La morte a rate. Servizi funebri in offerta, 99 euro al mese. Cartelloni pubblicitari come tanti altri. Mobili, macchine, supermercati, occhiali, tappeti, svendite varie. Tutto a prezzi stracciati. Anche le bare. Per accompagnare il congiunto nell’ultimo viaggio, basta un semplice finanziamento, con gli interessi, chiaramente. Comprare un’automobile, un televisore o un funerale, in fondo è la stessa cosa. E’ questa la vera livella della quale poetava Totò. Avanti, un’altra cambiale (anche se adesso non si chiamano più così). Dalla culla alla tomba, prometteva lord Beveridge pensando alle tutele che lo stato sociale dovrebbe garantire ai cittadini. Adesso è tutto in vendita, o meglio, in offerta.
Il culto dei morti caratterizza ogni civiltà degna di questo nome. Dagli egiziani agli etruschi, dai greci ai romani, dai nativi americani ai giapponesi. A noi basta una rapida cerimonia, esequie a costi concorrenziali, cimiteri tipo il Verano che nel loro degrado sono la vera anticamera dell’inferno. E nel caso della cremazione, lista d’attesa. Come in ospedale o in aeroporto.
L’alienazione e il consumismo hanno raggiunto forme che nemmeno Marx, Freud, Marcuse o i loro epigoni avevano previsto. Quest’anno è il cinquantesimo del ’68 e già piovono rievocazioni, ricordi, protagonismi, nostalgie, anatemi. Doveva essere solo l’inizio, l’esortazione a continuare la lotta. E’ andata a finire che bisogni e desideri hanno raggiunto la reificante unicità nei telefonini di ultima generazione.
L’unica vera eredità di allora è il protagonismo delle donne, come dimostra anche la tempesta delle molestie sessuali. Sono loro ad avere quella concezione del corpo che le àncora alla realtà e alla gioia della vita. Sono loro, come ha scritto Luisa Muraro, che stanno accanto al capezzale dei malati ben coscienti che sotto il letto c’è la morte. E loro sanno che un funerale a rate è il degrado della condizione umana.
Marco Cianca