Alla fine, le cose più gratificanti per gli imprenditori le ha dette Giuseppe Conte. Concludendo col suo intervento l’assemblea annuale di Confindustria, il premier ha ricordato che nel momento peggore della pandemia, quando i lavoratori si rifiutavano di entrare nelle fabbriche, il governo ha saputo mettere in campo lo sforzo necessario per salvare il salvabile, pur stretto le esigenze dell’economia e quelle della salute. Ma invece di rinfacciare alle imprese del nord la testardaggine con cui hanno cercato a tutti i costi di restare aperte, Conte ha preferito sottolineare il contributo che proprio le imprese hanno dato, assieme ai sindacati, con il gran lavoro fatto sui protocolli di sicurezza, grazie ai quali e’ stato possibile che qualcosa almeno continuasse a funzionare anche durante il lockdown. Un lavoro importante, quello delle parti sociali, in accordo con il governo e con battaglioni di esperti, virologi, medici, e da cui sono poi discese le stesse regole di sicurezza che oggi tutti applichiamo. E che tuttavia, stranamente, Carlo Bonomi ha trascurato di citare. Forse dipende dal fatto che all’epoca non era ancora lui al vertice di Confindustria, ma Vincenzo Boccia; al quale Conte ha infatti rivolto uno specifico e sentito ringraziamento.
Proprio Boccia ha aperto, a sorpresa, l’Assemblea, con una brevissima apparizione sul palco, invitato da Bonomi a “salutare” la sua base. Poi la parola è passata al presidente in carica, per l’attesa relazione che dovrebbe fare capire meglio quale sara la linea di Confindustria per i prossimi mesi e anni. Bonomi ha, molto giustamente, osservato che il vero problema del paese e’ la mancanza di ”visione”, una mancanza di lunghissima data, almeno 25 anni. E tuttavia, non tratteggia, nella relazione, quale visione alternativa al nulla attuale proponga la sua Confindustria. Piu’ che del futuro, da cui prende il titolo l’assemblea, il presidente degli imprenditori parla dell’oggi, del qui e ora.
Nessuna novita’ nel testo, se non che Bonomi ha leggermente rettificato i toni accesi contro il governo che avevano caratterizzato i suoi primi mesi di mandato. Risultato anche di un pressing interno, si dice. Per contro, ha invece alzato ulteriormente il tiro contro i sindacati: accusati di accusare – si perdoni il bisticcio di parole- la Confindustria di non voler fare i contratti, mentre, afferma Bonomi, sono proprio loro a fare i ”furbi” -ha usato esattamente questo termine- alzando “polemiche inesistenti” per nascondere la realta, e cioè la volontà di non seguire le regole del patto della fabbrica. Accuse reciproche, in un clima un po’ da terza media, da litigata tra adolescenti, ”sei stato tu, no tu”, che lasciano il tempo che trovano di fronte al fatto che i contratti, in effetti, si stanno rinnovando: lo ricorda lo stesso Bonomi, elencando la sanita’ privata, la gomma plastica, il vetro. Non cita esplicitamente il settore alimentare, che sta vivendo una profonda frattura tra chi ha firmato e chi no. Il presidente di Confindustria però avverte che va bene il massimo rispetto dell’autonomia delle categorie, ma anche il rispetto delle regole va tenuto in conto. Vale a dire: i firmatari del contratto contestato quelle regole non le hanno seguite. In ogni caso i tre leader Landin, Furlan e Bombadieri. pur presenti in platea, non hanno raccolto la provocazione, glissando sulla ‘furbizia’ di cui sono stati accusati pubblicamente.
Per il resto, Bonomi ha rilanciato la questione del Patto per l’Italia, gia’ proposto in diverse altre occasioni, a partire dagli Stati generai di giugno scorso. A sua volta Conte, cosi come il ministro Patuanelli, intevenuto in precedenza, ha dato luna sorta di a disponibilità a qualcosa del genere, parlando di alleanza pubbico-privato. Ma la sensazione e’ che parlasse di altro. In definitiva, è chiaro che i due non si prendono: lo dimostrano le frecciatine e battute che si sono reciprocamente lanciati dalla tribuna, pur tra un sorriso e l’altro. Bonomi non ha fatto sconti al governo ricordando la necessità di non fallire sul Recovery fund, ”o andiamo a casa tutti, non solo il governo”, ma anche la necessità di aderire al Mes (”Sarebbe un grave danno per il paese rinunciarvi”) di non provare altri ”aggiustaenti” alle pensioni dopo la fine di quota 100 (quindi no quota 101, o simili), chiedendo la fine dei sussidi, ”sennò diventiamo il Sussidistan”, e infine rinfacciando all’esecutivo ”il grande errore di aver chiuso Industria 4,0”. Conte ha risposto, in sostanza, ricordando che se oggi si discute di come spendere il Recovery fund, e’ merito di questo governo che ha saputo trattare le migliori condizioni con l’Europa. Come dire: e tanto basta.
Le proposte di Bonomi hanno spaziato dal provocatorio, come l’idea di abolire il ruolo di sostituto di imposta delle imprese, lasciando che i dipendenti si paghino da soli l’Irpef, non si è capito bene se ogni mese o come, al politcally correct: per esempio quando ha invocato la parita’ retributiva per le donne, che oggi ricevono paghe sensibilmente piu’ basse rispetto ai colleghi maschi. ”E come se una donna iniziasse a guadagnare solo a febbraio”, ha detto. Dimostrando un notevole coraggio nell’affrontare il tema, certamente maggiore di quello dei sindacati o della stessa sinistra, che su questo argomento glissano da anni, come se non esistesse. Però esiste, e a volerlo pesare in moneta vale ben 2700 euro in meno l’anno a sfavore delle donne, come ha sottolineato Bonomi dal palco. Resta che nelle sue parole si intuiva un leggero paternalismo, un appello a ”cambiare testa” rivolto ”a noi uomini delle aziende”, piu’ che un impegno concreto a cambiare le cose.
Per chi ama i dettagli di colore: l’assemblea è stata aperta da un filmato cosidetto ”emozionale” (dedicato alle donne che lavorano, alle imprenditrici e madri, ai passaggi generazionali, e a molte altre cose, anche troppe) che difficilmente sara’ candidato a un premio Oscar, anche se lodevolmente dedicato al settore della cultura e spettacolo, ancora gravissimamente in crisi da pandemia. Poi Inno di Mameli e tutti in piedi, alcuni con mano sul cuore. La colonna sonora di base, in attesa dell’inizio dei lavori, era un medley dei successi di Ennio Morricone. Il distanziamento, preso molto sul serio dagli organizzatori, rendeva la vasta platea dell’Auditorium Parco della Musica davvero insolitamente vuota, specie per chi ricorda bene il sovraffollamento delle normali assemblee confindustriali. Tra i presenti, tutti con mascherina per le circa due ore di assemblea, diversi esponenti del governo ( oltre a Conte, c’erano i ministri Gualtieri, Di Maio, Patuanelli, che è intervenuto, Bellanova, e delle istituzioni (i presidenti di Senato e Camera Casellati e Fico, la vicepresidente di Montecitorio Carfagna, il governatoe della Banca d’Italia Visco), e qualche rappresentante della politica (Zingaretti, Meloni).
Nunzia Penelope