Una cavalcata ironica, esagerata, grottesca, ma capace di scuoterci, nel mondo ormai travolgente dei precari. È il film “In bici senza sella”. Fa ridere fin dal titolo. Racconta di tanti giovani, magari laureati con 110 e lode, che bussano alle porte del mondo del lavoro e non riescono a varcarle. Hanno la bici, ma non possono pedalare perché non hanno la sella.
Sarà nelle sale dal 3 novembre e nasce da un’idea di Alessandro Giuggioli poi realizzata da sette registi: Giovanni Battista Origo, Sole Tonnini, Gianluca Mangiasciutti, Matteo Giancaspro, Cristian Iezzi, Chiara De Marchis e Francesco Dafano. Con giovani attori ben immedesimati nei loro ruoli (Riccardo De Filippis, Edoardo Pesce, Francesco Montanari, Alberto Di Stasio, Michele Bevilacqua, Luca Scapparone, Alessandro Giuggioli, Flavio Domenici, Stefano Ambrogi, Emanuela Mascherini, Alberto Gimignani, Ciro Scalera).
Quel che risulta è una carrellata nelle tante vite dei precari, tra geniali spunti surreali. Come nel primo episodio che racconta del ritrovamento di un calice del santo Gral che procura l’immortalità a chi lo usa. I due giovani che lo pescano mentre vanno a pulire le cantine, uno dei tanti lavoretti cari ai giovani d’oggi, ci pensano un po’ e poi rimangono inorriditi all’idea di dover continuare a battere, per sempre, per l’eternità, le strade umilianti del precariato.
Senza ferie pagate, senza assistenza sanitaria, senza pensione, senza un’identità che ti può dare un lavoro soddisfacente, frutto del tuo sapere. E allora alla fine accettano l’invito proprio di un anziano pensionato. Un vero e proprio scambio. Lui regala loro la propria pensione e loro gli regalano l’immortalità. Uno scambio crudele che insinua però il sospetto che gli anziani pensionati siano dei privilegiati rispetto ai giovani e non anche loro spesso afflitti da una condizione precaria.
Tanta allegria e tanta amarezza. Così nella sarabanda dei precari della notte. Qui per le strade dall’Eur Magliana, uno dei quartieri romani, si confrontano le varie bande che portano le insegne dei vari pezzi di precariato. Ecco i cassintegrati degli anni 70, la banda di lavoratori in nero e via elencando. Un impetuoso balletto notturno dove “si gioca al posto fisso”. Quel posto che in altri episodi mostra l’imprenditore modernissimo che teorizza di voler mettere insieme una grande famiglia, ma però fa firmare alla ragazzina le dimissioni in bianco in caso di matermaternità’ operazione che grida vendetta ma che a dire il vero è stata superata da recenti disposizioni di legge).
Sono le diverse facce di questo ormai grande pezzo del mondo del lavoro e del senza lavoro. Con quelli che si arrangiano nel cercare soluzioni. Un faro acceso nella vita contemporanea di una generazione. Il film non accenna al Jobs Act, quella che doveva essere la grande soluzione, ma è come se ne parlasse.
Bruno Ugolini