Per tutti, lei era la compagna Armeni. Non aveva un nome, o perlomeno nessuno lo ricordava. Combattiva, intelligente, allegra. Un’età indefinita, appesantita dalle lotte e dai travagli della vita. Un misto tra Nilde Iotti e Ave Ninchi. Una donna del popolo, quando questa parola suonava bella, romantica, piena di speranza e di saggezza. Aveva partecipato alla lotta partigiana ma non amava vantarsi di questo o quell’altro atto di eroismo, a differenza dei coetanei maschi, sempre pronti a retoriche vanterie.
Era iscritta alla sezione del Pci di piazza Monte Baldo, a Montesacro, quartiere nella zona Est di Roma, cerniera tra il declinare del centro, le zone bene, e l’inizio della periferia, degradata e abbandonata fin dal suo sorgere. La sede era intitolata ai dieci martiri della Resistenza, uccisi dai nazifascisti, i cui nomi sono ricordati in una lapide posta nella vicina via Maiella. Forse qualcuno lo aveva conosciuto di persona, di certo era sempre presente nell’omaggiare con una corona di fiori la targa, ora negletta.
L’8 marzo comprava un mazzo di mimose e andava a regalarle, insieme con un volantino, alle massaie che affollavano il mercato di piazza Sempione. Anni cinquanta e sessanta, le femministe erano ancora in fasce, ma l’Armeni sapeva bene, da sempre, per averla sentita sulla sua pelle, quale fosse la condizione delle donne. Ed era convinta che la via del riscatto passasse lungo il terreno dell’emancipazione collettiva. Una società di uguali, libera e giusta. Senza distinzioni di sesso, religione, colore della pelle. Come Babeuf, diceva che “il sole splende per tutti”.
Anzi, lei era l’incarnazione di quella superiorità muliebre di fronte alla quale i maschi dovrebbero inchinarsi. Non aveva paura di nulla e quando una squadraccia di picchiatori neri assaltò la sezione fu solo lei, mentre i coraggiosi compagni si erano dileguati, a trovare la forza, assieme ad un ragazzo della federazione giovanile, per chiudere il cancello. Fu ferita ad una mano con un colpo di spranga ma i delinquenti non riuscirono a compiere la vandalica incursione.
Abitava in una casa che odorava di gatto, di minestrone e di bucato. Ora il suo bonario e incoraggiante sorriso non illumina più il cammino del domani. Eppure, nella settimana che va dalla giornata della donna all’assemblea nazionale del Pd, sono le persone come lei che andrebbero ricordate per capire cosa è stata la Sinistra. Con la S maiuscola.
“Un decennio…E poi un altro…Non ho paura dei decenni: venti, trenta, settant’anni…siamo tutte più o meno bambine, a confronto con quelle che sono scomparse”, ha scritto la poetessa russa Svetlana Evsèeva.
La compagna Armeni l’aveva letta.
Viva le donne!
Marco Cianca