Quasi la metà della meglio gioventù europea si informa esclusivamente sui social. Il dato non è certo una sorpresa, ma viene confermato dai risultati dell’ultima edizione di Youth Survey, il sondaggio di Eurobarometro sui giovani europei fra i 16 e i 30 anni. Il 42 per cento del campione tra i 16 e i 30 anni dichiara infatti di ricorrere ai social per avere informazione sulle questioni politiche e sociali, percentuale che sale al 45% nei più giovani (16-18), e scende al 39% tra i più adulti (25- 30 anni). Il social preferito per le informazioni politiche è Instagram (47%), seguito da TikTok (39%) mentre l’ex Twitter, ribattezzato X dal suo attuale proprietario Elon Musk, raggiunge solo il 21%.
Ma non sono questi i dati più inquietanti. Quello che allarma davvero è che ben il 76% del campione è consapevole di essere stato esposto nell’ultima settimana “a disinformazione e fake news”, ma, con la presunzione tipica della giovinezza, il 70% sostiene di saperle riconoscere. Ma su che basi, con quali parametri di confronto, non si sa. Si deve sperare in quel 39% che guarda anche la tv, o quell’altro 29% che ne parla con parenti e amici, e che il cielo ci assista.
D’altra parte, perché mai i giovani europei non dovrebbero affidarsi ai social, quando sono proprio i principali leader europei ad utilizzarli per le loro comunicazioni più importanti? Solo nell’ultima settimana, spiega l’analista e comunicatrice presso l’Ue Elania Zito, nella sua newsletter settimanale sull’Europa (Bubble, l’Europa fuori dalla bolla), tutti i capi di stato o di governo hanno usato un social, e soprattutto proprio quello del contestato Musk, che notoriamente si fa vanto di non controllare alcunché rispetto alla veridicità e affidabilità di quanto viene messo on line. In occasione del vertice sull’Ucraina convocato da Macron, elenca Zito, Ursula von der Leyen ha usato X per far sapere di essere arrivata a Parigi; il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha fatto sapere su X che parteciperà al summit parigino e ha aggiunto che “questo è l’inizio di un processo che continuerà con il coinvolgimento di tutti i partner impegnati per la pace e la sicurezza in Europa”; la Svezia ha comunicato su X che Mette Frederiksen, la premier danese, rappresenterà tutti gli otto paesi del nord Europa la vertice; il premier polacco Donald Tusk ha detto su X che “se noi europei non spendiamo molto per la difesa ora, saremo costretti a spendere 10 volte di più se non impediamo una guerra più ampia”.
E allora, perché mai i ragazzi non dovrebbero affidarsi ai social, se lo fanno anche i capi di stato e di governo?
Sul tema altre due notizie che in qualche modo si collegano. La prima arriva da un’altra newsletter molto interessante, The Walking debt, firmata dal giornalista Maurizio Sgroi. Il quale ci informa che nelle economie più ricche ormai ci sono più accessi a internet che abitanti, e la media mondiale supera le 80 connessioni per 100 abitanti. Non solo: nei paesi Ocse il 40 per cento dei “connessi” propone contenuti autoprodotti al pubblico. La quota dei produttori di contenuti è passata dal 10,3% degli utenti Internet del 2008 al 38,3% del 2020, in sostanza più che triplicando in brevissimo tempo. Ci sono fenomeni come i podcast che hanno andamenti ancora più notevoli, con un aumento di dodici volte fra il 2009 e il 2019.
Il tutto è ormai un grosso business: l’industria globale degli influencer valeva circa 16,4 miliardi di dollari alla data del 2022, quasi dieci volte il valore del 2016. Ed è in costante crescita. Nulla di strano se ormai il sogno dei ragazzini è diventare influencer; in Usa, è l’aspirazione dichiarata dal 57% per cento dei giovani tra i 13 e i 26 anni. Ovviamente, questo aumenta in modo esponenziale il rischio che tutti questi “creatori” diffondano contenuti falsi, dannosi, truffe, eccetera; vittime dei quali sarebbe anche quell’altissima percentuale di ragazzi europei che si abbevera ai social per informarsi.
La terza e ultima notizia collegata alle precedenti arriva da Prima Comunicazione, la rivista (cartacea e online) dedicata all’informazione, che nell’ultima uscita fornisce un report sugli influencer italiani più potenti. Gente che mette assieme centinaia di milioni di visualizzazioni: in testa alla classifica c’è una tizia, tal Ornella Zocco, che ha avuto un miliardo di visualizzazioni; di cosa non saprei dire. Come nemmeno vi dico chi sono gli altri nomi nella classifica, non ne conosco nessuno, e probabilmente nemmeno i lettori del Diario. Ma forse può servire sapere che l’unico personaggio balzato alle cronache dei mezzi di informazione tradizionali, e cioè la conquistatrice di Roccaraso, Rita Decrescenzo, è soltanto al sesto posto, e che il famosissimo Khabi Lane (sarebbe quello che fa le faccette mute), chiamato perfino a Hollywood, soltanto al nono. E però sono questi qui che quasi la metà dei giovani europei incontra per primi quando scrolla il telefono.
Nunzia Penelope