Parte la settimana prossima la corsa, a ostacoli, per la presidenza della Repubblica. Un traguardo molto impegnativo con una posta in gioco altissima. Scegliere una persona che ci rappresenti tutti è senz’altro molto difficile, altrettanto difficile sarà, se al vertice della Repubblica sarà eletto Mario Draghi, assicurare un governo per il paese, un presidente del Consiglio in grado di portare avanti il lavoro complesso che Draghi ha svolto in questi undici mesi di governo. Le difficoltà maggiori vertono sulla realizzazione degli impegni, assai gravosi, che l’Italia ha preso con l’Unione europea per la realizzazione del Pnrr. Fino a questo momento il cronoprogramma che è stato messo a punto, e che la Commissione Eu ha accettato, è stato rispettato. Erano stati individuati 51 diversi obiettivi e sono stati raggiunti.
Ma gli impegni dei prossimi mesi sono ancora più ambiziosi, i traguardi fissati sono il doppio, ben 102, e realizzarli metterà a durissima prova la capacità del sistema Italia di tenere fede ai propri impegni. Anche perché in prima linea più che le strutture nazionali ci sono gli enti locali, le regioni e le città metropolitane, che già nel corso del 2021 hanno mostrato qualche difficoltà a muoversi con determinazione ed efficienza. Il pericolo è che l’Italia non riesca a tenere il ritmo di riforme che è stato programmato, pericolo grave perché in questo caso è previsto che le autorità europee possano ridurre i trasferimenti finanziari. Se non dovessero essere attuate tutte le riforme previste, e sono moltissime e quasi tutte relative a temi altamente complessi, il flusso delle risorse europee potrebbe rallentare, ridimensionarsi. A Bruxelles, ci ha informati dalla capitale belga Claudio Tito su la Repubblica, già si pensa in maniera molto concreta a questo riposizionamento delle risorse, a tutto danno del nostro paese.
C’è una scappatoia in caso di difficoltà, perché è stato previsto che in caso di problematicità da parte degli enti locali il governo nazionale possa intervenire, prima marcando il ritardo che si sta palesando, poi, se non dovessero esserci modifiche nei comportamenti, con un intervento sostitutivo con la nomina di commissari ad acta che provvedano a operare dove gli enti locali non sono stati in grado di farlo. Facile a dire, più difficile a fare, ma è chiaro che solo un governo molto forte può permettersi di intervenire con poteri commissariali nei confronti di forti enti locali, anche se in difetto. Ecco allora la necessità di avere nei prossimi mesi una maggioranza solida, coesa, in grado di non perdere una battuta e di intervenire dove le strutture regionali sono deficitarie.
Certo non possiamo permetterci una campagna elettorale, e nemmeno una lunga crisi di governo. L’esecutivo deve avere piena forza e grande immediatezza di decisione e intervento. Anche perché dovrà affrontare e risolvere difficili problemi economici, quelli legati alla crescita dell’inflazione, che torna a fare paura, alla crescita impetuosa dei costi energetici, alla crisi dei microchip, che sta bloccando interi settori del mondo produttivo, automotive in testa. E dovrà agire con grande prontezza e diplomazia nella difficile tempesta che si annuncia per la riforma del patto di stabilità europeo. La partita, che dovrà essere chiusa nel corso del 2022, si presenta irta di difficoltà perché i paesi cosiddetti frugali sono intenzionati a dare battaglia e la posizione dei paesi che auspicano una soluzione non drastica, tra loro l’Italia, sembra indebolirsi.
Insomma, ci aspetta un 2022 molto complesso, una serie di traguardi che non possiamo assolutamente mancare. L’impegno è allora per un governo forte e responsabile. La palla è in mano solo alla politica. Sono i partiti che devono prendere le decisioni giuste. Nulla possono fare le parti sociali. Avevano la possibilità di attestare la loro presenza, ma avrebbero dovuto seguire un comportamento molto diverso da quello invece attuato. Dovevano unirsi, parlarsi, trovare un accordo sui temi dello sviluppo, e forse avrebbero potuto avere voce. Ma hanno preferito cercare altre strade. Un peccato non veniale, ma questa è la situazione. Tuttavia, questo non deve far credere che le relazioni industriali non siano forti e importanti, non fosse che per la loro capacità di dare risposte ai problemi reali della società civile, quelli che spesso la politica non è in grado di affrontare. Ne fa fede l’importante accordo che è stato raggiunto in settimana tra Fincantieri e i sindacati dei metalmeccanici per l’istituzione di una serie di asili nido negli stabilimenti del gruppo. Sono queste le cose che fanno bene all’Italia. Certo, dovrebbero essere più numerose e non affidate al caso o solo alla buona volontà di pochi attori.
Massimo Mascini