“Sinceramente quando sono diventata ministro non mi sarei aspettata questa serie di insulti e violenza contro di me, sarebbe stato impensabile per chiunque.
Una tale violenza va al di là della mia immaginazione”. Così Cécile Kyenge, ministro dell’Integrazione, intervistata da Radio Capital, torna a commentare gli insulti e le minacce ricevute da quando è in carica e aggiunge che però “in questo contesto è uscito un problema sommerso, la difficoltà di alcune persone di accettare il cambiamento. E’ una brutta violenza che esce ma questo ci mette di fronte a un problema da affrontare, il razzismo sommerso. Per ogni cambiamento la strada da fare è lunga… E’ un problema da affrontare senza contrapposizioni, reagire sì ma anche essere pronti ad accompagnare i cambiamenti”.
“Ho imparato nel corso degli anni a far fronte a qualsiasi tipo di violenza e la mia prima risposta è la non violenza. E’ un percorso personale che ho fatto lungo gli anni, quando sono stata messa di fronte a tantissime difficoltà. Da quando sono arrivata in Italia ho subito tanto razzismo ma con una risposta violenta non si arriva da nessuna parte. La miglior risposta è la non contrapposizione e il mostrare un modello di comportamento positivo. L’unica volta che ho denunciato qualcuno è stato perché mi aveva messo le mani addosso, ma non ho fatto in tempo a ottenere giustizia perché la persona denunciata nel frattempo è morta”, sottolinea il ministro.
Commentando le parole del sindaco di Lampedusa Nicolini che sempre a Radio Capital aveva affermato che i casi di delinquenza degli immigrati, compreso il caso Kabobo, erano una conseguenza delle politiche di chiusura e del fatto che i migranti in Italia vengono trattati come animali, il ministro premette che “un crimine è sempre un crimine e va condannato ma si deve anche capire il disagio da dove proviene, capire le cause perché questo poi permette di fare buone leggi che mettano l’individuo al centro. Prima di diventare ministro stavo scrivendo un dossier dal titolo “razzismo istituzionale” con l’obiettivo di capire le origini del disagio, come le persone vivono, le loro difficoltà che possono portare fino a un certo punto. Ci sono persone fragili, c’è chi ce la fa, chi no”.
“Se gli immigrati vengono trattati come animali dipende dalle condizioni, dal luogo. E non penso solo ai migranti, ma anche agli italiani, alle nuove povertà che nascono. I deboli in questo paese vengono trattati male. La maggior parte delle persone non vengono considerate come tali. E’ un concetto che deve cambiare perché la nostra Costituzione dice che si devono rimuovere gli ostacoli per i più deboli”, aggiunge.