Qual è l’opinione all’interno della Cisl della vicenda che sta minando la tranquillità in casa Cgil e tenendo banco su tutti i quotidiani nazionali? Il Diario del Lavoro ha deciso di approfondire il punto di vista di alcuni dei principali esponenti della confederazione, sulla proposta di Maurizio Landini di formare una coalizione sociale con associazioni e società civili; proposta che ha portato il leader della Cgil a fare appello al consolidamento dell’unità sindacale tra le confederazioni.
Un primo dato degno di nota è l’omogeneità delle risposte date dai vari sindacalisti alle diverse domande poste. Rispetto al senso del gesto di Landini di lanciare la proposta di coalizione sociale, ad esempio, la risposta delineatasi è stata una sola: puramente politico. Il segretario generale della Cisl Lombardia, Osvaldo Domaneschi, l’ha definita “una scelta di carattere politico e di campo, in linea con il modo d’agire tipico della Fiom che, da tempo, si comporta come sindacato movimentista, alla continua ricerca di alleanze nel sociale”. “Il sindacato, comunque – ha precisato il sindacalista, con parole che fanno eco a quelle della stessa Camusso- agisce da sempre nel campo della politica, ma lo fa in maniera autonoma, difendendo cioè gli interessi non di tutta la società civile, ma solo di quella parte di cui si fa rappresentante, cioè i lavoratori”. Anche per il segretario generale della Cisl di Torino, Domenico Lo Bianco, Landini sta tentando di “proporsi come un nuovo soggetto politico, portatore di interessi diversi” e crede che “se in questa fase non è ancora un partito, ha tutta l’aria di diventarlo alla prima occasione possibile”. Parole severe anche dal segretario generale della Fistel, Vito Vitale, che definisce l’azione landiniana “pura ricerca di una visione mediatica”, dettata da un sentimento di “rivalsa” nei confronti delle sconfitte incassate nel corso degli anni all’interno del sindacato dei metalmeccanici. Per Vitale il modello proposto da Landini è quello delle piazze, quindi un modello non sindacale, perché slegato dalla contrattazione, ma soprattutto un modello diametralmente opposto a quello della Cisl: “le nostre sono politiche del fare, non del gridare”. Luigi Sbarra, segretario generale Cisl Calabria, ha infine definito “il grande errore e limite della proposta di Landini” come il “frutto della stagione politica di questi tempi, molto confusa, tutta autoreferenziale e fondata sull’autosufficienza del Governo”.
Zero ambiguità, quindi, sul fine politico di un’operazione che, secondo Domaneschi, mira a una vera e propria “mutazione genetica del sindacalismo confederale”. La Cisl, inoltre, ha le idee molto chiare sul come rinnovarsi per far fronte a quella crisi interna al sindacato che più nessuno nega ormai. “Il sindacato ha certamente bisogno di rivedere le proprie strategie e la propria mission – ha affermato Lo Bianco-, dal momento che, a un cambiamento rapido del mondo del lavoro, il sindacato non ha risposto con la stessa velocità e con la giusta efficacia, arrivando così a una frattura con il mondo delle partite Iva, dei precari, del lavoro parcellizzato, dei non tutelati, dei senza lavoro e soprattutto dei giovani”. Secondo il segretario, però, qualcosa ora è cambiato. “Ora c’è piena consapevolezza, all’interno del sindacato, di questo ritardo generatosi rispetto alle esigenze del mondo del lavoro contemporaneo”, ritardo che si sta tentando di “recuperare con proposte concrete e idee innovative, che portino ad aumentare i diritti e, soprattutto, a includere i tanti e complessi mondi del lavoro. Molto si può fare ancora sul piano della contrattazione, sia nazionale che territoriale”. Anche per Domaneschi la crisi della rappresentanza sociale va combattuta rinnovando il mestiere e gli strumenti propri del sindacato, continuando a portare avanti le proprie istanze, e a “esercitare quell’attività capillare, azienda per azienda, messa in pratica soprattutto dall’inizio della crisi ad oggi”. “D’altronde – ha precisato il sindacalista- se in questo paese è rimasto un minimo di coesione sociale, lo si deve alle battaglie che il sindacato ha combattuto in maniera autonoma. La cassa integrazione in deroga, i contratti di solidarietà e così via, sono tutti risultati tangibili di queste battaglie”. Secondo Vitale il rinnovamento deve essere giocato soprattutto sul piano degli schemi normativi, delineando un “piano sociale proprio, anziché adeguarsi a quello delle altre parti sociali”. E infine per Sbarra il sindacato deve “interpretare in maniera moderna i cambiamenti del paese, diventare soggetto di crescita e di sviluppo, operare una mediazione intelligente tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa. Diventare, insomma, una moderna architettura sociale sul servizio dei lavoratori e del bene comune”.
Unanimità di pensiero anche sui rischi di strumentalizzazione, peraltro già annunciati dalla stessa Camusso, da parte del governo, dell’intera vicenda. Per Vitali non si tratta soltanto di un vero e proprio assist al premier Renzi e al suo rifiuto di dialogo con le parti sociali, ma anche di un colpo basso alla rappresentanza: “Nascondendosi dietro l’appellativo di ‘forma associativa’, Landini vorrebbe generare una forma ibrida di rappresentanza, a metà fra politica e sindacato, ma che non è né l’una né l’altra cosa”. Anche per Domaneschi la vicenda, andando a tutto favore del premier e delle sue “insinuazioni sulla volontà del sindacato di voler far politica”, si ripercuoterà negativamente sul dialogo che un tempo reggeva la concertazione.
Ma se il rischio di strumentalizzazione rischia di fomentare le divisioni interne alla Cgil, il problema non sembra certo riguardare la Cisl, il cui slogan, come sottolineato dall’unanimità degli intervistati, è “sindacato al 100%”. Lo Bianco, ad esempio, non teme ripercussioni ad ampio spettro: “Questa vicenda tocca in primo luogo i rapporti di forza all’interno della confederazione di Corso Italia”, sfiorando appena gli altri sindacati. “Noi della Cisl andiamo avanti per la nostra strada, con le nostre proposte per cambiare il paese, continuando a fare il nostro mestiere”. Anche Sbarra evita di entrare nel merito di una vicenda che, dice, non compete il suo sindacato, il quale, ci tiene a ribadire, “ha sempre avuto una natura pluralistica e tende a rappresentare tutti i lavoratori a prescindere dalla loro collocazione politica e della loro scelta elettorale. Il nostro mandato viene esclusivamente dai posti di lavoro”.
Rispetto quindi all’appello di Camusso all’unità tra le confederazioni, la posizione degli esponenti della Cisl appare più che chiara: quella di Landini è una questione che la Cgil dovrà vedersi da sola. Le parole di Vito Vitale, in particolare, non lasciano spazio a dubbi: “Camusso non può cercare di consolidare l’unità sindacale solo quando è in difficoltà”.
Fabiana Palombo