Convivono, ma nel contempo, la compagna presta la sua attività lavorativa nell’azienda del partner, in una struttura commerciale che si occupa della vendita e della riparazione di articoli sportivi. La convivente-lavoratrice si dedica alla gestione amministrativa e contabile dell’esercizio commerciale, intrattiene i rapporti con i clienti e i fornitori, organizza i corsi di attività subacquea destinata ai principianti, essendo istruttrice subacquea diplomata; il tutto con presenza costante in azienda nei giorni e negli orari di apertura al pubblico. Con la rottura del rapporto di convivenza, la ex compagna ha rivendicato l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, reclamando il pagamento delle retribuzioni arretrate. Il Tribunale e la Corte di Appello di Roma le hanno dato ragione, accertando tra le parti l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; in conseguenza di questo riconoscimento, hanno condannato l’ex compagno a pagare all’ex convivente la somma di 105.000 €, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, con l’obbligo del versamento della contribuzione previdenziale.
L’ex compagno ha proposto ricorso in Cassazione, censurando la sentenza per avere affermato la natura subordinata del suo rapporto personale pur in assenza della prova del fondamentale requisito della eterodirezione, rappresentata dall’esistenza di ordini specifici, in mancanza dei quali doveva ritenersi operante la presunzione di gratuità dell’attività prestata in ragione del rapporto sentimentale, di convivenza more uxorio, esistente tra le parti.
La Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendo il motivo infondato perché, per giurisprudenza costante, “ ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, ma può essere ricondotta ad un rapporto diverso, istituito “affectionis vel benevolentiae causa”, caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa… In punto di accertamento della natura subordinata del rapporto reso nell’ambito di convivenza more uxorio, occorre muovere dalla considerazione che le unioni di fatto, quali formazioni sociali rilevanti ex art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale, di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale e si configurano come adempimento di un’obbligazione naturale ove siano rispettati i principi di proporzionalità ed adeguatezza. Ne consegue che, in un tale contesto, l’attività lavorativa e di assistenza svolta in favore del convivente “more uxorio” assume una siffatta connotazione quando sia espressione dei vincoli di solidarietà ed affettività di fatto esistenti, alternativi a quelli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, quale il rapporto di lavoro subordinato, benché non possa escludersi che, talvolta, essa trovi giustificazione proprio in quest’ultimo, del quale deve fornirsi prova rigorosa, e la cui configurabilità costituisce valutazione, riservata al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata”.
La Cassazione ha condiviso la motivazione dei giudici di merito nell’aver dichiarato l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato tra le parti perché “ hanno ampiamente argomentato con riferimento a circostanze fattuali emerse dalla prova orale in ordine alle ragioni che escludevano la gratuità della prestazione, in particolare valorizzando la quotidiana e costante presenza della Do.Tr. presso la struttura del compagno, il suo pieno inserimento nella relativa gestione amministrativo contabile e nella organizzazione del lavoro, anche implicante la spendita di specifiche competenze professionali (v. in particolare per l’attività svolta quale istruttrice subacquea diplomata). Ed è proprio il carattere “assorbente” delle energie dedicate dalla odierna controricorrente, pienamente inserita nella vita della struttura, di intensità tale da precluderle lo svolgimento di autonoma attività lavorativa, a giustificare le conclusioni attinte dai giudici di merito in punto di non gratuità dell’attività espletata.
Invero, l’accertamento dell’eterodirezione deve essere calato nello specifico contesto del rapporto sentimentale e di convivenza more uxorio instauratosi tra il Fa.Ca. e la Do.Tr., alla stregua del quale il concreto apprezzamento della natura subordinata del rapporto deve tenere conto che l’elemento della eterodirezione si esprime in forma attenuata, senza necessità di una sua estrinsecazione in ordini specifici e dettagliati essendo sufficiente a sostanziare la natura subordinata del rapporto di lavoro il pieno e stabile inserimento della Do.Tr. nella organizzazione di lavoro del Fa.Ca. e l’assenza in capo alla stessa di autonomia gestionale, come accertato dal giudice di merito.” Cassazione civile sez. lav. n. 9778 pubblicata l’11/04/2024.
Biagio Cartillone