Chi scrive non condivide gran parte delle ultime misure, varate con ben due dpcm, per contrastare la ripresa del contagio (che si tratti di fase 1 o fase 2 il virus è sempre lo stesso). Non comprendo i motivi per cui, allo scopo di mitigare il contagio, vengano penalizzate quelle attività economiche (ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri, ecc.) dove – se sono stati rispettati, al momento della riapertura, i protocolli stabiliti in tema di prevenzione – sono garantiti gli standard più elevati di sicurezza, sia per gli avventori che per il personale addetto. Evidentemente mi sbaglio, visto che anche altri Paesi europei, con un pedigree più pregiato del nostro, hanno adottato, spesso in modo ancor più rigoroso, le stesse misure del governo italiano. Mi capita allora di fare il verso a Papa Francesco: “chi sono io per giudicare Macron?”. Tuttavia, mi resta un dubbio: se tutti i governi adottano i medesimi provvedimenti di cui sembra palesemente improbabile l’efficacia, non sarà perché non sanno più dove sbattere la testa? E’ venuto – come chiedono in tanti da noi – il momento dell’unità e del confronto tra la maggioranza e l’opposizione? E’ quanto chiedono i leader della destra-destra, protestando per non essere consultati – se non all’ultimo momento e magari via sms – dal presidente Conte, prima di farsi riprendere – come un Putin de noantri – mentre percorre il corridoio (ben più dimesso di quello imperiale, tutto stucchi dorati e guardie in alta uniforme, del Cremlino) che lo porta nel suo studio (diceva Harry Truman – prima che quel mobile austero divenisse un rifugio segreto delle stagiste – che la scrivania del presidente è il punto in cui finisce lo scarico del barile). Certo, se il governo non brilla per inventiva e lungimiranza (questa volta hanno toppato anche gli esperti), le opposizioni non hanno fornito un contributo di un qualche peso. ‘’L’Italia rischia di non sopravvivere a una nuova chiusura – ha affermato in questi giorni Giorgia Meloni – evitarlo deve essere una priorità. Se ci si arriverà, sarà per le mancanze di un esecutivo che sapeva cosa ci sarebbe aspettato in autunno’’. Si vede che gli italiani hanno la memoria corta; o meglio sono disposti a perdonare tutto al Duo Capinera della destra-destra (Antonio Tajani fa da tappezzeria). Perché, a modo suo, magari incrociando le dita, il governo, prima della pausa estiva, aveva ritenuto necessario chiedere una proroga dello stato d’emergenza, con una motivazione esplicita: il virus non era rimpatriato all’Inferi da dove veniva; era ancora tra noi e avrebbe potuto combinare qualche scherzo da prete. Ma per Meloni e Salvini questa rappresentazione dello stato sanitario del Paese era strumentale, perché l’intenzione vera del governo era quella di strumentalizzare il virus pur di restare abbarbicati al potere. Basta saccheggiare i social per trovare il video di Giorgia Meloni, piazzata sull’emiciclo dell’Aula davanti ad una specie di leggio da direttore d’orchestra, che sbraita verso il banco del governo: “Pazzi irresponsabili, non vi daremo tregua”. Mentre il suo “compagno di merende” Matteo Salvini, reduce da un convegno “negazionista” organizzato da Vittorio Sgarbi e da manifestazioni senza distanziamento durante la campagna elettorale, sosteneva con una lucidità cartesiana: “Per prorogare uno stato d’emergenza – serve un’emergenza. E dov’è l’emergenza? Basta guardare i numeri, le terapie intensive. Non c’è più emergenza, a meno che qualcuno voglia usare questo pretesto per salvare la poltrona, per motivi politici e non sanitari”. E ancora: “Il governo sta importando infetti. Magari è una strategia per tenerci sotto lo stato di emergenza”. Infatti, sia Salvini che Meloni puntavano a fare un ambo su tutte le ruote del Lotto, giocando i soliti numeri (virus e clandestini, secondo le indicazioni della riffa). Erano ripresi gli sbarchi dei migranti, alcuni di loro risultavano positivi al virus, pertanto avrebbero impestato i nostri concittadini rendendo vani i loro sacrifici durante il lockdown. Come sempre accade il tema era rimbalzato sui talk show televisivi e sui quotidiani. Dagli “antri muscosi” in cui era confinato, ricomparve anche Marco Minniti ad ammonire la sinistra a non sottovalutare “lo nero periglio che vien da lo mare”. Eppure, i migranti, che non sbarcavano alla chetichella, ma che venivano raccolti dal naviglio delle ONG, erano i soli ad essere monitorati e, se del caso, isolati; mentre i nostri litorali si riempivano di bagnanti ansiosi di esibire la pelle ai raggi del sole ritrovato. Il 4 luglio, il centro destra organizzò in Piazza del Popolo la c.d. manifestazione delle sedie. Termoscanner e mascherine per tutti e distanziamento sociale; non per convinzione, ma “per evitare inutili critiche”. Le cronache registrarono questa maggiore compostezza a confronto con l’esordio post-lockdown sempre a Roma, il 2 giugno. La manifestazione di luglio – forse per il maggiore rispetto delle regole sia pure controvoglia – risparmiò agli organizzatori l’incidente occorso il 2 giugno, del quale le cronache, sempre benevoli, non parlarono. Per solennizzare la ripresa della lotta, in occasione della Festa della Repubblica, era stato noleggiato un drone che dall’alto avrebbe dovuto riprendere la manifestazione per l’archivio della Storia. Quella scomoda presenza non piacque ai gabbiani ormai padroni dei cieli dell’Urbe: una loro formazione attaccò l’intruso metallico e lo abbatté al suolo.
Giuliano Cazzola