Una procedura assurda, dovuta alla burocrazia, impedisce di accedere al provvedimento nato ben 15 mesi fa proprio per accelerare la pensione.
Spesso si afferma che uno dei mali del bel paese è la “burocrazia” che con lacci e lacciuoli avvinghia il Gulliver volenteroso della politica. In realtà non è del tutto vero, anche perché alla fine è la politica che potrebbe o dovrebbe decidere della burocrazia. “Burocrazia” è un termine che associamo agli apparati pubblici amministrativi, ma a ben vedere non si tratta di questo o solo di questo: abbiamo nelle nostre pubbliche amministrazioni anche dei livelli di funzionamento di eccellenza, grazie alla validità professionali di molti dipendenti pubblici, che non sono né pochi né ininfluenti. La rete invisibile agli umani che imbraga la società è fatta anche di corpi intermedi utilissimi, ma spesso segnati da “corporativismi” comportamentali molto più negativi di quelli che esprimono i loro associati, di tecnostrutture tanto attrezzate tecnicamente e informaticamente quanto spesso (non sempre fortunatamente) “autistiche” nel rapporto con la realtà, di interessi particolari spesso anche personali e protagonismi che a volte travalicano anche ruoli istituzionali.
La vicenda dell’Ape volontario sembra una sorta di manuale del caso. Il Governo propone e il Parlamento legifera su una novità (anche internazionale) che tenta di dare flessibilità di uscita dal mercato del lavoro prima dell’età di pensionamento, offendo la possibilità di un reddito ponte che attinge dal risparmio privato, e non carica costi significativi sul bilancio pubblico e quindi sulle nuove generazioni, in cambio di un “prezzo” limitato e dimezzato da un intervento fiscale. E’ un’opportunità che ognuno può liberamente e consapevolmente decidere di cogliere o meno, valutandone costi e benefici. Il meccanismo è meglio noto come Ape volontario, e coinvolge nella sua attuazione il sistema bancario e assicurativo (che ha dimostrato sensibilità e interesse notevole visto un ritorno finanziario abbastanza modesto rispetto ad equivalenti investimenti). Insieme al sistema bancario è coinvolto l’Inps, come grande infrastruttura pubblica che intermedia e garantisce l’operazione. Ma a queste premesse segue un’attuazione che ha del kafkiano.
Si chiede venia al lettore paziente ma è d’obbligo rappresentare passaggi forse noiosi ma purtroppo veri.
Ad oggi, a 15 mesi dall’emanazione della legge e a 8 mesi dalla firma del Dpcm, ancora non è possibile fare domanda di Ape volontario; anche chi ha già ricevuto la certificazione positiva dall’Inps ancora non può farlo, perché non c’è ancora la procedura informatica Inps per fare le domande, che possono essere fatte sono on line.
Peraltro ad oggi sembrano non ancora perfezionate le adesioni delle singole banche, alla convenzione Abi, adesione essenziale per l’erogazione dell’Ape.
Ma l’iter molto lungo non è servito ad evitare problemi ed errori.
La certificazione inviata dall’Inps è molto poco comprensibile, non ci sono molte delle informazioni utili, in particolare manca l’indicazione del livello della pensione netta prevista calcolata dall’Inps, elemento centrale per valutare la convenienza dell’operazione. Infatti il simulatore Inps messo on line per effettuare i calcoli di convenienza richiede che l’utente introduca il livello della pensione, ma questa informazione non è in possesso dell’utente perché non è fornita dall’Inps e non è contenuta nella certificazione che l’Inps invia.
Inoltre è sostanzialmente a rischio la possibilità esplicitamente prevista dal Dpcm di avere gli arretrati dal maggio 2017 per chi avesse fatto l’età di 63 anni e gli altri requisiti a quella data, che però vanno richiesti con la domanda di Ape entro il 18 Aprile . Quindi ne saranno esclusi sia coloro che riceveranno la certificazione Inps dopo il 18 Aprile (pur avendola già richiesta) , sia coloro che sono già in possesso della certificazione, ma che non possono, anche volendo, fare richiesta di Ape perché non c’è ancora la procedura informatica per la domanda sul sito Inps
Ricostruire le date della vicenda è indicativo. Anche se il Dpcm è stato firmato dal Presidente Gentiloni il 4 settembre 2017 gli accordi quadro con Abi ed Ania vengono firmati 4 mesi dopo, il 24 gennaio , ma divengono operativi solo più di 5 mesi dopo il Dpcm poiché non era perfezionata la convenzione per la gestione da parte Inps del fondo di garanzia. La circolare dell’Inps che disciplina il funzionamento arriva il 13 febbraio 2018 , 5 mesi dopo il Dpcm. Il simulatore dell’Inps, previsto per legge, è in linea dal 13 febbraio ma è stato affetto da diversi errori , corretti solo un mese dopo , che portavano ad una sovrastima della rata , e quindi del costo dell’Ape. Tra il 13 febbraio ed oggi arrivano all’Inps circa 20 mila domande di certificazione alle quali Inps comincia a rispondere inviando le certificazioni a fine marzo.
C’è da chiedersi se tale vicenda possa essere considerata un’ inaccettabile “normale “ bizzarria delle burocrazia e delle tecnostrutture, oppure non nasconda anche un retropensiero di ostilità alle novità, ancorchè siano previste da leggi dello stato . E come purtroppo spesso accade le conseguenze negative si ritorcono in un diritto sancito per legge ma negato nei fatti, con il rammarico di chi aveva sperato in quelle innovazioni e anche di chi le aveva promosse. Un ottimo sceneggiatore italiano, Marco Risi, ebbe ad affermare “Viene un po’ a noia la burocrazia di questo paese che in molti hanno cercato di abbattere e nessuno ci è mai riuscito. E’ tutto molto precario, si parla di cose piccole, ma sono le cose piccole che fanno la disperazione grande.”
Stefano Patriarca