Riflettere sulla governance è un’operazione imprescindibile se non si vuole che le imprese capitolino dinanzi a una realtà economica dinamica e imprevedibile, attraversata da continui stravolgimenti come quelli occorsi negli ultimi anni. In questo senso, le imprese devono ripensare i propri modelli di governance, sgrossando strutture ormai obsolete, per essere in grado di anticipare i cambiamenti e prepararsi a gestire sfide non più prorogabili, siano esse di carattere economico, sociale e ambientale. Ma come si distingue la buona governance? Quali princìpi orientano il Consiglio di Amministrazione (CdA)? Quali sono i requisiti di un CdA all’altezza delle sfide attuali? Sono queste le domande attorno a cui si dispiega la trattazione di La governance meritocratica. Storie di talento e di impresa sostenibile (edizioni Guerini e Associati), il libro a cura di Silvia Stefanini nato da un’iniziativa del Forum della Meritocrazia, un’associazione no profit fondata nel 2011 per fare dell’Italia «una comunità meritocratica in cui i valori del merito distinguibili nell’eguaglianza delle opportunità e nel riconoscimento dei meriti individuali siano pienamente condivisi e praticati», come sottolinea nell’introduzione la curatrice. La pandemia prima e le guerre che stanno sparigliando gli equilibri dello scacchiere geopolitico hanno imposto un allargamento della prospettiva e l’emergere della necessità di promuovere la cultura della buona governance che veda al centro gli aspetti valoriali, l’attenzione al capitale umano e gli impatti su società e ambiente, perseguendo l’urgenza di un obiettivo più inclusivo Profit People Planet. In questi termini, governance e meritocrazia sono temi indissolubili.
Scegliendo di analizzare la governance di aziende italiane di medie dimensioni, meno indagate delle società quotate, il volume definisce la relazione tra la struttura del governo societario, il merito e la sostenibilità nel lungo periodo, in cui la volontà di perseguire un purpose, il coraggio di separare gli obiettivi della proprietà da quelli dell’azienda, la managerializzazione, la raccolta di capitali, il modello B-Corp, l’attrattività dei talenti, la sostenibilità integrata nell’operatività emergono come fattori vincenti del board. Ma non solo: da questo percorso di indagine – in cui nella prima parte si affronta l’evoluzione del contesto in cui sono nate e operano le aziende italiane e nella seconda si propongono virtuosi esempi molto diversi tra loro per genesi, settori e aree geografiche di riferimento – emerge con chiarezza il quadro dello stato di salute nel nostro tessuto imprenditoriale italiano, da una parte ancorato a vecchi modelli poco coraggiosi e competitivi che frenano la crescita del sistema Paese, dall’altra spinta dalla voglie di crescere ed evolvere verso sistemi, o meglio, ecosistemi più strutturati e sinergici che guardino al futuro. Contemporaneamente, attraverso le testimonianze degli imprenditori coinvolti nell’indagine si indicano i percorsi virtuosi che pure le aziende sono invitate a perseguire nell’ottica di un miglioramento che non sia ristretto al profitto societario, ma che coinvolga il benessere collettivo di tutti gli stakeholders – CdA, azionisti, dipendenti, comunità, ambiente – al fine di la capacità attrattiva delle aziende, e quindi del Paese, per gli investimenti e la crescita professionale.
