Periferia romana. Una scritta nera, sul muro scrostato di una sede Ama. “Se la crisi non passa, passamontagna”. Da un lato, una croce celtica, simbolo che l’estrema destra nazisteggiante, italiana ed europea, ha mutuato dalle leggende druidiche e che vorrebbe rappresentare il rapporto tra la terra e il cielo, tra la materia e lo spirito. Dall’altra parte, una freccia a zig-zag che attraversa un cerchio, a idealizzare la rottura di una gabbia, la perforazione di una cappa oppressiva, marchio di fabbrica dei centri sociali legati alle Posse musicali e al rap. Opposti estremismi, come venivano chiamati un tempo, che si fondono in un connubio di rivolta.
Un inedito, una spia del confuso disagio e della disperazione che agitano i giovani sottoproletari (si possono usare ancora queste categorie?). Lapilli di un vulcano pronto ad esplodere. I segnali non sono solo gli slogan, monito e minaccia, tracciati con la vernice spray nei quartieri più degradati. L’esasperazione e la violenza si aggrumano in una nebbia irrazionale.
Gli scontri lungo l’autostrada tra ultras del Napoli e della Roma non sono casuali. Il calcio, tra corruzione e tifo tribale, è la piaga purulenta della democrazia sofferente. I sostenitori di Bolsonaro, che hanno invaso le sedi istituzionali contestando l’elezione di Lula, indossavano la maglia del Brasile. I colori della propria nazionale diventano una guerresca divisa.
La croce e la freccia. La Vandea e le banlieues. La Reazione e la rabbia. La seconda crisi del liberalismo (la prima fu quella tra le due guerre che portò a Mussolini e a Hitler) è prodotta da un coacervo di negazionisti, populisti, sovranisti ai quali si stanno aggiungendo i sanculotti. Con una spolverata di controriforma tridentina. Nelle Americhe, è ben noto il ruolo dell’estremismo evangelico a sostegno di Trump. Da noi, il corifeo di questa tendenza oscurantista è il non ancora domo Carlo Maria Viganò.
A sostegno del monsignore e dei suoi appelli “per un’alleanza antiglobalista”, è nato il comitato “Liberi in veritate”, che, dopo varie riunioni nel nord e centro Italia annuncia ora, per il prossimo 27 gennaio, un convegno a San Giovanni Rotondo, in zona Padre Pio. Hanno stilato un programma in 25 punti. Il quarto sancisce il “rifiuto dello statalismo giacobino-hegeliano e del sistema partitocratico liberal- marxista”; il sesto dice no “all’immigrazionismo, con tutela dei confini nazionali, da intendersi anche nel senso di demarcazione culturale oltreché fisica”; il punto10, “per reagire alla sovversione antropologica e al processo di post e trans-umanesimo in corso”, ribadisce “la concezione della famiglia quale entità fondante la società e composta esclusivamente da padre-madre-figli”.
Viganò è un nemico giurato di Francesco, considerato un distruttore delle Chiesa tradizionale, più strumento di Satana che figlio di Dio. E alcune delle sue accuse sono riecheggiate, forse inconsapevolmente, nelle polemiche divampate dopo la morte di Ratzinger (la cui salma è stata mostrata con macabra e idolatrica insistenza dalle telecamere). Le lodi e il rimpianto per il Pontefice dimissionario hanno di fatto insinuato il dubbio che l’attuale Papa sia una sorta di usurpatore.
È una variante di quella che la politologa Sofia Ventura definisce “interpretazione complottista della realtà”. Il cavallo di battaglia che ha fatto conquistare Palazzo Chigi a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini. I quali, novelli apprendisti stregoni, si trovano a fare i conti con le false promesse e con le contraddizioni da loro stessi aperte. Persino la campagna contro la speculazione nasconde errori e incapacità.
Non si affrontano questioni centrali come la povertà e i bassi salari ma si prospetta il presidenzialismo quale soluzione di tutti i mali. Come se la forma decisionale fosse un sostituto delle decisioni giuste e necessarie. Una conferma della “sindrome illiberale” denunciata dal professor Piero Ignazi.
Gustav Stresemann, uno degli esponenti più illuminati della Repubblica di Weimar, nel suo ultimo discorso alla Società delle Nazioni, 9 settembre 1929, citò i versi di Schiller per denunciare coloro che sottraggono “minuti, giorni, anni” al cammino dell’umanità.
I ladri del tempo sono di nuovo in azione.
Marco Cianca