltre, Calenda ha affermato che “il posto in Consiglio di sorveglianza li rende partecipi decisioni”. Anche se, a dire il vero, per adesso non è chiaro che cosa possa significare che i lavoratori associati siano “partecipi” di decisioni assunte dalla proprietà dell’azienda in cui sono occupati.
L’interesse suscitato dall’annuncio di Calenda è, insomma, alto. Anche se i quesiti che ne derivano e che, almeno per adesso, sono rimasti, in tutto o in parte, senza risposta non sono pochi, né di secondaria importanza. Il seguito alla prossima puntata.
@Fernando_Liuzzi