In questo senso il volume si costituisce come un importante contributo al dibattito sul progresso economico italiano, che si inserisce nel generale ripensamento del sistema neoliberista all’apice della sua crisi e mette in discussione la sopravvivenza della democrazia. La meritocrazia e la valorizzazione del capitale umano sono invocati come matrice dello stato di salute delle aziende, sollecitando le aziende a prendere atto della centralità della dimensione Environment Social Governance (ESG), dell’armonizzazione degli ambienti e degli obiettivi, la dismissione del modello taylorista del comando-controllo a favore di rinforzi positivi, della condivisione dei risultati, dell’ascolto, della contaminazione di esperienze e background, dell’engagement, delle pari opportunità e dell’attenzione al capitale ambientale. Coltivare e trattenere talenti, formarli per contribuire alla crescita dell’economia che va verso nuove direzioni. Nella postfazione, la presidente del Forum della Meritocrazia, Maria Cristina Origlia, riprende i risultati del rapporto della Banca mondiale “Mobility across Generation” e il Global Social Mobility Index del World Economic Forum, dai quali emerge che in quanto a mobilità intergenerazionale assoluta e la mobilità relativa e agli indicatori salute, scuola, tecnologia, lavoro, protezioni e istituzioni, l’Italia resta ultima tra i Paesi industriali. Lo stesso World Economic Forum sottolinea «che in una società capace di offrire a ciascuno pari opportunità di sviluppare il proprio potenziale, a prescindere dalla provenienza socioeconomica, non solo ci sarebbe più coesione sociale, ma si rafforzerebbe ance la crescita economica». Pertanto «emerge la necessità di un’Agenda per il Merito, che preveda, innanzitutto, forti e strutturati investimenti nell’istruzione, politiche redistributive della ricchezza e riequilibrio delle fonti di tassazione, una giustizia civile efficiente, nonché l’introduzione di criteri meritocratici nella pubblica amministrazione, sia per riconoscere e attrarre professionalità sempre più qualificate sia per assicurare un miglior servizio ai cittadini e al Paese». Dal canto loro, invece, «le imprese dovrebbero avere tutto l’interesse a promuovere una cultura del merito, a partire dal consiglio di amministrazione, perché la loro competitività e business continuity dipenderanno sempre più dalla capacità di rispondere efficacemente alla domanda di senso, di crescita in termini di apprendimento continuo, di impegno rispetto ai temi ambientali e sociali, che le nuove generazioni stanno iniziando a porre con forza». Tra gli altri obiettivi, il CdA ha quindi il dovere di promuovere la cultura della meritocrazia in azienda «partendo dalle modalità di funzionamento dell’organo stesso e proponendosi come agente di miglioramento e innovazione, attraverso la valorizzazione del capitale umano e la ricerca delle competenze tecniche e attitudinali necessarie per il successo sostenibile», come sottolinea Silvia Stefanini. Vanno quindi in questa direzione i cinque principi della governance meritocratica – proprietà, governance e merito; nomina e remunerazione del CdA; funzionamento del CdA; capitale umano e cultura; politiche e prassi aziendali – formulati dal Forum della meritocrazia, «che ricordano che, per quanto la governance sia il risultato di regole e processi, la differenza è pur sempre fatta dalla persone che ne fanno parte». In conclusione, Origlia vede il profilarsi di una nuova fase in cui questi valori saranno la bussola del buon funzionamento di un’organizzazione aziendale che possa definirsi vincente: l’era del capitalismo progressista. E rifacendosi alle parole di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia 2021: «I valori che ispirano il capitalismo progressista sono l’equità, l’inclusione, la prosperità diffusa. L’assunto di base è che il sistema economico debba porsi al servizio dei cittadini e non viceversa. Un’economia ben funzionante richiede un sistema produttivo decentrato, imperniato, su una moltitudine di attori, quella che definisco una ricca ecologia di organizzazioni».
La governance meritocratica. Storie di talento e di impresa sostenibile è, in ultimo, un memorandum di cosa siamo, cosa potremmo e cosa dovremmo essere in quanto sistema di imprese, in cui la persona torna finalmente al centro in una visione più umanista e integrata del capitalismo. Gettare lo sguardo oltre il profitto, i cui imperativi stanno detonando alle fondamenta della società, è quindi fondamentale per cominciare a ripensarsi in termini etici e valoriali, riscoprendo il valore del capitale umano e ambientale come primo portatore di interesse delle economie internazionali. Un volume la cui struttura e il cui linguaggio consentono di uscire dalle secche della letteratura specialistica e aprirsi a una platea più ampia, un merito da valorizzare laddove il funzionamento delle società economiche non deve più essere affare per pochi, ma essendo affare collettivo deve riuscire a dispiegarsi alla comprensione di tutti.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: La governance meritocratica. Storie di talento e di impresa sostenibile
Autore: a cura di Silvia Stefanini
Editore: Guerini e Associati
Anno di pubblicazione: 2022
Pagine: 182 pp.
ISBN: 978-88-6250-868-1
Prezzo:19,00€