Fedele alla regola che non c’è nulla di più inedito dell’edito, quello di cui molto si scrive e si ragiona in questi ultimi giorni, cioè la questione delle terre rare dell’Ucraina e delle mire che diverse potenze, Usa, Russia, Cina, hanno sul ‘’tesoro’’ nella patria di Zelensky, era già noto almeno tre anni fa, anche prima dell’invasione russa. La prova è in un libro pubblicato da Rubbettino nell’aprile 2022, giusto a ridosso dell’inizio dell’operazione speciale di Putin. Il titolo già dice tutto: “La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino: ecco perché l’Europa è nel mirino di Putin”. L’autore Giuseppe Sabella, saggista e direttore del think thank di studi economici Oiknova, nel piccolo ma denso saggio (appena 57 pagine) smontava le spiegazioni che all’epoca andavano per la maggiore, ovvero il presunto ‘’accerchiamento’’ della Russia da parte della Nato, le intenzioni ‘’dittatoriali’ di Putin, gli schemi di lettura da vecchia guerra fredda, eccetera, riportando tutto alle ragioni più antiche del mondo: quelle che da sempre sono alla base di tutte le guerre, le ragioni economiche.
Secondo Sabella, il vero obiettivo dell’’’operazione speciale’’ era avvicinare la Russia alla Cina, trasformando il Cremlino nel più importante fornitore di materie prime della ‘’fabbrica del mondo’’. Dunque, per Putin era necessario impadronirsi del cosiddetto ‘’scudo ucraino’’, cioè quella parte del territorio che si estende dal mare di Azov al Donbas, buona parte della quale oggi è per l’appunto diventata terra di conquista dell’esercito russo. Lo ‘’scudo’’ è tra le aree più ricche del mondo in termini di risorse minerarie, compreso il litio, che già all’epoca era al centro di un ‘’caso’’ internazionale, di pochi mesi precedente all’invasione russa, che coinvolgeva Europa e Cina.
Ma andiamo con ordine. Lo scudo ucraino – scrive Sabella- cosi ribattezzato dai geologi, “è una sorta di ‘’terra di mezzo’’ di circa 250 mila chilometri quadrati. In termini di risorse minerarie non ha praticamente parità in Europa e nel mondo. All’interno di questa zona geologica si trovano grandi riserve di minerale di ferro, zirconio, uranio ( di cui l’Ucraina è tra i primi tre esportatori al mondo), titanio (di cui è decimo esportatore), manganese, e molto altro. Ma non solo. Secondo gli studi del servizio geologico ucraino, in questo vasto territorio c’’e anche il litio: l’Ucraina, in pratica, avrebbe il maggior potenziale di ‘’oro bianco’’ dell’intera Europa. E i giacimenti di litio più importanti sono stati trovati nell’area di Mariupol, quella che diverrà una delle città martiri della guerra. Nel complesso, scrive ancora Sabella, lo scudo ucraino cela ventuno dei trenta elementi che la commissione Ue ha definito ‘’materie critiche’’, in quanto fondamentali per lo sviluppo delle tecnologie digitali, batterie, e praticamente tutto quello che da qui ai prossimi decenni servirà per avanzare tecnologicamente, L’Europa ne importa per il 98% dalla Cina, che controlla il 40% delle riserve mondiali. Trovare giacimenti propri, sarebbe una svolta.
Per queste ragioni l’Ucraina nel 2021 era stata invitata a partecipare all’Alleanza Europea sulle batterie e le materie prime, con lo scopo di sviluppare l’intera catena del valore, dall’estrazione alla raffinazione al riciclo dei minerali contenuti nei giacimenti del Paese di Zelensky. L’accordo tra Ue e Ucraina per un “partenariato strategico sulle materie prime” viene firmato a Kiev nel luglio 2021, dall’allora vicepresidente della Commissione europea Maros Secfcovic con il primo ministro ucraino dell’epoca Denys Shmyhal. Successivamente, a novembre dello stesso anno, la European Lithium Ltd, società australiana di sviluppo ed estrazione di risorse minerarie con sede a Vienna, si era accordata con la Petro Consulting Llc, azienda ucraina con sede a Kiev, ottenendo i permessi di estrazione di litio da due enormi depositi nelle regioni del Donetsk e di Kirovogradm, vincendo la concorrenza dell’azienda cinese Chengxin. L’accordo, si legge nel saggio di Sabella, prevede che la European Lithium acquisisca la Petro Consulting dalla società australiana Millestone & Co, che a sua volta otterrà il 20% della European Lithium. Al termine dell’operazione, il comunicato della European Lithium spiega di aver conquistato i due maggiori giacimenti di litio ucraini, “operazione che getta le condizioni per nascita del più grande gruppo di litio del continente europeo e che contribuirà a garantire la domanda europea di litio”, al momento “in stato di grave dipendenza” da altri produttori. Oltretutto, la domanda di litio si prevede che raddoppierà in pochi anni, soprattutto in seguito al Green deal e alla necessaria transizione ecologica ed energetica da poco avviata.
La data del comunicato ufficiale è il 3 novembre 2021. Tre mesi dopo, Putin manda il suo esercito in Ucraina, per l’operazione speciale che si sviluppa giusto nei pressi delle aree più ricche di terre rare. Tre anni dopo, entra in scena Donald Trump e chiede, o meglio pretende, che l’Ucraina ceda agli Usa lo sfruttamento del 50% dei propri giacimenti, per un controvalore di 500 miliardi di euro, da scontare sulle armi e gli aiuti già devoluti all’Ucraina dall’America.
Questo insomma il cuore della questione, e se a qualcuno appare come la trama di una spy story a fondo economico-industriale, come dargli torto: magari un giorno la si scriverà in questa chiave, e magari se ne trarrà anche una appassionante serie tv per qualche piattaforma. Al momento, c’è da osservare che per tre lunghissimi anni si è parlato, discusso, litigato, della guerra in Ucraina come di una battaglia della dittatura contro la democrazia, tirando in ballo il nazismo, la Resistenza, eccetera, la libertà, l’oppressione, eccetera. Mentre oggi, alla vigilia del terzo anniversario dell’invasione, e solo in seguito alle dichiarazioni esplicite di Trump, emerge che dietro le stragi, le bombe, i morti, le distruzioni, c’è probabilmente anche una delle tante guerre economiche, che vede le grandi potenze mondiali -Russia, America e Cina- in lotta per una supremazia che ha ben poco di ideale e che taglia fuori l’Europa. Il pregio del libro di Sabella è aver avanzato questo sospetto fin dall’inizio, analizzando l’invasione dell’Ucraina dal punto di vista degli interessi economici in gioco, quando una simile chiave di lettura sembrava fantascienza. A rileggerlo oggi, alla luce degli ultimi eventi, fa parecchio impressione.
Nunzia Penelope
Titolo: La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino: ecco perché l’Europa è nel mirino di Putin
Autore: Giuseppe Sabella
Editore: Rubbettino
Data di pubblicazione: aprile 2022
Pagine 57
Prezzo 8 euro
ISBN 978884987260