Francesco Mario Pagano, filosofo e giurista, insisteva sulla “necessità di prendere coscienza”. Nei suoi “Saggi politici” legava la storia dell’umanità ai mutamenti della natura, argomentando l’impatto delle catastrofi sulla costruzione dei miti e sull’immaginario collettivo. Fu un illuminista, teorico della “società gentile” e della “libertà civile”.
Lo impiccarono in piazza, tra gli applausi dei lazzaroni che guidati dal cardinal Ruffo avevano sepolto la Repubblica partenopea. Era il 29 ottobre 1799. Il suo destino testimonia in modo tragico, come poi fu per Carlo Pisacane, la difficoltà del rapporto tra intellettuali e popolo, una volta si sarebbe detto plebe. E tra necessità e ideali. Conciliare i bisogni materiali e le utopie equivale a gettare un ponte tra le umane contraddizioni.
Ci provò Carlo Marx (“i filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta ora di trasformarlo”, undicesima tesi su Feuerbach) ma la caduta rovinosa del comunismo reale sembra aver riportato la questione ai suoi termini originari. Il prezzo del gas e l’aumento delle bollette emozionano e mobilitano coscienze e intelligenze più del dolore per i morti in Ucraina o per gli immigrati affogati nel Mediterraneo. I fenomeni vengono affrontati nei loro effetti, le cause possono aspettare. Pensiamo a costruire il bagno solo quando ci viene il mal di pancia.
Viviamo in un’emergenza continua. La pandemia, la guerra, la siccità e le alluvioni, la crisi energetica, l’inflazione. E le varie soluzioni prospettate, magari in strumentali contrapposizioni, lasciano sempre sullo sfondo i motivi di cotanto sfascio.
Anche la triste campagna elettorale che stiamo subendo rientra nei canoni di un’ottusa contingenza. L’unica apparente indicazione di un mutamento strutturale viene dalla proposta del presidenzialismo. Ma per fare che? Giorgia Meloni auspica “la stabilità disciplinata”, sorta di “governabilità” riveduta e corretta. Misteriose le finalità. Qual è il modello di ordinata società che si prospetta? Il potere per il potere? La dittatura della maggioranza?
L’ unico argomento certo, come rimarca Nadia Urbinati, è che si vuole superare la democrazia parlamentare illudendo i cittadini con una maggiore potestà che, al contrario, li priverà delle indispensabili garanzie raziocinanti e che trasformerà ogni deliberazione in una “permanente propaganda”.
Ma la sinistra (quale?) non avanza progetti ambiziosi, gioca di rimessa, a difesa di un sistema indifendibile. Ancora non c’è vera consapevolezza di quanto il capitalismo dal volto umano sia un ossimoro. E torniamo a Mario Pagano, che di fatto era un moderato. Vincenzo Ferrone, in “I profeti dell’illuminismo”, ne evidenzia “la passione riformatrice”. Ma non faceva i conti con i bisogni reali della gente. E finì sul patibolo.
Stuart Joseph Woolf, studioso del Risorgimento, ha messo in luce l’incapacità degli stessi giacobini di mettere mano ai meccanismi di fondo dell’economia e la loro timidezza nei confronti della proprietà privata. Le masse dei miserabili finirono con il considerarli dei privilegiati: “Chi tene pane e vino/ ha da esse giacubbino”. Le accuse al Pd di essere il partito delle Ztl hanno origini lontane.
“Carnefici del popolo, vili e mentiti patrioti che hanno tradito i primi la causa comune col vendersi al capriccio degli iniqui emissari, col divider seco le spoglie dei concittadini e col prestar loro la mano onde compire la rovina”, scriveva l’ambiguo Francesco Becattini a proposito della rivoluzione napoletana. Allora i nemici erano i filofrancesi, oggi i difensori dell’Europa. “A lu suono de li violini/ sempre morte ai giacobini”. Le bandiere della Reazione sventolano beffarde.
Niente di nuovo sotto il cielo d’Italia. Giambattista Vico parlava di corsi e ricorsi, Mario Pagano di cadute e risalite. I bisogni e le idee continuano a confliggere.
Marco Cianca